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buhr (come già si ripose dal Vico) tra quelle favole che sotto il velame di strane persone e di fatti impossibili simboleggiano un antico ordine di cose.

Principi intorno alla natura, e origine della primitiva · storia. Tre sono a mente del Niebuhr le età delle nazioni, e le ragioni dell'istoria. È l' una tutto poetica, irrazionale, una pretta mitologia. L'altra mitico-istorica, una storia poetica ossia fondata su vere tradizioni. La terza finalmente tutta storica, e ne presenta la realtà della vita. Alla pretta mitologia riferisce Ercole, Romolo, e Sifredo ; all' istoria poetica Aristomene, Bruto, ed il Cid. Con Tullo Ostilio incomincia pel Niebuhr l'età poetico-istorica di Roma, e finisce al comparire degli storici contemporanei.

Quando incominciossi a scrivere la Romana storia tre furono i punti a cui attingere le antiche memorie, a. Í monumenti e documenti autentici. 2. Gli annali pubblici e privati. 3. I canti, o vogliam dire le tradizioni, e leggende poetiche. Dei primi non si fece uso non só se per trascuraggine, o perchè erano varii. Non più di tre sono infatti gli originali documenti dall' istoria riposti nel tempo dei re il trattato di Servio Tullio coi Latini scolpito sur una colonna, quello di Tarquinio Superbo coi Gabi seritto a caratteri dipinti, é un altro coi Sabini. Dalla cacciata dei re oltre le dodici tavole, ed altre leggi è patti, esistevano i trattati con Cartagine, coi Latini, e cogli Ar deati. In quanto agli annali i primitivi detti massimi an darono perduti, o per dir meglio non erano genuini ma restaurati dai pontefici; quindi tutta falsa è rifabbricata la storia in quelli racchiusa. Adunque resta a vedersi quanto della primitiva Romana Istoria potè dagli scrittori ricavarsi dalle poetiche tradizioni e leggende. Il nostro Vico e l' Olandese Perizonio aveano già detto che si trasmettevano

per canti le antiche tradizioni. Dei quali canti popolari sono avvisati dal Niebuhr: 1. le Nenie: 2. le Epopee poemi partiti in canti e lezioni: come: poema 1. la Storia di Romolo: 2. la Storia di Tullo Ostilio e degli Orazi : 3. la Storia dei Tarquinj cominciando dal Prisco e terminando colla battaglia di Regillo: III. Canzoni; in che probabilmente venne divisa la Storia di Numa.

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La dimostrazione della non veracità della primitiva Storia Romana a noi tramandata era una introduzione necessaria, onde procacciar fede alla nuova Romana Storia del nostro autore; il quale abbraccia l'opinione di Catone che Roma si fondasse nell' anno I. dell' Olimpiade 7; e che il primo anno dei Consoli fosse l'anno I. dell' Olimpiade 68.

Veniamo ora a ragionare di Roma. Era credenza degli stessi Romani non fosse Roma voce latina. Essa ha come

Pyrgi forma greca, o pelasga, ed il Niebuhr la crede appunto una città degli antichi Siculi, ossia Tirreni Pelasghi, i quali vinti dagli Aborigeni o Casci, fecero un sol popolo coi vincitori, ma i vinti, meno alcune case, vissero in più bassa condizione. Roma stette da principio in cima del Palatino. Fatta più grande recinse ancora i sobborghi.

Ma dirimpetto a Roma sorgea sul colle Agonale una città chiamata Quiricum ed era dei Sabini. Benchè si toccasser l'un l'altra, tennersi città distintissime e separate da mura. È tradizione che ognuna delle due città avesse un re e un Senato di cento uomini che incontravansi nel Comizio. E'l ratto delle Sabine sembra simboleggiare quel tempo quando fra le due città non erano ancora comunicati i connubi. Venute a termini d'uguaglianza fabbricarono il doppio Giano, e serviva ad uso di doppia porta Niebuhr T. II.

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una per città. E l'unione addiventò più stretta quando i Toscani o quei d'Alba minacciarono conquista. E quando prevalse il sentimento d' essere un sol popolo, ebbero un sol Senato, una sola popolare assemblea un solo re che a vicenda un popolo si dovea sceglier nell' altro. Da indi in poi le due nazioni intitolaronsi popolo romano e Quiriti, Altri però più che all' unione riferirebbe il nome di Quirino alla vittoria del finto Romolo sui Quiriti.

Avvenuta l'unione delle due città tutto il popolo venne diviso nelle tre tribù o razze primitive dei Ramnes, Tities, Luceres, ossia dei Romani Sabini, e Siculi, o Tirreni Pelasghi.

