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nazione. Sin dall' infanzia, e prima d'ogni altra istru zione, Atto avea praticato quest' arte a cui s'era alzato in progresso ai più eminenti gradi a cui possa aspirare la penetrazione d'un sacerdote (105). Bene è probabile che nei libri che noi abbiamo per le mani, la sua opposizione appaja in un modo meno aperto che nell'antica tradizione; Atto avrà senza dubbio dichiarato che gli auspicj interdicevano ogni qualunque mutazione. Sia per umiliare gli Auguri, sia per convincer se stesso, Tarquinio gl' impose di esaminare se ciò che egli avea in pensiero era o no d' un'esecuzione possibile. Atto avendo guardato il cielo, e risposto che il pensiero del re poteva essere adempito quest' ultimo gli pose in mano una pietra ed un rasojo e gli ordinò di fendere la pietra, ciò che l' Augure fece in sull' istante. La pietra ed il rasojo furono posti sotto un puteale nel comizio e la statua d'Atto, gli fu adagiata vicino sui gradini della curia, rappresentando un sacerdote colla testa velata.

Docile a questo indizio, il re depose il pensiero di. creare delle nuove centurie; se non che ne aggiunse una seconda del medesimo nome ad ognuna di quelle di Romolo, onde ne vennero dei secondi Tiziani, e secondi Luceri. Quelli che scrissero che Tarquinio recò l'ordine dei cavalieri a mille e duecento uomini, sommano cento cavalieri per ogni centuria e congetturano che'l re li raddoppiasse la seconda volta dopo la guerra contro gli Equi (106); ma ciò non è che l'aggiunta di un pari numero di cavalieri latini come avea praticato per l'infanteria.

Ma ciò che fa veramente dono a Tarquinio di una vita eterna, si è che la grandezza e lo splendore di Roma cominciano dal suo regno. E quantunque la tradizione quando si tratta d'un commento o d'un fatto ondeggi in

certa fra suo figlio e lui quasi tutti li testimonj cospirano per attribuire all' anticò re le Cloache per cui si prosciugò il velabro le piazze pubbliche, la regione che si distende sino alla più bassa Subura, e la valle del circo e che non erano mai state finora altro che paduli e lagune del fiume; la costruzione delle dighe è pure annessa a quest' opera. Tarquinio disegnò sull' area che andò guadagnando un luogo che giace fra l'antica Roma ed il monte Tarpejo, per tenervi le assemblee dei comuni; l' attorniò di portici e fece dono d' uno spazio di terreno a tutti quelli che volevano costruirvi delle botteghe, liberi di quelle aeque i prati fra il monte Palatino e l'Avventino furono appianati e conversi in Arena per le corse; e tutt' intorno al recinto furono accomodati dei posti a ciascuna curia, onde senatori e cavalieri vi potessero alzare dei gradini per assistere ai giuochi (107). e senza dubbio avranno accomodato in quei seggi anche i loro clienti. Tarquinio circondò la città di un muro di pietre tagliate, alla maniera degli Etruschi, o per lo meno ne apparecchio la costruzione (108). In quanto all' erezione del tempio del Campidoglio le antiche narrazioni ne fanno merito della fondazione all' ultimo re acconsentendone al padre solamente il desiderio. Chiunque vuol rinvenire della storia, e della coerenza nella tradizione o nel poema, deve adoperare così, altrimenti la costruzione del tempio sarebbe rimasta inoperosa per molti anni sotto il regno di Servio.

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Queste opere grandi al pari delle grandissime di Etruria non potevano essere condotte senza il soccorso di forzati servizi degli uomini del contado come fecero i Faraoni ◆ Salomone. Il re mitigò le fatiche del popolo con dei giuochi che dopo il suo regno. furono celebrati tutti gli anni sotto il nome di giuochi romani o grandi giuochi. Fra

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tutti quelli per cui convenivano i Greci in Olimpia non si conoscevano presso gli Etruschi che la corsa dei carri e pugilato. I popoli italici presero piacere a questi spettacoli, ma la lotta era lasciata agli schiavi ed a uomini mercenarj; ed invece d'esser nobilitato da statue e da canzoni, invece di divenire l'orgoglio de' suoi, l'uomo libero che vi si dedicava era diseredato d' ogni onore e di ogni diritto. L'attore ed il lottatore non erano tenuti in maggior pregio del gladiatore. Non già che i Romani si fossero affezionati agli spettacoli di ogni genere con minor impeto di passione de' Greci; ma se, come loro avessero potuto onorare l'oggetto d' una passione giammai non sarebbero incorsi negli eccessi a cui li trasse d' un tratto il furore con cui delle fazioni si dichiaravano per degli spre gevoli favoriti. Però i piaceri del circo non si stringevano a questa sorte di giuochi, poichè vi si recavano in pompa le immagini degli Dei vestite delle insegne regie, e vi si vedeano stuoli di giovanetti armati di tutto punto, i quali conducevano delle danze militari ed altre allegrie di questo genere. Il culto degli Dei così semplice sino allora si circondò di splendore sotto Tarquinio, ed incominciano da lui i sacrifici sanguinosi e l'uso di adorare gli Dei in immagini di forma umana.

