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quelli appunto che parvero alla poetessa racchiudere un simbolo morale o prestarsi meglio all' insegnamento. Una tal forma, rapida e sobria di stile, sull'esempio di Proba e di Eudossia, fu imitata poi sempre nel medio evo, quando il centone divenne mezzo comune d'esercizio retorico e di pratica declamatoria. Sicchè, se prima d'Eudosŝia non mancarono nella letteratura greca precedente centoni omerici di soggetto profano, non può tuttavia dubitarsi che i centoni cristiani di versi omerici fossero composti dopo l'insigne prova del centone vergiliano fatta da Proba, di cui l'imperatrice bizantina fu fedele seguace.

PIETRO TOESCA

Lo scultore del monumento di Francesco Spinola

D

A Gaeta, ove avanzi colossali dell'antichità romana torreggiano sul promontorio e vestigia di muri reticolati appariscono fra le sabbie dell'azzurro golfo intorno al quale biancheggia Formia e Minturno, venne a Genova una delle poche sculture antiche che la città oggi possieda.

Sulla fronte di un sarcofago marmoreo è intagliato un tripudio bacchico: verso un simulacro cui le ninfe offrono sacrifici accorre un fauno trascinando per le corna il capro riluttante; Sileno ebbro viene sull'asino sostenendosi ad un giovane compagno; si agitano baccanti e satiri; un sereno centauro suona alta la cetra accompagnando il carro di Dioniso tratto da leoni.

Il bel marmo (1) fu omaggio dei cittadini di Gaeta al capitano genovese Francesco Spinola, che nel 1434 era stato mandato in loro soccorso con trecento fanti sopra una nave ed una galeazza, e aveva difeso ostinatamente la città da Alfonso il Magnanimo, sinchè questi non cadde prigioniero della flotta di Genova.

(1) Per la sua fattura sommaria ed il soverchio uso del trapano parmi ch'esso possa essere attribuito al -ш sec. d. C.

Pochi anni dopo, quando lo Spinola venne a morte (1442), l'ornamento più bello della sua sepoltura nella chiesa di San Domenico fu il bassorilievo antico, ricordo della gloriosa impresa di Gaeta: ma al disopra di esso venne anche effigiato in persona, armato ed a cavallo, il valoroso duce. Distrutta la chiesa, andò disperso il mausoleo; il bassorilievo è ora conservato nel Museo Civico del Palazzo Bianco, la parte superiore del sepolcro è nel cortile del palazzo Spinola in piazza Pellicceria (1).

Due angioli aprono l'ombracolo di un padiglione: appare il nobile capitano, ritto in arcioni sul suo destriero, stringendo il bastone del comando, guardando sicuro dinanzi a sè (fig. 1).

La forma del monumento è quella propria nel Quattrocento ai mausolei dei condottieri, ma il padiglione di sfondo alla statua equestre si ritrova particolarmente in consimili tombe dell'Italia superiore: tale il mausoleo di Cortesia Sarego in Sant'Anastasia di Verona; ivi due scudieri sostengono le tende del padiglione e s'inchinano al loro signore che incede a cavallo.

Questa rispondenza, e anche il continuo affluire a Genova di scultori lombardi, doveva suggerire che l'autore del monumento di Francesco Spinola fosse venuto di Lombardia: l'Alizeri, seguito dal Cervetto (2), volle appunto iden

(1) Un'epigrafe marmorea, gotica, accompagna il monumento: «.s.m.v.d. Fran. Sp. q. decessit. Finarii. anno . d. m.cccc.xlii. die. «<ix. febr. si genus illustrem clarum si reddere virtus || et merita in «<patriam vel benefacta queunt ecquis erit qui non merito concedere possit | Spinula Francisce laudibus inde tuis || quas olim duris Caieta << erepta periclis || testantur pridem classis et imperium | urbs admirati <«< insignem te vidit honore || hec tua post luxit fata dolore gravi ». (2) L. A. CERVETTO, I Gaggini da Bissone, Milano, 1903,

