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alzi dalla piazza, è il demone più desolante dello umano consorzio.

Abbiamo rammentato in altro luogo del presente libro quell'oratore che nel Concilio di Basilea portò sentenza che un papa senza Stati fora ai suoi tempi vassallo e servo dei re della terra (1): giovi riferire attualmente l'opinione di due sommi uomini, la di cui autorità non può esser sospetta nè di servilità, nè di fanatismo. Parliamo di Bossuet e di Napoleone. Bossuet, l'eloquente propugnatore delle libertà gallicane, fu nel tempo stesso il sostenitore della sovranità temporale dei papi. « Volle >> Iddio (sono sue parole) che questa Chiesa, madre comune di » tutti i regni, non fosse in séguito dipendente da alcun regno » nel temporale, e che la sede a cui tutti i fedeli debbon con» correre per conservare l'unità della fede fosse posta al di so» pra delle parzialità che gl'interessi diversi e le gelosie degli >> Stati potrebbero generare. La Chiesa, indipendente nella per» sona del suo capo da tutte le potenze temporali, si trova così » in istato di esercitare più liberamente pel comun bene e sotto » la protezione dei re cristiani, la potenza celeste di reggere le >> anime, e tenendo in mano l'equa sua bilancia in mezzo a tanti >> imperii, soventi volte tra loro nemici, mantiene l'unità in tutti » i corpi, ora per mezzo d'inflessibili decreti, ora per mezzo » di savii temperamenti (2) ». Questa, che fu l'opinione anche del presidente Hénault (3), fu altresì quella di Napoleone. «La >> instituzione che mantiene l'unità della fede (così egli diceva » quando le passioni non facevan velo alla sua vasta intelligen»za), cioè il papa custode dell'unità cattolica è una ammirabile >> instituzione. Rimproverasi a questo capo di essere un sovrano » straniero. Egli è straniero infatti, ma bisogna ringraziare il » cielo che lo sia. Qual mai sarebbe tanta autorità nello stesso » paese davanti al poter dello Stato? Riunita al poter civile, » essa diverrebbe il dispotismo dei soldani: divisa e forse ostile, » essa produrrebbe una rivalità spaventosa, intollerabile. Il papa » è fuori di Parigi, e questo è un bene. Noi sopportiamo la di » lui spirituale autorità appunto perchè egli non è nè a Madrid, » nè a Vienna. A Vienna ed a Madrid si dice lo stesso. Credesi » forse che i Viennesi e gli Spagnuoli consentirebbero a rice» verne i decreti, quando egli fosse a Parigi? Siamo felici che » egli presso noi non risieda, e presso noi non risiedendo, non >> risieda nemmeno presso i nostri rivali, ma nell'antica Roma, » lungi dalle mani degli imperatori alemanni, lungi da quelle » dei re di Francia e dei re di Spagna, tenendo la bilancia fra

(1) Sezione 1, cap. 3, § 1.

(2) Bossuet, Discours sur l'unité, 2o part.

(3) Hénault, Abrégé chronol, de l'Hist. de France.

» i sovrani cattolici, inclinando un poco verso il più forte, è >> rialzandosi tosto contro di esso quando egli diventi oppres» sore: questa è opera dei secoli, ed i secoli l'hanno fatta bene. » Questa è l'instituzione migliore e più benefica che si possa im» maginare per il governo delle anime (1) ».

Rammentate le sentenze di Bossuet e di Napoleone, non potremmo, senza taccia di parzialità, passare sotto silenzio la più recente del cardinal Pacca, che da taluni si allega come dalle precedenti repugnante e diversa. Il cardinal Pacca così si esprime: «Prima di chiudere questa mia lettera, voglio prevenire » una difficoltà che voi potete farmi. Mi pare di sentirvi dire: E >> non credevate voi, fratello, che sarebbero stati ben presto re>>stituiti alla Santa Sede gli usurpati domìni, e che Pio VII o il >> suo successore tornerebbe in Roma glorioso sul trono ponti>>ficio? Poteva mai fuggirvi dalla mente la bella riflessione del» l'illustre Bossuet, che nello stato attuale d'Europa, divisa in >> tante potenze spesso fra loro nemiche, la condizione di un » papa suddito ad una di esse può dirsi quasi incompatibile col >> governo della Chiesa universale? Sì, caro fratello, in quei mo» menti nei quali il mio animo godeva pace e tranquillità, mas>> sime dopo di aver compiti i sacri doveri di religione, sentiva » in me una viva speranza, e dirò quasi un presentimento, che » sarebbero i papi ritornati al possesso di Roma e degli Stati » della Chiesa: ma non pensava sempre così, e lo stesso passo » di Bossuet, bene interpretato, mi faceva talvolta nascere in >> capo idee e pensieri che indebolivano di molto la speranza da » me concepita di veder presto risorgere il governo temporale >> dei papi. Il discorso di quell'uomo celebre, in sostanza, vuol » questo significare: che, essendo caduto l'antico impero roma»no, che comprendeva nei suoi vasti limiti quasi tutte le na>>zioni le quali avevano abbracciato il cristianesimo, ed essen>> dosi nella sua caduta e dalle diverse province formati nuovi >> regni e governi spesso tra loro nemici, e sempre l'un dell' al>>tro gelosi, i papi, sudditi di una di queste potenze, e per la >> soverchia influenza de' propri sovrani, e per l'inevitabile ge>> losia e diffidenza degli altri, non avrebbero potuto liberamen» te e colla dovuta imparzialità l'apostolico loro ministero eser>> citare: che però la divina Provvidenza aveva disposto che la >> Chiesa romana acquistasse un temporale dominio affinchè, » indépendante dans son chef de toutes les puissances temporelles, potesse tenere in mano diritta la bilancia.

