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L.

A concluder, la donna potea meno,
E'l modo non avea da contrastare;
Onde di man lascioli torre il freno.
Aftolfo al padiglion lo fe'menare.
Or per quel campo che d'arme era pieno
La meffaggiera fi mette a cercare,
E tanto cerca, che pur ha trovata
La ftanza de la donna disperata.

t

LI.

Nè fi smarri de l'alta sua presenzia ;
Anzi fe'la propofta altieramente',
Con ardir mescolato di prudenzia.
Quella superba che parlar la sente,
Quafi per romper fu la pazienzia;
Pure udilla, e rispose finalmente:
Comune è il minacciar; ma il fin del gioco
E' di quel che fa fatti, e parla poco.
LII.

Lasciam Marfisa, e lasciam la donzella
La qual nel modo ch'avete sentito
Tornò di sopra a la sua donna bella.
Il Conte che pur dianzi era partito,
E cavalcava imbarcato da quella
Che l'ha ben certo imbarcato e schernito
Uscito è d'una selva, e sopr' un ponte

Trova un ch'ha in man la lancia,e l'elmo in fronte.

LIII.

Sopra un gran ponte di bel marmo fino
Stava a cavallo, e posto in sua difesa :
In su la riva a un alto e verde pino
Sta per le trecce una donna

sospesa;
E piagne sì, che'l bel fiume vicino,
E di pietà di lei quell' a è presa:
Tanto ajuto, mercè chiede e domanda,
Ed al mondo ed a Dio fi raccomanda.
LIV.

Venne di lei compaffione al Conte,
E verso il pin per sciorla s' ayyiava;...
Ma quello armato che stava in sul ponte :
Non andar, cavalier, forte gridava,
Che fai al mondo tutto oltraggio ed onte
Cosa in terra non è più fiera e prava
Di quella donna che tu vedi quivi;
Nè altra mai vedrai se sempre vivi.
LV.

Per sua malizia sette cavalieri
Son ftati uccifi, e per la sua follia;
Ma ciò contarti non fa or mestieri;
Ch'è troppo lungo: segui la tua via,
E non volerti dar quefti penfieri.
Ma io penso ch'a noja già vi fia
Si lungamente lo ftarmi ascoltare,
Com'è anche venuto a me il cantare.
Fine del Canto ventefimottavo.

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Non so se siete usato andare a piede,
Ma vi so dir ch' usar ve gli conviene.
Io me ne vo; Dio vi conduca bene

Orl.inn. C 29

ORLANDO INNAMORATO.

CANTO VENTESIMONONO.

I.

Ho voglia anch'io d'effer innamorato

D'Angelica, dipoi ch'ella n' ha tanti;
Ch'ella m'ha fatto un servigio più grato,
Che mai faceffe infieme a tutti quanti:
Hammi da quel faftidio liberato
Nel quale io mi trovava poco avanti
Di raccontar quella maladizione

Del conte Orlando e del figliuol d'Amone;

II.

Il qual, benchè bisogno non aveffe
D'ajuto, pure io son schiavo a colei
Che in mezzo a tutti due così fi meffe.
D'una natura io son, che non vorrei
Sentir che mai fi gridaffe o fi deffe:
Maflimamente fra gli amici miei.

Non è chi in odio abbia il romor, quant'io,
Or parliam d'altro per l'amor di Dio.

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III.

Diffi nel Canto addietro com' Orlando
Vide quel pino accanto a la riviera,
Al qual colei sospesa lagrimando
A pietà moffo arebbe un cor di fiera:
E mentre che ver lei fi va accostando,
Quell' altro cavalier che preffo l'era,
Diffe: qual tu ti fii, va a la tua via:
Non dare ajuto a quell' anima ria.

IV.

Quella ch'or ha finita ogni sua voglia,
Poich'è appiccata per le chiome al vento,
E fi volta leggier com' una foglia
Come faceva prima ogni momento,
Or con vana speranza ed or con doglia
Certa tenendo gli amanti in tormento;
Com' al vento dà or le volte speffe,
Così sempre voltò le sue promeffe.

V.

Rispose il conte Orlando

a dirti il vero,

Io non poffo la mente accomodare,
Non ch'aprir gli occhj a spettacol sì fiero;
E la dispongo al tutto indi levare.
Nè creder poffo, effendo cavaliero
Come dimoftri, che'l debbi vietare.
S'offeso se', e voglia hai di vendetta,
Voltati altrove, che a una giovanetta.

VI.

Rispose il cavalier: quella donzella
Fu sempre si crudel malvagia ingrata
Vana e d'ogni virtù tanto ribella,
Che quivi giuftamente è condennata.
Ma tu forse non sai la sua novella,
Che se' venuto pur questa giornata ;
Però falsa pietà ti muove a dare
Soccorso ad una più crudel che'l mare

VII.

Ascolta, io te ne prego, in qual maniera Dirittamente e per giufta ragione Fuffe al pino appiccata quefta fiera. Nacque ella meco in una regione:

E per

da sua bellezza fu sì altiera,
Che mai non fu guardato alcun pavone
Ch' aveffe più superbia ne la coda,
Quando la spande al sole, e a chi la loda.

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