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tificarlo con Giovanni Gaggini; il Suida (), recentemente, con il comasco Michele d'Aria. Ma l'esame delle opere certe del Gaggini, e fra altre del portale del palazzo Quartara in Genova, esclude, a mio parere, la prima attribuzione nel bassorilievo del San Giorgio sull'architrave del portale è uno stile più energico, un'esecuzione più nervosa che nel mausoleo dello Spinola; le pieghe dei panni vi sono non poliedriche ma lisce e sottili; le mani delle figure non hanno un modellato sommario bensì preciso e finemente studiato nell'epidermide. Che esistano relazioni di stile fra Giovanni Gaggini e l'autore del monumento di Francesco Spinola non si può negare; esse tuttavia non sono tali da far confondere in una sola persona i due scultori. Più convincente è l'attribuzione a Michele d'Aria, se si ricorra al confronto della figura dello Spinola con la statua di Domenico Pastini da Rapallo nel palazzo di San Giorgio; ma anch'essa non ci pare sostenuta da argomenti esaurienti (2),

Dello scultore del mausoleo ho invece trovato tracce sicure e lontane da Genova, appunto nel bacino dei laghi lombardi, nella grande culla degli scultori medioevali e del Rinascimento nell'Italia Superiore.

A Castiglione d'Olona, presso Varese, riposa ancora nella chiesa collegiata il cardinale Branda che, nel principio del Quattrocento, fece di quel suo borgo nativo una terra benedetta dall'Arte.

Il prelato, austero e liberale, giace presso l'abside ove splendono, sebbene disfiorate dal tempo, le graziose forme, le delicatezze di tinte ideate sulle volte dal suo pittore prediletto, da Masolino.

(1) W. SUIDA, Genua (Berühmte Kunststätten, XXXIII), Leipzig, 1906, p. 61.

(2) La statua dello Spinola sembra aver sofferto per soverchio ripulimento del marmo, soprattutto nella testa.

Sull' arca lapidea riposa la figura, supina: è aspra nel volto fortemente modellato quasi fosse tratto da una maschera funebre (fig. 2). Più che in essa in altre parti del monumento, nell'urna e nelle quattro Virtù che la sostengono, si può individuare il carattere stilistico dello scultore.

La fronte dell'urna è coperta da un elogio metrico inciso sopra un grande cartello che due angioli tengono dispiegato sono appunto queste due leggiadre figure quelle che meglio ci manifestano nella tomba del cardinal Branda lo stile dell'autore del mausoleo di Francesco Spinola.

Nei due monumenti gli angioli, di uguali proporzioni, tendono ad atteggiarsi in modo quasi corrispondente: un medesimo ritmo sembra regolarne le movenze: in ogni particolare si scoprono tratti che li affratellano; nella forma stessa, schematica, delle ali; nei visi morbidamente plasmati nelle labbra e nel mento, con fattezze minute, con piccoli occhi sgranati; nei riccioli a ciocche calligrafiche ed ispide: hanno tutti una stessa deficienza di forme nel modellato delle mani, corte e pingui, dal dorso levigato: il drappeggio vi è inteso sempre in ugual modo con pieghe sobrie e rettilinee, e mostra minuziose somiglianze nell'incresparsi delle tuniche intorno alla cintola, nelle maniche, nel netto solco ricurvo al disopra dei piedi. Nel monumento dello Spinola vediamo persino ripetuta la foggia di vestire di uno degli angioli che nella tomba del cardinal Branda ci appare con le gambe non ignude ma calzate di un panno leggiero.

Accertata nei due monumenti l'opera di un medesimo scultore, il mausoleo di Branda Castiglione ci dà modo di meglio conoscere la maniera e le origini artistiche dell'anonimo maestro.

Hanno forme affini a quelle degli angioli figurati sulla fronte del sarcofago le quattro Virtù che sostengono l'arca, precise nelle loro linee e freddamente composte; ma le figurine dei santi scolpite in bassorilievo agli spigoli e nei fianchi

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