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scritte ereditariamente nei tocchi che si riferivano a dei quartieri determinati d'una città e che erano di due specie. Dietro i più antichi ricordi quattro di numero erano i grandi ai quali se ne aggiunsero due in progresso; non si può determinare il numero dei piccoli perchè non se ne parla che a caso. Conviene paragonare i grandi tocchi alle tribù, i piccioli alle curie, con questa differenza su cui non può sorgere alcun dubbio che gli uni e gli altri di questi tocchi erano aperti a nuovi cittadini. Erano i luoghi di convegno o le sale o curie che anticamente ebbero il nome di tocchi; ma sotto i re dalla casa d'Angiò furono chiamati seggi. Questi re che disegnarono di fondare sistematicamente la loro usurpazione sulla feudalità e la nobiltà militare, cangiarono la natura dei borghesi Napoletani mostrandosi più che facili ad armare cavalieri non solo gli uomini bennati ma pur anche quelli che non erano che doviziosi; e siccome la nobiltà forestiera che abitava la capitale si faceva inscrivere nei seggi, avvenne che nel medesimo tempo in cui tutte le città vedevano prostrarsi la potenza delle famiglie, s' introdusse in Napoli un nuovo modo di nobiltà. Conviene però che i nuovi inscritti siano entrati immediatamente nei sei grandi seggi; giacchè i piccioli smarrirono a poco a poco essendosi spento del pari, come è solennemente comprovato il picciolo numero delle famiglie che li costituivano.

Quindi non rimasero che i sei grandi seggi, e questi per la fusione di due di loro, si ridussero a cinque ciò che intervenne probabilmente per mettere un posto sotto all' arbitrio del comune, a cui erano chiuse le tribù divenute nobili, e che non potevano prosperare per alcuna istituzione di signoria, mentre che i re aveano d' uopo di loro per ajutarsi contro una nobiltà sediziosa.

Niebuhr T. II.

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Non per questo si volle inferire che tutti i cinque seggi nobili fossero chiusi; ma era così malagevole di penetrarvi fino ai gentiluomini stessi che il numero delle famiglie si andò sempre più restringendo, e che sempre più crebbe quello d'una nobiltà che posseditrice nella città, era pel grado, e per la dignità eminente a parecchie di queste famiglie, senza però essere accolta nei loro seggi. Tale dovette essere per quel che stimo lo stato di Roma quando il riformatore che noi chiamiamo Tarquinio Prisco, volle creare delle nuove tribù. A Napoli la nobiltà di cui abbiamo discorso si volse ai re di Spagna perchè gli fosse fatta abilità di formare un nuovo seggio per miseri che fossero i privilegi d' un patrizio napolitano di quel tempo. Questa ragionevole istanza fu non favorevolmente accolta dall' oligarchia che non acconsenti che questi nobili fossero scompartiti fra gli antichi; ma poco a poco cesse dal primo rigore e compatì qualche eccezione. Stettero le cose in questi termini sino che il governo rivoluzionario del mille settecento novantanove aboli i seggi e gli eletti, e che il governo ristaurato si approffittò volontieri di questa abolizione come di ogni altro corpo che fosse stato capace di opporre all'arbitrio altrui soltanto un' ombra di resistenza. D'altronde questo ordinamento municipale era divenuto da lungo tempo così abusivo, ed eziandio dannoso, che la sua venerabile origine non commosse il cuore di persona, ne fu mai più desiderata d'allora in poi.

Chiunque apparteneva ad una famiglia inscritta avea dritto di suffragio nel seggio in qualunque luogo avesse avuto i suoi possessi; ed a dir vero era più presto una rappresentanza dei baroni di tutto il regno che una nobiltà cittadina.

Se Napoli fosse stata capitale della sola campagna, se la sua costituzione fosse stata svolta, condotta virilmente a perfezione, le ottines del popolo sarebbero riescite tribù plebee come intervenne in Roma al comune che ottenne una costituzione onde furono più fiorenti le forze vitali della repubblica,

IL COMUNE E LE TRIBU' PLEBEE.

ma

L'ordinamento che si posa su certo numero di case, si costitui od ebbe il suo principio (175) dai comuni accanto ai cittadini o a campagnuoli sovrani. I membri di questi co¬ muni erano non solo riconosciuti dagli uomini liberi, altresi dagli abitatori naturali. Erano come gli altri proțetti contro lo straniero, partecipi del diritto comune e potendo far acquisti di terre, Essi avevano insomma i loro statuti ed i loro tribunali, e nelle guerre erano tenuti al servizio militare, ma però esclusi dal governo ch' era ristretto alle famiglie (gentes) (174).

