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prigioni, ciò che il senato interdiceva (28). Questo dovere è uno dei caratteri essenziali della gentilità: così si trova sempre nel formolario corretto dei titoli d'ammissione al paese di Dit-Marson (essendo stato abolito dopo la riforma come contrario alla coscienza il soccorso forzato dal giuramento), l'obbligazione d'accorrere al possibile, in ajuto dei parenti civili allorchè ne hanno bisogno per la costruzione delle dighe, e delle case, o per provvedere a qualunque sorta di disgrazia. Dalla pratica vicendevole di questi nobili offici sarà nato il pensiero di considerare come alleati di sangue gli uni agli altri ed a bell' agio sarà nato una vera opinione di parentela. Certamente non era un dritto puramente locale, ma il dritto comune di tutta la nazione germanica; dritto che si spense in uu' epoca anteriore di molti secoli all' età in cui le sue tribù dominavano in virtù della conquista, e che si conservò unitamente in questo paese solingo ove nessun padrone comandava, nessun schiavo obbediva. Se si fosse smarrita la cronaca in cui sta scritto questo titolo di ammissione, non se ne avrebbe più vestigio.

V' ha un splendido rapporto fra la gentilità dei Greci e quella degli Avi nostri, rispetto ai mantenitori del giuramento di Cuma. Aristotile (29) non ne fa menzione che dal lato dell' accusatore; probabilmente perchè trovava quest' uso ancora più barbaro che il mezzo di diritto usato per la difesa.

A voler discorrere per analogia di ciò che si faceva nell' attica, il numero delle genti o famiglie politiche era. pur chiuso e fermato a Roma da ciascuna tribù. Dionigi racconta che Romolo divise le curie in Decadi (30). Qual altra suddivisione potrebbe mai esser questa se non è quella delle genti? Ve n'ebbero dunque dicci per curia, e le

tre tribù ne inchiudevano trecento. Di modo che queste tribù di genti o di case patrizie potevano pure essere chiamate centurie, come in T. Livio, perchè ciascuna ne conteneva cento. Quivi noi ritroviamo il principio dei nu meri che domina tutte le divisioni romane, tre moltiplicato per dieci; oltre che il numero trecento è nel medesimo rapporto coi giorni dell' anno ciclico (51) in cui sta il numero dei Genos d'Atene coi giorni dell'anno solare. E risponde pur a quello dei trecento padri del Senato, i Senatori delle colonie e delle città furono detti decu rioni, perchè il capo, il consigliere insomma di ciascuna gente era decurione. Prima che Clistene avesse dati cinquanta senatori a ciascuna tribù, ogni Genos dell' attica aveva probabilmente pur anco il suo.

e

Cosiffatti rapporti di numero sono argomento irrefragabile che le Gentes non erano più antiche della costituzione; non erano che corpi di cittadini che il legislatore aveva ordinati in armonia colle sue istituzioni. Convien fare lo stesso pensiero su simili case in Allemagna, incontrando che sono in rapporto regolare di numero tanto nelle città libere che nelle campagne. E chi non sa che nel paese di Ditmarsen ve ne ebbero anticamente non meno di trenta (32). Quindi si conoscevano in Colonia tre classi di cittadini, e ciascuna classe era costituita di quindici di queste case. La prima delle quali mai non si mescolò colle altre, avendo tutta sola nelle mani il governo dello stato. Ed a Firenze pure s' annoveravano settantadue famiglie di questa natura, nè v' ha persona che non sappia ch' erano frammiste in numero eguale nelle tre classi dei signori, dei cavalieri e degli uomini liberi, che nelle città d' Italia costituivano le tribù e le tribù erano il Sovrano. Gl' ordini di Colonia erano costituiti alla medesima foggia. Quindi

