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ancora che voi non sapete; nondimeno non ho avuto il maggiore, che quando intesi voi esser preso, perchè suhito giudicai che senza errore o causa avessi ad avere tortura, come è riuscito. Duolmi non vi avere potuto ajutare, come meritava la fede avevi in me, e mi deste dispiacere assai quando Totto vostro mi mandò la staffetta, ed io non vi potei giovare in cosa alcuna. Lo feci come fu creato il Papa, e non gli domandai altra grazia che la liberazione vostra, la quale ho molto caro fosse seguita prima. Ora, Compare mio, quello che vi ho a dire per questa è che voi facciate buon cuore a questa persecuzione, come avete fatto all' altre che vi sono state fatte; e speriate che poichè le cose sono posate, e che la fortuna di costoro supera ogni fantasia e discorso, di non avere a stare sempre in terra, e che poi siate libero da tutti i confini. Se io avrò a stare qui, che non lo so, voglio venghiate a starvi qua a piacere quel tempo vorrete. Scriverovvi quando avrò l'animo posato se ci avrò a stare, di che dubito, perchè credo saranno uomini di altra qualità che non sono io, che ci vorranno stare, e io avrò pazienza. Valete.

A di 15 Marzo 1512.

FRANCESCO VETTORI
Oratore a Roma.

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quelle, che erano a lui scritte, specialmente dal Vettori e dal Guicciardini. Oltre esser queste giudiziosissime e piacevoli hanno il merito di illustrare la vita del nostro Autore, e le di lui opere, e porgere gli opportuni schiarimenti a quelle del Machiavelli stesso, che in molti luoghi sarebbero inintelligibili, o almeno oscurissime senza questo corredo.

XI.

1

A FRANCESCO VETTORI.

Magnifico Oratore.

La vostra lettera tanto amorevole mi ha fatto sdimenticare tutti gli affanni passati, e benchè io fussi più che certo dell' amore che mi portate, questa lettera mi è stata gratissima. Ringraziovi quanto posso, e prego Iddio che con vostro utile e bene mi dia facoltà di potervene esser grato; perchè posso dire tutto quello che mi avanza di vita riconoscerlo dal Magnifico Giuliano, e da Paolo vostro. E quanto al volgere il viso alla fortuna voglio che abbiate di questi miei affari questo piacere, che gli ho portati tanto francamente, che io stesso me ne voglio bene, e parmi essere da più che non credetti, e se parrà a questi padroni miei non mi lasciare in terra, io l'avrò caro, e crederò portarmi in modo, che avranno ancora loro cagione di averlo per bene; quando non paja, io mi viverò come io ci venni, che nacqui povero, ed imparai prima a stentare che a godere. E se vi fermerete costà verrò a passar tempo con voi, quando me ne consigliate. E per non esser più lungo, mi raccomando a voi e a Paolo, al quale non scrivo, per non sapere che me gli dire altro.

lo comunicai il capitolo di Filippo a certi amici comuni, quali si rallegrarono che fusse giunto costi a salvamento. Dolsonsi bene della poca estimazione e conto ne tenne messer Giovanni Cavalcanti ; e pensando d'onde questo caso potesse nascere, hanno trovato che il Brancaccio disse a messer Giovanni,

che Filippo aveva in commissione dal fratello di raccomandare al Papa Giovanni di ser Antonio, e per questo non lo volle ammettere; e biasimarono molto Giuliano, che avesse messo questo scandolo, quando fosse vero; e se gli era vero, biasimarono Filippo, che pigliasse certe cure disperate. Sicchè avvertitelo che un' altra volta sia più cauto; e dite a Filippo che Niccolò degli Agli lo trombetta per tutto Firenze, e non so d'onde nasca, ma senza rispetto, e senza perdonare a nulla gli dà carico in modo, che non è uomo che non se ne maravigli. Sicchè avvertite Filippo che se sa la cagione di questa nimicizia la medichi in qualche modo; e pure jeri mi trovò, ed aveva una listra in mano, dove erano notate tutte le cicale di Firenze, e mi disse che le andava soldando che dicessin male di Filippo, per vendicarsi. lo ve ne ho voluto avvisare acciò ne lo avvertiate, e mi raccomandiate a lui.

