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l'uomo ha fatto, ma a quel che proponeva di fare; considerando, non una parte della cosa, ma il tutto; non qual sia ora la persona di chi si parla, ma qual sia stata sempre, o la più parte della sua vita. Deve anco un discreto ricordarsi più tosto del bene che del male.

CARO, Volgarizzamento della Rettorica d' Aristotile. libro I.

IV. Cortesia.

Nulla cosa in donna sta più bene che cortesia. E non siano li miseri volgari anche di questo vocabolo ingannati, che credano che cortesia non sia altro che larghezza: e larghezza è una speziale, e non generale cortesia. Cortesia e onestade è tutt' uno. E perocchè nelle corti anticamente le virtudi e li belli costumi s' usavano, siccome oggi s' usa il contrario si tolse questo vocabolo dalle cori: e fu tanto a dire cortesia quanto uso di corte. Lo qual vocabolo, se oggi si togliesse dalle corti, massimamente d'Italia,non sarebbe altro a dire, che turpezza.- DANTE, Convito.

V. Natura del ridicolo.

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Il loco, e quasi il fonte, onde nascono i ridiculi, consiste in una certa deformità. Perchè solamente si ride di quelle cose che hanno in sè disconvenienzia, e par che stian male, senza però star male. Io non so altrimenti dichiararlo: ma, se voi da voi stessi pensate, vedrete che, quasi sempre, quel di che si ride, è una cosa che non si conviene, e pur non sta male, CASTIGLIONE, Cortigiano, libro II.

VI. Moneta.

Moneta è oro, arienio o rame, coniato dal Pubblico a piacimento; fatto dalle genti pregio e misura delle cose, per contrattarle agevolmente. Dicesi oro, ariento o rame, perchè, avendo le genti questi tre metalli eletti per moneta fare, se un principe (chiamo principe chi padroneggia lo stato, sia uno, o pochi, o molti, o tutti) facesse moneta di ferro, piombo, legno, sughero, quojo, carta, sale (come già si son fatte ), o d' altro; ella non sarebbe fuor del suo stato accettala; come fuor della generalmente accordata materia; nè sarebbe moneta universale, ma una taglia particulare, un contrassegno o bullettino o polizza di mano del principe, lui obbligante a render al presentatore tanta moneta vera: come già s'è usato quando, per mancamento di essa, il ricorrere a simili spedienti è stato salute pubblica.

Dicesi coniato dal Pubblico, perchè rari metalli si trovan tutti puri; onde conviene, per far le monete eguali, ridurre il metallo ad una finezza; tagliarle d'un peso; e suggellarle, per segno che elle sieno leali, senza farne prova ogni volta. Non è ufficio questo da privati uomini, sospetti di froda; ma del principe, padre di tutti. Perciò niuno di suo metallo può far moneta, quantunque ottima, solto pena di falsità: ma portarlo conviene alla zecca pubblica; ed ella il prende, e pesa, e saggia, e nota, e fonde, e allega, e cola, e schiaccia, e taglia, e aggiusta, e conia, e rende secondo sua legge.

A piacimento si dice, perchè ordine delle genti è, che moneta si faccia; ma così o così, cioè tonda o quadra, o grossa o minuta, più pura o meno, d' un'impronta o d'altra, d'un nome o d'un altro; questi sono accidenti rimessi nel principe. Basta che egli non tocchi la sostanza ; ove non ha potere: cioè non faccia moneta che de' tre metalli; e non le dia mentito pregio; come sarebbe se in lei, cementata, non si trovasse tanto metallo fino, che al nome datole corrispondesse: onde il popolo, ingannato sotto la fede pubblica, che il dee difendere, dir potesse come il lupo a' pastori che la pecora si mangiavano: s'il facess' io, voi gridereste accorruomo, e levereste a rumor la contrada.