Queste tre primitive tribù partironsi in trenta curie ; onde la romana città componevasi di tre tribù, trenta curie e 300 case. Ognuna delle case cognominavasi o del nome d'una delle più illustri famiglie in se racchiuse, ovvero da quella d' un eroe. Le famiglie e i particolari indivídui della stessa casata ebbero in origine certi comuni doveri e diritti; l'obbligo di scambievolmente assistersi che correva ancora ai clienti.

Dei clienti. La loro origine è cosa di molto incerta ed oscura. Pare che fossero stranieri d' alleate città, ai quali, se voleano vivere in Roma, correva l'obbligo di scegliervisi un patrono. Non è impossibile che parecchi di costoro fossero o delinquenti o debitori; indi la storia dell'asilo di Romolo. La clientela l'ereditava. Quei clienti che non avean arte nè parte onde campare la vita ricevevano dai loro patroni tanta terra da fabbricarsi una casa, e due jugeri di terreno da lavorare a precario. Erano i patroni obbligati a proteggerli, i clienti all' obbedienza, ajutarli a pagar le gravezze. Al cliente defunto senz' eredi succedeva il patrono. Sembra che il patrono avesse gius di pë

nire il cliente, essi non potcano vicendevolmente accusarsi ne farsi testimonianza contro. Tale era in Roma la divisione in case ed in patroni e clienti. In progresso il nome di celeri che valse cavalieri fu corso in uso invece di patroni o patrizi.

I Comizi Curiati. Il Senato. In questi primi tempi due furono le adunanze pei pubblici affari; popolare e general luna, i Comizi Curiati; più scelta e particolar l'altra, il Senato. Curiati dalle 30 curie in cui erano suddivise le tre tribù. I soli patrizi aveano gius di suffragio in questa popolar assemblea che tenevasi per genti e casate, non così i clienti e nemmen le famiglie plebee. Il Senato poi componevasi dei capi di ciascheduna delle tribù o curie dei veri cittadini. Ogni casa mandava il suo capo. o decurione a rappresentarla in Senato. Onde 3 tribù, trenta curie, 300 le case dei cittadini, 300 i Senatori. Prima raccoglievansi i voti dei Senatori delle maggiori case dei Romani e Sabini, poi delle minori dei Luceri. Se lo stato non avea re dieci Senatori presiedevano nell'interregno; deceinvirato in cui le insegne reali godevansi da ciascuno per cinque giorni, e se nel termine di cinque di il re non era stato eletto si ricominciava da саро. Deliberava il Senato intorno la persona da proporsi re che solo avean l'arbitrio d'accettare o rifiutare. Accettato lo si inaugurava; e poi il medesimo re portava al popolo (alle curie) la legge perchè gli conferisse l'imperio; e se il popolo glielo negava doveva depor la dignità.

I Re. Era il re generale in guerra. Offriva come prete i sacrifizi per la nazione. Radunava il Senato e il popolo. Aveva imperio onde punire anche i patrizi, ma con appello al popolo. Disponeva del bottino e delle terre conquistate in quanto non pregiudicava al diritto che i citta

dini aveano di usufruirne. Un' altra parte del territorio vinto diventava patrimonio della corona, e coltivavasi da regi vassalli. Questo fu il civil reggimento in Roma ordinato da Romolo insino a Tullio.

Diremo qual fosse quello della milizia. Le tre romane tribù erano centurie di case, e per centurie si faceva la divisione dell'esercito. Tre dunque erano le centurie dei celeri, o cavalieri capitanate nei loro Tribuni (magistrati, e preti in città), ed assistiti in campo, prima o dai Luceri, e dai clienti, e dopo dai plebei, quando in tal condizione vennero ricevuti nello stato gli antichi abitatori delle disfatte città: origine che furono del comune, ossia delle tribù plebee.

Solevano i Romani parte delle città vinte ridurre a colonie, parte disfarne e delle disfatte conducevano a Roma gli abitatori, dando loro la romana libertà e franchigie, eccetto il suffragio nei pubblici negozi e la comunione dei connubj. Portava l'antico gius che ogni città presa di viva forza, o per discrezione vedesse le proprie terre in dominio del vincitore; e divideansi in tre parti, una davasi ad usufruire al popolo dei vincitori, cioè ai patrizi e loro vassalli; l'altra alla corona; la terza distribuivasi in libera proprietà ereditaria ai vinti nella] nuova lor qualità di Romani. A misura che cresceva la moltitudine crebbe il nerbo della milizia, onde l'unica via per l'ingrandimento di Roma, fu nel farsi, che un numeroso popolo romano si traesse fuori da ogni altro popolo italico. Di qui il bisogno di difendere la plebe dalla prepotente oligarchia dei patrizi.

A Tarquinio Prisco si attribuisce il primo atto propizio alla plebe. E fu il raddoppiamento delle tre centurie \ dei cavalieri, o celéri. E quando per la caducità naturale

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