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IN ORDINE DI PARAGRAFI

Secondo l'amore e lo studio, che ora prendesi da`mo

derni dell'antica civiltà, ella fu nostra. Per rinvenire adunque la materna origine de' più vecchi vocaboli del volgare non deesi andarne alla cerca fuori d'Italia. §. 1.

La lingua degli etruschi si voltò per tempo in dialetti. Quello della Toscana ritenne il nome della madre. Da così fatti dialetti si formò la favella de' romani; co'quali i greci, prima della presa di Taranto, non mai si rimescolarono. L' andata de triunviri in Atene, per qualunque conto, non viene contro la proprietà dell'antica pulitezza. Laonde i latini furono di lingua e di civiltà italiani. §§. 2-7.

Ogni antica lingua per gli ordini aristocratici fu divisa in nobile e volgare. Quella degli antichi patrizj di Roma si formò delle nobili de' circonvicini, e tennesi ancora quando si resse a repubblica. Sempre si conservò non di meno in Roma tra la plebe l'uso degli antichi volgari, molto più nelle altre terre. I volgari non nacquero per corruzione dalle lingue nobili, ma elle da'volgari per arte e studio de' patrizi. §§. 8-12.

Caduto l'imperio di Roma in occidente, la lingua nobile passò come ancella in piacere degl' imperato

ri. Piuttosto che madre ella per avventura fu figliuola de' volgari, la più giovane di tutte e la meno parlata. Convenevolezza dell' uso, che ne fa la chiesa cattolica. I conquistatori impararono i nostri dolci volgari, tratti dalla bellezza e utilità delle cose e delle costumanze. Vincitori di membra già indebolite, furono vinti dall'italiana civiltà e dalla religione. La donna tolta di schiavitù, massime per il culto della Vergine, diventò ministra di cristiana redenzione. §§. 13-17.

Ogni dialetto si poteva levare al lustro della nuova civiltà. Fu gran provvedimento de' cieli che andasse per la maggiore il fiorentino, acciocchè l'Italia non si fosse divisa per favelle. Ricco e adorno delle grazie etrusche, potè ritrarre le nuove opere dell'arte in Firenze. Quivi battezzato in Cristo, fu il primo fra tutti i volgari del mondo, che desse le forme alla cristiana civiltà Quivi pure, caduto anche l' imperio nelle parti orientali, rivestì di sè la rinascente pulitezza. §§. 18-21.

Il nostro volgare, come dialetto della comune madre lingua etrusca, è in sostanza italiano; come il più puro e il ripulito e battezzato a Firenze, è di candore, di arte e di civiltà fiorentino. Ottimi provvedimenti dell' Accademia. Modo che ella tiene di crescere d'italianità e di grazie, con amore e pace di tutti, il patrimonio della lingua. Falsa distinzione, per rispetto al volgare, delle parole nobili dalle plebee. Il troppo raffinamento del volgare per filosofia è di danno all' arte. Il volgare è acconcio ad ogni scienza. La cagione, onde non si voleva ricevere tra gli scienziati, fu detta dall' anima di Giusto il bottajo. Mala genìa di quelli, che, nemici del

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l'italianità delle lettere, le imbrattano di stranezze. Modo, che avrebbe l'accademia di guardarle. Regola per recare nel vocabolario le parole moderne. §§. 22-28.

Nostra essendo la lingua, nostra pure è la civiltà, che rappresenta. Dall' amore della natia parola s' ingenera l'amore delle nostre arti, delle costumanze e della patria. Ogni popolo tiene del suo modo di pensare; onde nasce la diversa maniera dello stile. Che cosa e quanto importa scrivere italianamente. Il nostro volgare prende più volentieri la volta con lo stile de greci, che con quello de' latini. Messo in non cale lo studio della nostra lingua, abbiamo perduto l'amore delle nostre usanze e delle arti; postolo in quelle de' forastieri, ci siamo ridotti anche della mente in loro servitù. Quanto danno viene a' discepoli ed alla civile famiglia quando l'ammaestramento delle lettere va a mano di poco esperti maestri. Fa gran maraviglia che dagli scrittori in politica non siasi fatto gran conto della virtù della natia parola. Dice l'Alighieri che la mossa de' malvagi uomini d'Italia, che commendano il volgare altrui e il proprio dispregiano, viene da cinque abominevoli cagioni. §§. 29-34.