Dicesi fatto dalle genti pregio e misura di tutte le cose, perchè così, d'accordo, son convenuti gli uomini ; e non perchè tanto vagliono di natura questi metalli. Un vitello naturale è più nobile che un vitel d'oro; ma quanto è pregiato meno! Un uovo, ch' un mezzo grano d'oro si pregia, valeva a tener vivo il conte Ugolino, nella torre della Fame, ancora il decimo giorno; che tutto l'oro del mondo non valeva. Che più a nostra vita importa che'l grano? nondimeno diecimila granella oggi si vendono un grano d'oro.

DAVANZATI, Lezione delle monete.

VII. Origine e servigio della moneta.

Questo nostro corpo mortale fu fatto di nobilissima complessione, dilicato, tenero e gentile; ignudo e disarmato all' offese delle stagioni e delle fiere; perciò bisognoso di molte cose; le quali niuno potrebbe procacciarsi da sè. Onde noi viviamo nella città, per ajutarci l'un l'altro diversamente per diversi uffizii, gradi ed esercizii. Ma, perchè non ogni uomo nasce atto ad ogni esercizio, ma ciascheduno ad uno; nè ogni clima produce ogni frutto della terra; quinci è che l' un uomo lavora e si affatica non per sè solo, ma per gli altri ancora; e gli altri per lui; e l' una e l' altra città, e l' uno e l'altro regno, condisce del suo soverchio, ed è fornito del suo bisogno. E così tutti i beni di natura e d'arte sono accomunati e goduti per lo commerzio umano. Il quale da prima fu baratto semplice di cose a cose; com' ancor oggi è tra quelle genti che non hanno cultura civile. Ma era malagevole sapere, a cui la cosa a te soverchia mancasse, o la mancante a te altrui soverchiasse; o trasportar si potesse, o serbare, o sì spezzare, che ambi accomodasse. La necessità, de' modi ritrovatrice, prima insegnò elegger un luogo, dove molti da molte bande con lor robe traendo, s'accomodavan più agevolmente: e questa fu l'origine de'mercati e delle fere. Aperse gli occhi questa comodità ad un'altra maggiore: che come s' era un luogo eletto, così poteva una cosa eleggersi; e farla valere per tutte l'altre; ed ogn' altra dare e ricevere per un tanto di lei; quasi mezzana, o fonte del valore universal delle cose, o separata sostanza e idea. Fu eletto il rame, dall' antichità molto adoperato, e da tutte le genti fu assunto a si alto uficio per legge accordato. E così a cui una cosa avanzava, la dava per tanto rame quanto a quella era comparato, cioè stimato pari; e quello poscia dava per altra che gli mancasse, o veramente il serbava per le bisogne avvenire in poca casa, quasi mallevadore. E questa fu l'origine del vendere e del comprare, che compe

rare dissero i Toscani. La maraviglia poi dell' oro e dell' ariento fe dar loro il vanto. E spendevasi prima in pezzi rozzi, come venieno: poi, com' alle cose trovate s' aggiugne, si venne al pesarlo, al segnarlo, al farne Il medesimo, ivi.

monete.

VIII. Cambio.

Cambio non è altro che dare tanta moneta qui a uno perchè e'te ne dia tanta altrove, o la faccia dare dal commesso suo al tuo. Il quale scambio si faceva da prima del pari, per solo comodo e servigio di mercanzia, onde trovossi. Cominciossi poi ad aprir gli occhi, e veder che, dall' un pagamento all'altro correndo tempo, si potea goder quel d'altri per questa via; e pareva onesto renderne l'interesse. Però cominciarono a fare il secondo pagamento più qualche cosa del primo; cioè rendere un po'più del ricevuto. L' ingordigia di questo guadagno ha convertito il cambio in arte: e dánnosi danari a cambio, non per bisogno d' averli altrove, ma per riaverli con utile; e pigliansi, non per trarre i danari suoi d'alcun luogo, ma per servirsi di quei d' altri alcun tempo con interesse. Se non = si cambiasse per arte, i cambii sarebbero rari; e non si troverebbe riscontro ogni volta che bisognasse rimettere o trarre per mercanzie, come or si fa. Onde assai manco se ne condurrebbe, e manco bene si farebbe alla società e vita umana: la qual più si ajuta, e fassi agiata e splendida, per non dir beata, quanto più gli uomini s' agitano e s' inframmettono e quasi s' arruotano insieme. Talchè, se bene l'intenzione de' particulari cambiatori non è così buona, l'effetto universale che ne séguita, è buono egli: e molti piccioli mali permette eziandio la natura per un gran bene; come la morte di vili animali per la vita de' più nobili.

