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per sosténtamento a'ministri della casa, panattieri, sarti, muratori (1).'

Chiamavasi milizia o feudo di lorica, di guerra o di piene armi quel d'uomo obbligato a servire a cavallo armato di tutto punto; arcoragio il feudo d'arciero; sergentaria quel di sergente; castrense quel che imponeva la difesa di un castello. Di questa specie erano i feudi giurabili e rendibili. Giurava il vassallo rendere la fortezza al suo signore, vi venisse con molta gente o poca, irato o giocondo (2). Le occasioni di renderla erano casi di guerra, uopo d'introdur guárdie o prigioni, bene comune del paese, necessità pel signore di rifuggirvi e afforzarvisi:-Rendevasi ancora ad ogni rinnovamento d'investitura. In questo caso il vassallo, chieste prima sufficienti malleverie, introduceva il signore nel castello, e colla moglie e colla prole si ritirava tra il primo e il secondo recinto. Il signore entrava da padrone, sventolava dalle mura le sue bandiere e rendeva giustizia: quindi, ricevuto l'omaggio del vassallo, ne usciva di nuovo. Negando questi di farne la consegna, perdeva il possesso del castello negando il signore di dar le malleverie, perdeva il diritto di reddizione (5).

Mille altri nomi di feudi, oltre questi, aveva inventato l'imperizia e confusione de' tempi; oggetto un di di calde dispute e sottili investigazioni: ora ad altra cosa non servono se non se a significare, che il fatto 3

(1) Tractat. de feudis (ap. Murat. Antiq. M. ævi, sert. XI).

dis

(2) Ad magnam vim et parvam, atque irato et pacato, (3) Ducange, diss. XXX ad Joinville. Murat. Antiq. M. ævi, diss. XXXVI. p. 227.

era stato converso in legge, epperò questa cambiava per luoghi e tempi.

Le condizioni poi del servigio, non altramente dei nomi, varie e confuse. In difetto di patti particolari, si intendeva che il signore fornisse al vassallo le spese della spedizione (1). Talora univasi al beneficio l'obbligo di guardare, incastellare, lavorare e chiudere una terra, un castello, una torre: ma in caso di guerra il signore ne disponesse a sua voglia, e il vassallo lo sovvenisse a ricuperarla, se perduta (2). Talora le spese eran tutte del vassallo, talora solo in certi siti e casi. Qui il signore gli emendava anche i guasti nelle armature e ne' cavalli; colà ogni danno era tutto a suo carico (3). Cresceano le obbligazioni secondo l'ampiezza del feudo, le voglie e la potenza del sovrano, e le facoltà del vassallo: altri non serviva fuori del suo territorio, altri non più di tre giorni od anche un solo. Quegli non si muovea che per difendere il signore assaltato in grossa guerra; questi doveva accompagnarlo in ogni contesa, in ogni giorno e luogo.

Serviran d'esempio i patti imposti da papa Innocenzo in a Salinguerra da Ferrara sul principiare del XI secolo. Pagasse annuo censo di 40 marche d'argento; servisse a proprio spendio con cento militi in Romagna e Lombardia; nella Toscana, nella Marca e in quel di Spoleto con 50 soli; oltre Roma, fin nella Sicilia, con 20 appena. Durasse il servigió 30 giorni

(1) Feudor. II. 107.

(2) Docum, ap. Murat. (Antiq. M. ævi, diss. XXVI. p. 497. 513). Chron, Farfens. p. 675-(R. I. S. t. II p. II).

(3) Tiraboschi, Mem. di Modena, doc. 351.

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ogni anno, non tenuta ragione dell'andata e del ritorno. Ricevesse e trattasse orrevolmente i nunzii e legati, ma a spese del papa (1).

IV.

Fra tanti nomi e distinzioni, degne di special nota furono le avvocazie. Già fin dall'anno 825 Lotario 1 imperatore aveva conceduto alle chiese due avvocati, che le rappresentassero ne' tribunali, ne' duelli e nel militare servigio (2). Sa ognuno come sotto la dominazione della casa di Sassonia (an. 961-1004), salve pochissime eccezioni, ogni città dell'alta Italia andasse soggetta al proprio vescovo. Or questi sceglieva l'avvocato tra' nobili del contado; e quel servigio, come ogni altro, infeudavasi. Gran desiderio se ne aveva, sia per acquistar merito appo Iddio e immunità dalle pubbliche gravezze, sia per l'utile delle cibarie, delle multe o banni che sen ritraevano nel presiedere ai placiti, sia finalmente per la possessione delle terre e castella costituite in feudo.