cosa,

ho piena fede nelle tradizioni italiane che predicano l' Imperatore Ottone come fondatore della libertà delle loro città; e tanto più mi fortifico in quest' opinione, veggendo ch' egli raccolse in certe congregazioni non dissimili a quelle di cui parliamo, Lombardi e Franchi, altri Germani ed. altri italiani, traendo fuori da quest' assembraglia una cittadinanza libera. La parola schiatta così accomodata alla ne accenna autore un imperatore della Bassa Allemagna e non è se non ciò che il nostro dialetto chiama Schlacht invece del Geschlecht dell' altro Alemanno, che i Lombardi traducevano per Fara. Ne v' era modo più efficace per rompere il torbido potere dei grandi di Lombardia, che appena infranto, fu subito oppugnato da una cagione proporzionata alle sue forze. La sapiente legislazione di Doria sciolse le dissenzioni che traevano in Genova i Fregosi o gl'Adorni a parteggiare, non con altro che col congedare le congregazioni o Gentes, scompartendo quelle famiglie in diciotto alberghi, costituiti per così dire da un nocciolo e da un nome d' un'antica casa. Se questa legislazione uscì tutt' intiera dall' immaginazione di Doria, senza pure un tipo negl' annali della città, io non so quando sia apparsa una più splendida invenzione fra le istituzioni viventi d' una nazione indipendente. L'ordina mento delle Gentes in numero determinato pei comuni d'Allemagna sorse di pari passo colla fadazione delle città. e la divisione del paese in cantoni diversi. Son ben alieno però di stringere in questi termini cosiffatte associazioni; ciò non fu che l'applicazione pratica d'un ordine di cosę esistenti da tempo immemorabile; comune a tutti i popoli germanici, avrà avuto, senza dubbio, prima dell' adozione del cristianesimo, una somiglianza d' indole di più colle forme della società in Grecia e in Roma.

Non v'ebbe nel mondo antico un' istituzione più gem nerale che questa delle genti. Tutta la borghesia era così divisa, i Gefirj, i Salamini, come gl' Ateniesi, i Tuscolani come i Romani; e quando gl' uni o gl' altri erano ammessi a partecipare alla comunione delle città dominanti, non per questo cessavano d'esistere le loro Gentes. Nella costituzione dei municipi che non patirono mutazioni ab antico, e nel istante in cui gli si conferi il dritto di città, queste case o Gentes si saranno tenute in piedi serbando la loro vita politica fino che avranno. potuto tenere qualche importanza nello stato. E forse an che dopo che i tempi e i casi mutarono le case tennero senza dubbio l' intiera possessione dei loro dritti civili e religiosi. Ma lo stato romano, la gran patria insomma nor avea per nulla queste famiglie o Gentes da Municipj in quanto che non aveano vita insieme che pel vincolo di rapporti politici. Le famiglie che componevano le tre antiche tribù erano gl' unici elementi costitutivi dello stato, ed è in questo significato che i patrizj soltanto potevano vantarsi d' avere una famiglia (33). Ciò non toglieva che tanto in Roma che nei Municipj altre migliaja di genti plebee, costituite al medesimo mado, potessero serbare gli stessi diritti della gentilità. E su questo privilegio appunto erano fondate le pretensioni dei Claudi patrizi che soli si credevano d'aver it diritto di succedere ai loro Gentili (34), quantunque una siffatta pretensione tenesse del presuntuoso, specialmente nella circostanza in cui i Marcelli riclamavano un dritto che non aveva nulla di comune colle prerogative politiche delle antiche Gentes o case.

La divisione in Gentes è siffattamente essenziale alla casta patrizia, che l'antica, la vera espressione che la descrive è una circonlocuzione patriciae gentes (35); ma

l'esempio che noi rechiamo mostra in un modo irrefragabile che queste famiglie non si componevano unicamente di patrizj. Quella di Claudio avea in se i Marcelli plebei, che non erano da meno degli Appj per lo splendore delle magistrature, e che erano infinitamente più utili alla repubblica. È evidente che siffatte famiglie plebee sorsero da cattivi parentadi in un tempo in cui non era peranco fisso il diritto di connubio, e dell' eguaglianza dei matrimonj. Ma la famiglia Claudia aveva pure un gran numero di persone che partecipavano al suo nome senza che gli si accordasse molta riputazione (come fu di quel Claudio che cortestò la libertà di Virginia) e forse seguendo delle idee più viete, degli affrancati e discendenti di affrancati come lo dimostra l'esempio che abbiamo testè riferito. È così che presso i Gaeli, i nobili Campbells e vassalli costituivano un clau, gli altri non facevano che appartenervi.

non per

L'asserzione che vuole che il popolo romano non con sistesse in origine che di patroni e di clienti è del novero di quelle che non scemarono di valore se l' applicazione troppo audace che se ne fece. Quanto più è falsa tanto più distrugge la verità storica e disconosce la libertà plebea e l'esistenza del comune. Dall' altra parte ella è tanto più vera pel tempo che ha preceduto la formazione di questo comune, epoca in cui tutti i Romani in grazia della composizione delle Gentes si trovavano scompartite in tribù primitive. Il padre e la madre di famiglia sono patronus e matrona rispetto ai figli, ai domestici ed ai clienti; e questa traduzione è letterale (37). Non si può deł pari spiegare bene come si formarono le relazioni di patroni e di clienti, allo stesso modo che non si può determinare storicamente il principio di Roma. Dionigi fa quivi un paralello della clientela con la Penestie che è la servitù di

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