Il medesimo, Notizia de' Cambii.

IX. Maniera e Ammanierato in materia d'arti del disegno.

Maniera intendesi per quel modo che regolarmente tiene in particolare qualsivoglia artefice nell'operar suo. Onde rendesi assai difficile il trovare un' opra d'un maestro (tutto che diversa da altra dello stesso) che non dia alcun segno nella maniera, di esser di sua mano e non d'altri. Il che porta per necessità ancora ne'maestri singularissimi, una non so qual lontananza dall'intera imitazione del vero e naturale; che è tanta, quanto è quello che essi con la maniera vi pongono del proprio. Da questa radical parola, maniera, ne viene ammanierato: che dicesi di quell' opre nelle quali l'artefice discostandosi molto dal vero, tutto tira al proprio modo di fare tanto nelle figure umane, quanto negli animali, nelle piante, ne' panni e altre cose. Le quali in tal caso potranno bene apparir facilmente e francamente fatte; ma non saranno mai buone pitture, sculture o architetture, nè avranno fra di loro intera varietà. Ed è vizio questo fanto universale, che abbraccia, ove più ove meno, la maggior parte di tutti gli artefici.

1 Cioè venivano

BALDINUCCI, Vocabolario toscano dell'arte del disegno.

X. Figura delle parole.

Figura è un errore fatto con ragione. E dicesi esser tale, perocchè la ragione del farlo, mai non fu nè dee esser lontana da chicchessia de'buoni scrittori. Pesto dunque che ella non vi si trovi, egli si vuol credere uno stroppiamento, non una figura se già il non ritrovarla non fosse col pa di chi non volle o sì non la seppe investigare. Non niego però, alcune volte non poter sene rendere altra ragione, se non dell'esser così piaciuto a chi, in iscrivendo, tornò in acconcio servirsi più d'una tai maniera, che d' una tal altra. Lascio ancora, che anche negli autori più celebri vi ha talvolta un qualche trato di penna che facilmente sarebbe da riprovarsi: o sia licenza che essi, come padri e fondatori dell' eloquenza, si presero; o sia perchè anche i ben chiari intelletti di quando in quando straveggono. Nulladimeno, perchè di gran lunga maggiore è il numero di quei figurati modi ne' quali si riconosce il loro dritto, che di quegli che no; egli non se ne vuoi preterire l'intelligenza. E dissi che il lor dritto vi si conosce, perchè, sebbene ogni irregolar costruzione è un tal poco aliena dalla sintassi, nulladimeno ella è una composizione di parti che conviene e si accomoda all'uso di quei che ben parlano. E questo frequente usarsi, fa passar per buono quello che, per altro, non saria fuer d'eccezione; appunto come ne' tempi antichi feron valere le monete di cuojo, per niun' altra miglior ragione, se non perchè l'usarono. In quanto poi al motivo che s'ebbe del parlar figurato, la necessità al certo fu quella che da prima c' indusse, o per esser più brievi, o per meno tediosi; ed alcune volte per vezzo, o per meglio spiegare, o per dar maggior forza al parlare ed ai sentimenti. Ed ora il facciamo con pienissima libertà, per quella franchezza che ce ne diedero co' loro esempii gli autori del buon secolo: quali vogliono imitarsi e seguirsi; ma non mica abusando nè indiscretamente servendoci della facultà concedutane. Alcune figure, senza offesa dell' orecchio, possono esser frequenti; alcune, per lo contrario, più rare. Deesi dunque far sì di non seminare col sacco quello che i savii uomini per entro a'lor libri andarono col pugno poco men che chiuso spargendo.

MENZINI, Della costruzione irregolare della lingua toscana.