>> Questo discorso di Bossuet, in poche parole soltanto accen>> nato, è molto sensato e degno di lui; ma le circostanze de' >> tempi e l'avviamento degli affari europei nel tempo della mia

(1) Thiers, Hist. du Consulat et de l'Empire, liv. du Concordat.

» prigionia mi suscitarono nella mente un altro pensiero che » brevemente vi spiego. Vedeva che le vicende politiche d'Eu>> ropa annunziavano una grande rivoluzione, e pareva che la » Provvidenza preparasse le strade all'innalzamento di un'altra » grande monarchia che o pareggiasse o superasse anche in va>>stità di territorio e in grandezza di potenza l'antico impero » romano, sotto il quale poterono per bene otto secoli i romani >> pontefici, benchè sudditi, governare la Chiesa, e fino alle ul» time estremità del mondo allora cognito stenderne e dilatarne »i confini: a quasi tutta l'Europa dettava leggi un sol uomo, e >> non si curava di nascondere o di cuoprire almeno la sua sfre>> nata ambizione e la mira di ridurla tutta sotto il suo dominio. » Conteneva allora l'Impero francese, oltre la Francia, le pro» vince belgiche, conquistate sulla Casa d'Austria, quella gran » porzione dell'antica Gallia, riunita poi all' Impero alemanno, » che dalle frontiere del Belgio si estende fino al Reno, ed un » gran territorio ancora di qua da quel fiume fino alle sponde >> del mar Germanico: conteneva varie province d'Italia, e lo >> stesso regno italico poteva considerarsi come una provincia >> dell'Impero francese, dipendendo dallo stesso sovrano. Pote>> vano parimente considerarsi come sue province i regni di » Spagna, di Olanda, di Napoli e di Vestfalia, dove occupava» no i troni altri principi, da Napoleone dichiarati gran dignitari » dell'Impero francese, suoi luogotenenti generali dell'armata, » e ad ogni suo cenno sommessi ed ubbidienti. Si aggiungevano > a tanta vastità di territorio gli Stati de' principi della confe» derazione del Reno, che, come i Dejotari, gli Agrippa e gli » Ariobarzani al tempo del senato romano e dei primi Cesari, > erano stati del titolo di re e di gran-duchi decorati da Napo>> leone, il quale con un sol decreto poteva facilmente farli scen» dere da quei troni, e formare dei loro Stati altretante provin>> ce dell' Impero. Tutto dunque annunziava l'innalzamento di >> una grande monarchia, che avrebbe fatto sparire, e in parte » avea già fatto, quella moltiplicità di regni e di principati che, >> al dir di Bossuet, rendono quasi incompatibile la sudditanza » dei papi col governo della Chiesa universale. Questa riflessione >> mi faceva temere che, essendo per gl' imperscrutabili divini » giudíci tolto alla Santa Sede il dominio temporale, la Provvi» denza, intenta sempre alla conservazione della sua Chiesa, an>> dasse preparando quei cambiamenti di Stati e di governi che » rendessero un'altra volta possibile e senza gravi inconvenien»ti, che il papa, benchè suddito, reggesse e governasse l'intero » gregge de' fedeli (1)».

(1) Lettera del cardinal Pacca al suo fratello, la quale serve d'introduzione alle Memorie dello stesso cardinale; Roma, 1830.