Questi vantaggi erano proprii della carica. Altri quanto più importanti, meno onesti, si raccoglievano a mano a mano. Chè ad ogni nuovo pericolo della Chiesa, ad ogni un po' torbida calata d'imperatore, ad ogni assalto improvviso di potente vicino, vedevi montare in proporzione le pretensioni dell'avvocato, e nuove terre e castella e privilegi domandare e asseguire. Non per altre vie, che per queste, le avvocazie da personali e temporanee diventarono perpetue ed ereditarie. Ereditarie che furono, l'avvocato le subinfeudò, crean

(1) Savioli, Ann. Bologn., doc. 431. 444. (2) Loth. leg. int. langob. c. 10. 18.

do tanti sotto-avvocati, a sè particolarmente ligi e divoti, quant'erano le grosse possessioni, che di suo capo smembrava dal dominio della Chiesa. Nè era raro il caso che usurpasse le terre avute in governo o si rendesse avvocato di più chiese, e colle forze di ciascuna le spogliasse tutte (1). Nè al male appariva luce di rimedio; essendo appunto guidatore e gonfaloniere e amministratore delle forze della Chiesa quel vassallo stesso, che le muoveva guerra tanto più micidiale quanto più nelle viscere.

Con tali arti si innalzò la potenza di quegli Ezelini e Pelavicini, che sovvertirono in Lombardia la li bertà. In Vercelli, in Novara, in Vicenza l'ufficio dell'avvocato fatto ereditario diè nomi a casati, che durano tuttavia.

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V.

Ora per farsi un'idea di questa feudalità in azione, conviene immaginarsi tutti que'suoi elementi, re, véscovi, conti, vassi, vassalli, valvassori, capitani, visconti, abbati, badesse, militi, castellani; avvocati, confusi insieme e gettati alla mescolata sulle provincie d'Italia, urtarsi, respingersi, allearsi, ricercarsi, combattersi; e sotto mille forme ricomparir sempre la stessa obbedienza congiunta a sovrano comando; la stessa fedeltà giurata insiem col dritto di rubellione e guerra al maggiore ; il giudizio de' pari senza autorità coercitiva; la riverenza all'impero senza proporzionato obbedire. Già nella città sobbolle quel popolo, poco fa ignoto e privo di diritti, che la deve disogMurat., Antiq. M.

di

(1) Ducange, Gloss. voc. Advocatus. avi, diss. LXIII. p. 292.

gettare dal vescovo e stabilirla in Comune. E i rudimenti della nuova civiltà del mondo, senzachè niun lo preveda, vi si preparano. Già la potestà vescovile pervenuta a signoria temporale è soggetto di lite tra il papa e l'impero. Due vescovi messi l'un da questo l'altro da quello vi si contrastano coll'armi e coll'opinione una unica sede. Ciascuno ingrossa il suo partito col mezzo delle concessioni; ciascuno combatte con forze, che dovrebbero star unite in una mano sola onde per doppia ferita si debilita l'autorità episcopale; e mentre sulle rovine de' due partiti ripiglian cuore i vassalli già-umiliati e sottomessi, il popolo, spettatore intento della lite, viene ad accórgersi a poco a poco della propria maggioranza e si fa strada alla indipendenza.

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Più guerresco subbuglio agitavasi frattanto nel contado. Il diritto di vendetta, tollerato da' Longobardi, proibito da' Carolingi, era incentivo a troppo fatali conseguenze, allora che la voce d'un imperatore suonava solo di quando in quando per qualche settimana ne' campi di Roncaglia. Siccome poi ciascun signore possedeva armi e castella, quel dritto, in origine privato, si convertiva in pubblica guerra. D'altra parte il desiderio di crescere, comune a tutti gli uomini e che nelle civili società ha tante vie per isfogarsi, allora, tra quella popolazione di principi, una sola strada aveva, ed era la conquista o l'usurpo. Ad aprir questa strada occorrean armi e guerra, a tenerla chiusa occorrean guerra ed armi: nè in mezzo a tanti piccoli Stati le occasioni di lite eran rare o lontane. Anzi, nel dubbio d'essere assaliti, si assaliva, e la guerra manteneva la guerra; chè toglie vansi i

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