Tutta la compagnia si raccomanda a voi, cominciandosi da Tommaso del Bene, e andando sino a Donato nostro; ed ogni dì siamo in casa qualche fanciulla per riavere le forze; e pure jeri stemmo a veder passare la processione in casa la Sandra di Pero; e così andiamo temporeggiando in su queste universali felicità, godendoci questo resto della vita, che me la pare sognare. Valete.

In Firenze, a dì 18 Marzo 1512.

NICCOLÒ MACHIAVELLI.

Vol. 8.

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XII.

DI FRANCESCO VETTORI.

Niccolò Compare caro, in otto giorni ho avuto

due vostre, ed ancora che io vi avessi detto non voler. più ghiribizzare, ně discorrere con ragione, nondimeno questi nuovi accidenti mi avevaho fatto mutare di proposito, ma non lo posso fare questa volta, perchè sono sollecitato, che questo fante vuol partire, mi riserberò a farlo con altra. Solo vi dirð questo, che se è vera la tregua tra Francia e Spagna, bisogna di necessità far conclusione che il re Cattolico non sia quell' uomo che è predicato in astuzia e in prudenza, ovvero che gatta ci covi, e che quello si è detto più volte sia entrato a questi principi nel cervello, e che Spagna, Francia, e Imperatore disegnino dividersi questa misera Italia. E se qualcuno che trita le cose dicesse non potesse essere, non gli crederei; e più presto mi accosterei con chi le misura più alla grossa, la qual misura si è veduta più volte ai nostri di riuscire.

Se io non pensassi ai casi vostri, non penserei ai miei, e voglio vi persuadiate questo, che quando vi vedessi accresciuto in onore e utile, non ne farei manco conto che se in me proprio venisse tal benefizio. Ho rivolto meco medesimo se è bene parlare di voi al Cardinale di Volterra, e mi risolvo di no, perchè ancorache esso si travagli assai, e sia in fede appresso al Papa per quello apparisce di fuori, pure ci ha di molti Fiorentini contrarj, e se vi mettesse avanti non credo fosse a proposito; nè ancora so se lui lo facesse volentieri, che sapete con quante cau

tele procede. Inoltre a questo io non so come io fussi atto istrumento tra voi e lui, perchè mi ha fatto qualche buona dimostrazione di amore, ma non come avrei creduto, e a me pare di questa conservazione di Piero Soderini con una parte averne acquistata mala grazia, e con l'altra poco grado; nondimeno a me basta aver sodisfatto alla città, e all'amicizia tenevo con lui, ed a me medesimo.

Se io mi avrò a fermar qui, Pagolo sarà degli Otto (1) potrete ottenere licenzia di venirci, e vedremo se potremo tanto ciurmare, che ci riesca di menarci in qualche cosa; e se non ci riescirà, non ci mancherà trovare una fanciulla che ho vicino a casa, da passar tempo con essa; e questo mi pare il modo, che si ha a pigliare, e presto ne saremo hiari.

*

9 Aprile 1513.

FRANCESCO VETTORI Oratore in Roma.

XIII.

A FRANCESCO VETTORI.

Magnifice Orator.

Ed io che del color mi fui accorto
Dissi, come verrò se tu paventi,

Che suoli al mio dubbiar esser conforto?

Questa vostra lettera mi ha sbigottito più che la

fune (2), e duolmi di ogni opinione che voi abbiate

(1) Antica Magistratura di Firenze per gli affari Criminali. Il Machiavelli non poteva escire dal confino, senza licenza di detto Magistrato.

(2) Questa è la tortura che sofferse il Machiavelli,

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