Se ci fosse permesso di proferire un libero giudizio su queste parole del venerando porporato, che provocarono, quando egli le divulgò per le stampe, tante censure, tanti applausi e tanta varietà d'opinioni, diremmo che la sentenza del Pacca, criticabile nelle contingenze del caso preso in esame, sfugge a qualunque censura, collocata che essa sia nel campo più vasto di una teoria generale. Il cardinal Pacca s'ingannava, a nostro avviso, credendo che l'impero di Buonaparte potesse rinnuovare per il papato gli stessi rapporti nei quali esso si era trovato altre volte col romano Impero. S'ingannava, perchè coll'impero francese non tornavano in vita nè il concetto giuridico di Roma, nè la protezione di cui alla corte dei Cesari cristiani godeva la Chiesa, nè i privilegi dell'episcopato, quali si leggono nei codici Teodosiano e Giustinianeo. S'ingannava perchè, qualunque fossero l'ambizione e le voglie di Buonaparte, egli non sarebbe mai giunto a riunire, obbedienti al suo scettro imperiale, tutte le nazioni diverse dell'Europa. S' ingannava, infine, perchè, quando ciò pure fosse stato consentito dalla fortuna, la questione dell'indipendenza rinasceva ben tosto rapporto alle nazioni dell'Affrica, dell'Asia e dell'America, le quali sarebbonsi trovate rapporto al papato nella posizione identica in cui trovansi attualmente le diverse nazioni dell'Europa. I decreti del papa avrebbero incontrato a Wasinghton, al Messico ed a Rio-Janeiro le stesse diffidenze e le stesse gelosie che, secondo il detto di Buonaparte, incontrerebbonsi a Vienna, se il papa stasse a Parigi, o a Parigi, se egli stasse a Madrid. Se poi la sentenza del Pacca dai confini angusti del fatto venga trasportata nel campo più vasto dei principi, manca allora ogni ragione ed ogni argomento per combatterla o per disapprovarla. Sostenendosi da noi come necessaria la sovranità temporale dei papi, ad una necessità accenniamo (giova ripeterlo) non apodittica, non assoluta, ma contingente, ed alle condizioni attuali del mondo corrispondente e relativa. Diciamo, cioè, necessaria la sovranità temporale dei papi non per necessità teologica, ma per necessità politica e razionale. Iddio, che ha promesso una durata indefettibile alla sua Chiesa, con altri mezzi a noi ignoti potrebbe provvedere alla indipendenza del papa: e quella sovranità che oggi ne sembra ed è necessaria, potrebbe non esserlo ulteriormente o per nuove combinazioni che avvenissero nella politica condizione dei regni e degl'imperi, o per nuovi rivolgimenti delle sorti umane. Chi può segnare i confini cui può essere spinta nei suoi resultati la civiltà cristiana? Chi può comprendere col pensiero la trasformazione che va operandosi negli ordini politici e civili per opera dei soli interessi materiali? Chi può vaticinare le nuove condizioni che si prepareranno all'umanità, quando le ultime tracce della barbarie feudale saranno scomparse, quando le ge

losie fra le nazioni saranno sopite da un interesse comune, quando ogni pregiudizio sarà impotente davanti all'imparziale sindacato della pubblica opinione? Deve pure una volta un'epoca nuova di civiltà rallegrare i popoli della terra, afflitti da tanti affanni, travagliati da tanti dolori! Deve pure esser raccolta un giorno quella messe che fu preparata dalle vigilie di tanti sapienti, dai palpiti di tanti generosi, dal sangue di tanti mártiri! Deve pure una volta aver pratica ed universale applicazione la legge eterna della carità, promulgata dal Vangelo, poichè immancabili sono le promesse di Cristo, ed è stoltezza sapiente serbar fede costante nel progresso del genere umano! Ma finchè intanto non giunga quest'epoca nuova nei destini dell'umanità, e finchè la Provvidenza non abbia sostituito agli attuali nuovi mezzi e più efficaci di garanzia e di tutela, noi ci crediamo autorizzati a formulare quattro proposizioni, che noi ritenghiamo come fondamentali nel nostro lavoro.

I. La sovranità temporale è un mezzo ordinato dalla Provvidenza per garantire la libertà e la indipendenza del papato: essa è dunque politicamente, non teologicamente necessaria.

II. La maggiore o minore vastità degli Stati non influisce sulla indipendenza.

III. Gli ordini civili coi quali la sovranità temporale dei papi può essere esercitata non interessano la questione dell'indipendenza.

IV. Per soddisfare al bisogno dell' indipendenza bastano tre condizioni, cioè: che il papa non sia nominalmente suddito di un altro Stato; che il papa non dimori in territorio non suo; che non obbedisca a leggi le quali egli non abbia liberamente consentite.

CAPITOLO III.

Nozioni di diritto.

Crediamo non debba riuscire affatto inopportuno l'accennar brevemente alcuni princìpi giuridici che alla sovranità dei papi si riferiscono, avvegnachè possano essi servire per rettificare alcune false ed erronee proposizioni, le quali, sparse dai giornali, sono poi accolte e tenute per vere da tutti coloro che, per abitudini di vita, per difetto di buoni studi, o per debolezza d'ingegno non hanno nè mezzi nè occasioni di rettificarle da loro stessi.

Nel papa convien distinguere e tener separate quattro diverse rappresentanze, o, come dicono i giuristi, quattro persone formali. Egli è vicario di Cristo e capo visibile della Chiesa: egli è patriarca d'Occidente: egli è vescovo di Roma e suo distretto:

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