La lingua nostra, che fu già paragonata ad una bella e vaga donzella, se rivestesi delle altrui forme, perde di bellezza, come gli strani vezzi e gli arnesi, non dicevoli a donna italiana, la menano in brutto. Discorso d'una chiara donna, mossa di pietà e amor di patria, a incitamento delle nostre arti e mestieri. §§. 35—40.

La bellezza e la verità sono due raggi dell'eterno lume, che inducono a concordia. Non può l'uno es

sere oscurato, senza offuscare anche l'altro a danno della pace. Il dispregio del nostro bel volgare ne vien conducendo a ricevere in filosofia e in divinità gli errori, onde spesso gli altrui parlari sono imbrattati. La fede luterana per sè non mena a civiltà. A tenore dell' eresia, che ha in dispetto l'autorità, non sarebbe possibile l'istoria. La ragion naturale si rischiara per autorità e lume di fede. Anche le scienze, che procedono per metafisica, per nascere e andare innanzi, hanno di mestieri dell'autorità. Senza della quale non potrebbe aver principio nè l'ammaestramento, nè l'umanità. Secondo eresia, che ha per niente le primitive tradizioni della chiesa, non avrebbero potuto nascere, non che venire a perfezione, le arti, le scienze e le leggi scritte; onde procede tutto il lustro e la felicità de' pepoli. Hanno tutte le lingue assai parole, che mostrano le più antiche tradizioni e consuetudini de' popoli. Per il che Giambatista Vico fece l'istoria del mondo delle menti umane. Il volgare, dice l'Alighieri, seguita uso. Le parole adunque non vogliono essere interpetrate ad arbitrio. Errore di alquanti, che riprendono l'accademia di alcune pratiche. §§. 41-45.

L'uomo è dagli eretici considerato a mezzo, ed è rotto il legame tra le creature e il Creatore. Convenevolezza del rito della chiesa. Gli eretici, secondo loro dottrina, dovrebbero condannare la virtù dell' esempio, spogliar la lingua de traslati, delle similitudini, e di qualsivoglia altro pregio, dove più sta il vivo delL'arte. Conforme all'ereticale insegnamento, gli uomini,

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per via ordinaria, non sarebbero mai venuti nè a fede, nè ad umanità. L'arte è ajuto della fantasia per piacere all' intelletto. Convenevolezza del culto delle immagini. Risposta del Leopardi. §§. 46-49.

Ribellatasi la parte men nobile dell'uomo alla signoria della più nobile, ne seguitò anche nell'umana famiglia l'effetto del peccato, che è disordine e divisione. Le arti eziandio caddero nella schiavitù della materia. Donde riscattate per l'Incarnazione, diventarono ministre di salvamento e di conforto. Il culto della Vergine Madre riunisce le famiglie e le nazioni. L'inno de' dolori posto in musica dal principe degl' italiani maestri, e cantato a solenne spettacolo di cristiana fratellanza. Alquanti degli eretici, tratti dalla divina bellezza delle arti, ritornano a fede. Disconvenevolezza delle immagini della Vergine e de' Santi nelle bandiere delle armi. §§. 50-52.

Mostra il filosofo chiarissimo che il cristianesimo riconduce l'uomo inverso i suoi principj, restaurandone la natura. Le arti e le lettere vanno d'accordo col cristianesimo. Suo effetto nell'arte è la restaurazione del sublime. Negli ordini del bello rifece e perfezionò la scala naturale de' tipi. Purifica sì le arti, come il vivere privato degli uomini. Il tipo cristiano, oltre il sommo esemplare dell' Uomo Dio, ha quello della Donna, dell' Angiolo e del Santo. Come le arti sparpagliate si riunirono nella cattedrale, così le lettere scompigliate entrarono di concordia nell'epopea. Il cui perfetto esempio è la divina commedia dell'Alighieri, uomo filosofo e teologo cattolico. §. 52.

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