La memoria del re fu onorata dai discendenti di quelli ch' ei fece gemere sotto una grave oppressione. Però non sarebbero sorti nè il foro nè il circo se le cloache non fossero state costruite già prima. Si affezionarono ancor d'avvantaggio alla memoria d' una donna, che un'altra tradizione gli dà invece dell' Etrusca Tanaquilla Maga benefatrice (109), operosa, casalinga, esperta nel tessere la tela (110), ella era onorata dalle giovani fidanzate di

Roma. Cosi i tempi in cui filava la regina Berta sono an cera benedetti in tutte le memorie.

Per le tavole dei pontefici appare che Tarquinio avesse regnato trent'anni quando la sua gloriosa vita fu terminata da un assassino. Da lungo tempo i Marci figli d' Anco non ravvisavano in lui che un usurpatore, attendendo che la morte ne vuotasse il trono a loro profitto. L'età più che ottogenaria del re, non li tranquillava punto, perchè. non era dubbio che s' egli prevedeva il suo fine, avrebbe. apparecchiato il trono a Servio Tullio suo genero a lui caro e caro a tutto il popolo. Allora i re erano anche giudici, e soprattutto faceano l'ufficio di conciliatori verso chiunque si fosse indirizzato alla loro paterna autorità. Fu sotto questo colore che due assassini appostati dai Marci poterono entrare nelle sue intime stanze e ferirlo a morte.

Servio Tullio fu di nazione così umile quanto miracolosa. Ocrisia schiava ch' era toccata in sorte alla regina dalla preda di Cornicolo, recava al genio domestico un sacrificio di ciambelle, quando vide sul focolare un segno manifesto del Dio. Tanaquilla volle che si ornasse da novella sposa, e che si chiudesse nella cappella dove fu fatta, madre. Alcuni Romani danno per padre a Servio il genio, domestico, ed altri mantengono che fosse Vulcano. I primi, fortificano la loro opinione colla festa dei Lari instituita da Servio; i secondi ricordano come il Dio del fuoco ne preservasse la statua (111),

Simili tradizioni sono sempre più antiche di quelle che hanno sembianza di storia. E ve ne aveano due assai diverse sul conto di Servio. L'una recava che sua madre fosse una schiava di Tarquinia, e suo padre un cliente. del re pure di servi natali (112) Dionigi aderi all' altra che poggia più alto e che divulgava che vi fosse a Corni

colo, città latina al nord dell' Anio un uomo assai riputato, chiamato pur Servio Tullio, che fu ucciso nella presa della città con tutti quelli ch'erano capaci di portar l'armi, e la vedova di lui incinta da molti mesi fu condotta a Roma con gli altri prigionieri. Per un rispetto del sovrano ella fu conceduta alla regina e trattata con molta riverenza quando divenne madre.

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Un giorno che il suo bambino dormiva sotto i portici del palazzo dei re si vide con meraviglia tutta la sua testa circondata di fuoco (113). La regina Tanaquilla vietò di spegnere la fiamma perchè l' indovina Etrusca vi scopriva per entro lo spirito paterno di Servio e gli alti destini del fanciullo. Il fenomeno disparve allo svegliarsi. D'allora in poi fu educato come un regio infante nelle più grandi speranze. Nel corso di sua vita non perdette giammai la sua famigliarità colle potenze supreme. La Dea della fortuna lo amava, e raccolse sopra di lui tutte le vicissitudini del suo impero natali servili, scettro supremo con ispiriti degni di maneggiarlo, e per ultimo morte crudele e non meritata. La Dea visitava segretamente Servio in qualità di sposa ma sotto la condizione che si velasse la testa e non la vedesse giammai. V'era nel tempio ch' egli alzò alla sua Dea una statua molto antica in legno dorato, che rappresentava questo re col capo sempre così velato. Questo tempio fu dappoi preda alle fiamme ma la statua rimase intatta perchè Servio era nato dal fuoco. La città e l'armata vedevano in questo giovane il più valoroso e il miglior de' suoi coetanei. In una battaglia disperata lanciò l' insegna in mezzo degli inimici concitando i soldati a ritogliersi la vittoria. Servio comandò gloriosamente le armate del detto re, dal quale per premio fu eletto a genero. Essendogli stato affidato il governo dal Niebuhr T. II.

4.

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