Benchè l'origine dei comuni sia assai diversa in diversi luoghi si mescola nella maggior parte delle città al dritto dei suburbani (175). Si è quello degl'abitatori della banlieue ossia contado. Il comune prendeva aumento ed importanza allorchè una cittadinanza acquistava una terra, delle città o delle ville. L'antichità acconsentiva volontieri a queste terre o distretti dritti e libertà comune e più facilmente a quelli che venivano dalla campagna a soggiornare in città, i quali tutti di diversa condizione erano signori e uomini del comune. Si vedevano pure entrar nel comune degli uomini liberi di città forestiere con cui s'era stretti per

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reciprocanza di diritti civili, non che degli schiavi che si riscattavano a beneplacito de' loro padroni. Il comune composto d'una miscela d' elementi sì varj, teneva a giusto titolo il proprio nome dalla propria intima essenza.

L'antichità faceva poco conto del commercio e dell' industria delle città più vaga dell' agricoltura che d' altro, dove il medio evo nella stima che faceva delle arti tenea all' incontro un opposto cammino. Onde avvenne di spesso che i distretti assunsero la natura del comune, dove invece nel medio evo gl' abitatori del contado furono assai di rado assunti alla società, costituendo però nell' intimo del recinto una compagnia di arti. L'urgenza delle necessità comuni li moveva a stringersi in corpi, che serrati in bre➡ ve spazio svolgevano una forza di vita che mancava al popolo della campagna. Ma la natura di questi corpi diede alle rivoluzioni che fecero trionfare i comuni nel medio evo un ben altro carattere che non ebbero quelle dell'antichità, perchè procacciando ai demos ed alla plebs prima la lię bertà, poi la preponderanza nello stato, furono ben diversi gli effetti che ne sortirono. Il governo delle arti non fu di spiriti guerrieri come lo nota Machiavelli a proposito di Firenze, quello dei campagnuoli all' incontro promosse la costanza e il coraggio come avvenne a Roma.

Demos, plebs o comune sono parole eguali e d' egual natura in opposizione alle case o gentes. Ma se si vuole avere un' imagine di ciò ch' erano i plebei e del posto che occupavano appetto ai cittadini si potrà, per scegliere un facile esempio in luogo di molti altri, star contenti all' esempio di Zurigo all' epoca che precedette il cambiamento per cui il governo fu confidato ai maestri delle arti. E quindi facendosi un concetto delle campagne nei limiti del presente cantone, si vedrà che la nobiltà coi proprietari

liberi e le città dipendenti non furono che una compage inseparabilmente congiunta alla capitale, di modo che le case danno forma ad una parte dello stato, e che gli uomini liberi spettanti al comune fanno corpo cogli abitanti della campagna.

Inoltre la differenza che corre fra il comune delle città con quello delle campagne non muta per nulla il paralello consegnato alla storia delle costituzioni libere delle due età d'oro delle città o cittadinanze. Nell' una e nell' altra epoca questa storia non è che la gara fra le case e il comune. Quest' ultimo sentendosi più poderoso e maturo per l'esercizio del potete, riclama una costituzione e l' egualità dei diritti; le case all' incontro vorrebbero tenerlo nell' oppressione e nel servaggio. Ma la tenzone non era pari: da un lato una potenza che s'allarga e cresce senza posa; dall' altra una potenza che ha gli ordini chiusi, e che si consuma da sè. Così quando il comune sottostette ciò non fu che l'effetto di un vantaggio fortuito accompagnato da violenza, per non dire che fu l'effetto di qualche grande infortunio da cui si seppe trarre abilmente profitto. Una siffatta vittoria per parte delle case era tutto ciò che poteva intervenire di peggio perchè d' allora degenerarono sempre e sotto la lor potenza senza fine la cosa pubblica rovinava moralmente e politicamente come toccò a Norimberga. Nei luoghi ove la querela si ventilò con dolcezza, ove delle transazioni condussero l'equilibrio si videro nascere dei tempi felici, che sarebbero durati più lungamente, se l' aristocrazia rigenerandosi avesse voluto assicurarsi la vita. Ma invece ella degenerò in oligarchia, onde le sue forze si dileguarono a petto dei comuni così pieni di vita. Bene spesso la lotta fu accompagnata da una grande ferocia quando un inflessibile orgoglio s' ostinava a hon voler conoscere i diritti d'un ordine di cose che sta

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