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XLIV.

Il ponte periglioso era chiamato,
E de le rose al presente fi chiama ;
Ed è così provvisto ed ordinato,
Che ciascun cavalier, ciascuna dama,
Di qui paffando, fia molto onorato;
Acciò che s'oda pel mondo la fama
Di quel buon cavalier tanto cortese
Che merta loda da ciascun paese.
XLV.

Però di qua non potete paffare,
Se non entrate ne la noftra danza,
E non giurate una notte qui ftare .
A riconoscer venite la ftanza ;

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Poi potrete
al viaggio voftro andare.
Diffe Grifon: questa cortese usanza,
Per la mia fe, da me non sarà guasta,
Se mio fratello a quefto non contrasta.
XLVI.

Diffe Aquilante: fia come ti piace :
Così d'accordo in là pigliar la via.
Verso il palagio va Grifone audace,
Ed Aquilante fagli compagnia.
Giunti a la loggia, non fi pon dar pace;
Par lor pur che mirabil cosa fia.
Quivi donzelle e sergenti e scudieri
Venner per incontrar i cavalieri.

XLVII.

Già gli an cortesemente disarmati, E con frutte e confetti in coppe d'oro Quafi pasciuti, non che rinfrescati ; Poi fi miser nel ballo con coloro. Ecco a traverso de' fioriti prati Viene una donna sopra Brigliadoro. Cadde Grifone in uno ftran pensiero, Quando vide colei con quel deftriero.

XLVIII.

E così Aquilante s'è smarrito ; E l'un e l'altro la danza abbandona: Per ire a lei del cerchio s'è partito; E com'è giunto, con effa ragiona, Domandando in che modo, a che partito Abbia il cavallo, e ch'è de la persona Di quel che lo soleva cavalcare. Ella un'iftoria comincia a contare; XLIX.

Ch'era sciaurata più che la sciagura, Ed era poco avvezza a dire 'l vero. Dicea ch'addietro sopr' una pianura Avea trovato morto un cavaliero Con una sopravvesta verde scura, E un arboscello inserto per cimiero ; E ch' un gigante appreffo morto gli era Feffo d'un colpo infin a la gorgiera:

L.

Che già non era il cavalier ferito ; Ma peta d'un gran colpo avea la testa. Quando Aquilante quefto ebbe sentito, Ben gli fuggì la voglia di far fefta, Dicendo aimè, fignor, chi t'ha tradito? Ch'io so ben ch'a battaglia manifefta, Non è gigante al mondo tanto forte, Che fia sufficiente a darti morte.

:

LI.

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Grifon piagnendo ancor fi lamentava, Anzi s'accieca nel pianto e confonde; E quanto più la donna domandava, Più la morte d'Orlando ella risponde. La notte scura già s' avvicinava ; Il sol dietro ad un monte fi nasconde: I due frate' che son pien' di dolore, Poco guftar le carezze e l'onore.

LII.

Fur poi la notte in letto imbavagliati, E via condotti ad una selva oscura, E dentro ad un caftello imprigionati Nel fondo d'una torre in gran paura, Dove ftettono un tempo incatenati, E feciono una vita molto dura. Un giorno alfin la guardia fuor gli mena Legati ben con una gran catena;

LIII.

E legata con lor quella donzella, Che sopra Brigliadoro era venuta. Un capitan con molta gente in sella, In quefta forma i due fratei saluta : Oggi morrete b e con voi morrà quella, Se qualche maraviglia non vi ajuta. La donna fi cambiò nel viso forte, Quando sentì ch'era condotta a morte. LIV.

Ma non s'impaurirno già coloro; Che troppo ardito è l'un e l'altro nato. Andando, venir veggon verso loro Un cavalier a piè ch'è tutto armato ; E valse il venir suo loro un tesoro. Ancor non l'anno ben raffigurato. Intenderete poi com' andò il fatto, Che di lor per adeffo più non tratto ;

LV.

Ma torno pur a dir di quel caftello Che la cruda Marfisa affedia ancora. Uberto, e gli altri cavalier con ello Ogni dì, anzi ogni ora saltan fuora ; E la regina caccia or quefto or quello: Innanzi a lei fi fa poca dimora; Che tutti, salvo il re di Circaffia, Anno provato la sua gagliardia.

LVI.

Non era egli a combatter fuora uscito; Perocchè in quella prima uccifione D'una saetta in modo fu ferito, Ch' appena indoffo tener può 'l giubbone. Un mese tutto quanto era già ito, Dipoi che quivi giunse Galafrone. Ecco tutti i guerrieri una mattina Saltan nel campo di quella regina.

LVII.

Gridan le genti a l'arme tutte quante.
Parea quefto un lion, quello un serpente .
Il re Balan ch'ha forza di gigante,
Vien dietro Uberto ed Antifor valente,
Chiarione, Adriano e Sacripante,

E fanno un gran tagliar di quella gente.
Levafi un grido, una polvere grande :
La gente fugge da tutte le bande.

LVIII.

Par che fien tanti lupi in un armento: Non fu veduta mai tanta paura. Un solo innanzi se ne caccia cento: Fuggefi ognun da la mala ventura : E son st pien di tema e di spavento, Ch'a guardargli nessun pur s'afficura: Morti e diftrutti son tutti a furore. Ecco Marfisa che giugne al romore.

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