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SONETTO VIII.

ARGOMENTO.

Maravigliosi effetti del nobile amore, e sue disformità dal sensuale."

NON è colpa mai sempre empia é mortale
Per immensa bellezza un grande amore,
Se poi si lascia rammollito il cuore
Sì, che 'l penetri un bel divino stralé.

Amore sveglia, e muove, e impenna l'ale
Per alto volo, ed è spesso il suo ardore
Il primo grado ond' al suo creatore,
Non ben contenta quì, l' anima sale.

L'amor che di te parla, in alto aspira,
Ned è vano e caduco; e mal conviensi
Arder per altro a cuor saggio e gentile;

L'un tira al cielo, e l'altro a terra tira:
Nell' alma l' un, l' altro abita nei sensi,
E l'arco volge a segno e basso e vile.

SONETTO IX.

ARGOMENTO.

Una speranza certa va col nobile amore, ma fallace è quella che il caduco accompagna.

BEN può talor col mio ardente desio
Salir la speme, e non esser fallace;
Che, s'ogni nostro affetto al ciel dispiace,
Fatto a che fine avrebbe 'l mondo Iddio?

Qual più giusta cagion dell' amarti io,
Che render gloria a quell' eterna pace
Onde pende il divin che di te piace,
E ch' ogni cor gentil fa casto e pio?

Fallace speme ha sol l'amor che muore

Con la beltà che scema a ciascun' ora,
Perch'è suggetto al variar d' un viso.

Certa è ben quella in un pudico cuore,
per cangiar di scorza non si sfiora

Che

Nè langue, e quì caparra il paradiso.

SONETTO X.

ARGOMENTO.

Non è possibile vedere alcuna bellezza e non amarla. Beato chi può per quella trascendere alla divina! misero chi nel breve uman contento si ferma !

PASSA per gli occhi al cuore in un momento
Di beltate ogni obbietto e leggiadria
Per sì piana, ed aperta, e larga via,
Che 'nvan forza il contrasta e ardimento.

Ond' io dubbio fra me temo, e pavento
L' error ch' ogni alma dal suo fin desvia,
Nè so qual vista tra i mortali sia,

Che non si fermi al breve uman contento.

Pochi s'alzano al cielo; a chiunque vive

D'amor nel fuoco e bee del suo veleno,
(Poichè fatale è amore al viver dato)

Se grazia nol trasporta all' alte e dive
Bellezze, e i desir là volti non sieno,
Oh che miseria è l'amoroso stato!

MADRIGALE II.

ARGOMENTO.

Non può levarsi all' altezza della sua donna, s'ella non discende al

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ALL' alto tuo lucente diadema,

Per la strada erta e lunga,

Non è, donna, chi giunga,

S' umiltà non vi apponi e cortesia.
Tuo salir cresce, e 'l mio valore scema,

E la lena mi manca a mezza via.
Che tua beltà pur sia

Superna, perch' al cor diletto renda,
Ch' è d'ogni rara altezza avido e vago,
Bramo; ma, se dell' alma leggiadria
Debbo gioir, convien ch' ella discenda
Là dove aggiungo, e dove sol m' appago.
Nè sdegno incontro a me, donna, ti prenda,
S'alzar non sommi a sì sublime stato;

E perdona a te stessa il mio peccato.

MADRIGALE III.

ARGOMENTO.

Non si può difendere dal possente lume degli occhi di costei, onde saetta Amore. Min

CHI è quel che per forza a te mi mena
Legato e stretto, e son libero e sciolto?
Se tu incateni altrui senza catena,

E d'invisibil laccio il cor m' hai 'nyolto,
Chi mi difenderà dal tuo bel volto,

Chi dal vivo splendorels

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Degli occhi onde saetta armato Amore?!

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