SONETTO XXIX. In morte dell' Imperatore Francesco I. Specchiati, orgoglio uman, specchiati in questa Trova in gemmato serto o in aurea vesta Nome più grande, o più temuto in terra, Cerca pur col pensiero in pace, o in guerra Più splendidi trofei, più chiare gesta. Ohimè di tanto impero, e tanta possa Fregi, scettro, poter, tutto spario: Chiude il rege e il bifolco angusta fossa COLTELLINI. SONETTO XXX. La Cetra di Virgilio. Quella cetra gentil che in sulla riva Sì che non so se in Melano o in Liceo, Poichè con voce più canora e viva Dal suo pastore ad una quercia ombrosa Sacrata pende, e se la move il vento, Non sia chi di toccarmi abbia ardimento: Chè, se non spero aver man sì famosa, Del gran Titiro mio sol mi contento. COSTANZO. SONETTO XXXI. П Peccatore. Se l'empio ode per selva, in cui s'aggira, Leon che l'aria co' ruggiti assorda, Fugge a sinistra e nel fuggir sel mira Incontro aprir l'orrenda gola ingorda. Si volge a destra e vede accesa l'ira Gettasi alfin per tenebrosa strada, E nel girar l'orrida faccia smorta, COTTA. SONETTO XXXII. Sopra l'Ateismo. Nume non v'è, dicea fra sè lo stolto, Nume non v'è? Verso del ciel rivolto Chiaro il suo inganno in tante stelle ei legga Specchisi e impresso nel suo proprio volto Ad ogni sguardo il suo Fattor rivegga. Nume non v'è? De' fiumi i puri argenti, Tutti parlan di Dio; per tutto vedi Del grand' esser di Lui segni eloquenti: COTTA. SONETTO XXXIII, In lode di Beatrice. Tanto gentile e tanto onesta pare La donna mia quand' ella altrui saluta, Che ogni lingua devien (1) tremando muta E gli occhi non ardiscon di guardare. Ella sen va, sentendosi lodare, Mostrasi si piacente a chi la mira, Che dà per gli occhi una dolcezza al core Che intender non la può chi non la prova; E par che dalla sua labbia si mova (1) Divien. (2) Vestita. DANTE. |