XI. Coraggio, o fortezza d' animo.

Molte volte più nelle cose piccole, che nelle grandi, si conoscono i coraggiosi. E spesso ne' pericoli d'importanza, e dove sono molti testmoni, si ritrovano alcuni i quali benchè abbiano il cuore morto nel corpo, pur spinti dalla vergogna o dalla compagnia, quasi ad occhi chiusi, vanno innanzi, e fanno il debito loro, e Dio sa come; e nelle cose che poco premono, e dove par che possano senza esser notati restar di mettersi a pericolo, volentier si lasciano acconciare al sicuro. Ma quelli ancor quando pensano non dover esser da alcuno nè mirati nè veduti nè conosciuti, mostrano ardire, e non lascian passar cosa, per minima che ella sia, che possa loro esser carico; hanno quelle virtù d' animo che noi ricerchiamo. CASTIGLIONE, Cortegiano, libro I.

XII. Sopra lo stesso argomento.

Vederete ben molte volte alcuni che non hanno paura nè di morte nè d'altro, nè con tutto ciò si possono chiamare arditi; perchè non conoscono il pericolo, e vanno come insensati dove vedono la strada, e non pensano più: e questo procede da una certa grossezza di spiriti obtusi. Però non si può dire che un pazzo sia animoso. Ma la vera magnanimità viene da una propria deliberazione e determinata volontà di far così; e da estimar più l'onore e 'l debito, che tutti i pericoli del mondo; e, benchè si conosca la morte manifesta, esser di core e d'animo tanto saldo, che i sentimenti non restino impediti nè si spaventino, ma faccian l' officio loro, circa il discorrere e pensare, così come se fossero quietissimi. Il medesimo, ivi, libro II.

XIII. Cagioni varie, che fanno gli stessi effetti che la fortezza

dell' animo.

Vera fortezza è tale, quale noi abbiamo detto. Altri modi sono, assai simili a quella, ne' quali posto non sia tale virtù veramente compiuta, pure alle volte è utile, e molto giova agli uomini non perfetti, co' quali comunemente si vive. Gli esercizii delle battaglie sono quelli ne'quali più che in altro si diviene forte. In questi, la infamia sottomette a pericoli tale che non per amore di ben fare starebbe fermo ; ma perchè vede i timidi svergognati, ed i forti ritenuti in premio ed onorati, patisce, per non essere riputato codardo e vile. Altra volta, messi dall'opere di quegli i quali sono riputati da meno di loro, si sforzano, dicendo: io non voglio che tale e quale 2 si glorii d' essermi innanzi; e non voglio potere essere ripreso da lui. Molti sono ritenuti dalla paura della pena, quando da chi n' ha autorità, si comanda non mutare luogo nella battaglia: onde poi s'elegge piuttosto con gloria morire, che, fuggendo, essere di vituperosa morte dannato. Certe volte la necessità fa gli uomini animosi a fortemente combattere, quando la speranza d' ogni altra salute è perduta, e solo nell' armi e nella potente virtù è posto lo scampo. La sperienza ancora presta vigore, e fa gli uomini forti; onde nelle battaglie con molto più ardire si vede andare gli esercitati che i nuovi: perchè l'uso ha dato loro notizia de' pericoli, non conosciuti dagli altri. Altre volte appare fortezza nell' animo perturbato: onde gli adirati rinvigoriscono, e con ardire maggiore si mettono ad ogni pericolo: ma perchè l' adirato non considera, nè prende consiglio, e non prevede i casi dove si mette; non può in lui essere fortezza, ma empito temerario. L'ira che in sul fatto venisse, poichè con virtù è fatta la elezione del pericolo; può assai ajutare la fortezza. Come, alle volte, le seconde schiere veggendo fuggire le prime, per isdegno commosse ad ira, con migliore ardire, impetuosi e fieri più che gagliardi, assaliscono, rinfrancando le schiere perdenti, e mettendo terrore ai nimici, con la dimostrazione del loro valore. Altro modo di fortezza procede dalla consuetudine e dall' uso d'avere molto vinto perocchè non temono essere superati in quello che 3 molte volte 1 Cioè benché, 2 Il tale e il tale. 3 In che.

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