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lo sostengono. Ma, come era paradossale in tutto, cosí fu paradossale in religione, e vedremo, esaminando i Quattro libri di Dubbii, che, fra quelli religiosi, ve ne sono alcuni che accennerebbero a una sua propensione verso il protestantesimo, mentre altri non si dipartono dai precetti della Chiesa cattolica. E come si beffava di tutto e di tutti, cosí si beffò talvolta di ambedue le religioni, pur dimostrandosi in molte delle sue opere uomo religiosissimo. E come di tutti gli ordini sociali, di tutte le condizioni di vita, di tutti i generi di persone disse male e satireggiò, cosí sparse a larghe mani invettive e ironia sui monaci, sugli abati, sui vescovi, sui cardinali. Venne il concilio di Trento, furono eletti dei prelati che compilassero l'indice, trovarono nei libri di Ortensio delle contradizioni, delle satire violente contro gli ecclesiastici, fors' anche delle proposizioni veramente erronee; trovarono d'altra parte alcune opere di Geremia Lando, non solo pericolose, ma eretiche addirittura; credettero che Ortensio e Geremia fossero una sola persona, e sentenziarono: Hortensius Tranquillus, alias Hieremias, alias Landus sia compreso fra gli Auctores primae classis 1.

1 Che l'Indice abbia voluto colpire, non solo i libri ereticali di Geremia confuso con Ortensio, ma quelli di Ortensio medesimo, almeno alcuni, apparisce chiarissimamente da una lista di libri proibiti pubblicata da Salvatore Bongi negli Annali di Gabriel Giolito de' Ferrari, vol. I, fasc. I (che è il vol. XI degl'Indici e Cataloghi pubblicati dal Minist. della pubblica istruz.), Roma, 1890. << Era questa [la succursale del Giolito a Napoli] stata un tempo affidata ad un tal Pietro Ludrini bresciano, poi ad un Gio. Battista Cappello bolognese. Ora il Ludrini, mosso dallo spirito di

Tale maniera di spiegare le cose a me sembra la piú naturale. Ortensio non fu un eretico, ma non fu neppure un credente. Qui credo che dicesse il vero Giov. Angelo Oddone, quando affermava essere stati i suoi costumi minime religiosos. Né diverso, quantunque ancor più severo, anzi eccessivamente severo, è il giudizio di Cesare Cantú che, dopo aver chiamato il Lando « paradossale ed empio », dopo aver definito i Paradossi un « empio e licenzioso imbratto », dopo avere affermato che il Dialogo sulla Sacra scrittura « ribocca di proposizioni erronee, che lo mostrano piú ignorante che ardito », aggiunge: « ma se della sua religione non può dirsi che male, non sembra professasse la nuova; e chi lo asserí lo ha probabilmente confuso con Geremia Landi di Piacenza »2.

vendetta per essere stato licenziato, denunziò il Cappello, succedutogli nell'impiego, di tener libri proibiti, e ne dette la lista all' Inquisitore napoletano. Onde fu imprigionato il Cappello e processato; rimanendo involto nell' accusa anche il Giolito, che fu chiamato innanzi al Santo Uffizio di Venezia » (pag. XLV). Come appendice all' Introduzione, il Bongi riporta i documenti del processo, fra cui la lista dei libri proibiti consegnata dal Ludrini fratri Valerio Malvicino. E in essa lista è compreso il Dialago del Lando, che, come annota il Bongi, non può esser altro se non il Dialogo sulla sacra scrittura di Ortensio Lando» (pag. LXXXVIII).— Nei medesimi Annali poi, vol. I, fasc. III, pag. 369-70, il Bongi ritorna un poco sull'argomento e dice che nell' Indice di Parma del 1580 si trovano « espressamente nominati i Paradossi, la Sferza degli scrittori, il Dialogo sulla lezione delle sacre Scritture (che si considerava addirittura come uno scritto protestante) e i Quattro libri di dubbii ».

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2 Gli eretici d'Italia. Torino, Unione tipografico-editrice, 1865. Vol. III, pag. 44-45.

II.

La fama di Ortensio Lando.

<< Non è certo senza grande maraviglia nostra, che un uomo il quale intratteneva corrispondenza con personaggi d'alto affare e con letterati di molto nome, autore di libri singolarissimi che per la novità e la stranezza delle opinioni menarono gran rumore, non avesse alcuno frai contemporanei che almen facesse ricordo delle principali vicende della sua vita. Ma il vero è che nei molti libri che consultammo, appena ci è venuto fatto di leggere da quando a quando il suo nome, come scrittovi a caso ». Cosí, molto giustamente, Salvatore Bongi'. È infatti strano ed inesplicabile questo quasi generale silenzio dei contemporanei e questa quasi assoluta mancanza di notizie riguardo ad Ortensio: tanto piú strano ed inesplicabile, in quanto che dalle espressioni delle poche lettere che ci rimangono a lui dirette o dove si parla di lui

1 Loc. cit., pag. xxii.

si rileva che veramente egli dové godere al suo tempo di non piccola fama.

Io, gli scrive Pietro Aretino, « non invidio la dottrina di cui sete vaso, per non esser lecito di portare aschio a uno spirito nel quale si è compiaciuto la natura e lo studio »; e più sotto: « ogni cosa sarebbe colui che pareggiasse voi: io parlo in quanto alle lettre, nello essercitio de le quali ottenete il principato; come anche ne i costumi e nella modestia » ; e piú sotto ancora: < certo che è miracolo la somma de le vertú, che vi arricchiscono d'un thesoro che non teme furto né ruggine; e, per piú vostra letitia, il lor Sole apparisce ne i giorni de la gioventú che vi regge con le gravità senili »1. In un'altra lettera, in data « Di Agosto in Vinetia M. D⚫L», alludendo senza dubbio alla Sferza degli scrittori venuta in luce quell' anno stesso, gli rivolge grandissime lodi: « Signore Hortensio, anchora che in tutte l'opre date in luce dalla cortesia vostra prestante si vegga felicità d' ingegno, grandezza di studio et eccellenza di Dottrina, quella invero che si deveva batezare fulmine de i poeti è terribilmente mirabile e mirabilmente terribile, imperò che anche i lodati da lei rimangono nello spavento che si restano coloro ai quali cade appresso de i suoi piè la saetta..... vi essorto alla sollecitudine del porre in publica luce dell'altre compositioni, conciosia che niuna opra piú cara non par che si legga in commune: onde giurano i saputi che in esse consistano le sotilità dialetiche, le

1 Lettere di Pietro Aretino. Parigi, 1609. Vol. II, car. 311. La let-tera porta la data « Di Vinetia il XII di Aprile MD XXXXII. ».

sententie philosophiche, le elegantie delle poesie, le memorie de i legisti, le voci de i tragici et i gesti de gli accademici. E però arricchitene il mondo et il secolo che si stupisce del come lo stile di voi hora è mansueto e piacevole, hor penetrativo et arguto et hor pieno di efficatia e di forza »1.

Il medesimo Aretino, in un sonetto che, a richiesta dello stesso Ortensio, scrisse perché fosse posto, come fu infatti, dietro alle Lettere di molte valorose donne, dice che egli è

Lampa alle piú dotte Scole

Et chiaro Heroe delle Scienze Invitte.

In una lettera al Dolce, del 1553, colla quale gli accompagna due sonetti che il Dolce gli aveva chiesto per mezzo del Lando, chiama quest' ultimo « non meno gentile che dotto »2; e, in quella al vescovo di Sinigaglia, che abbiam già citato, gli dà il nome di « chiaro, eletto, alto spirito »3.

3

Girolamo Parabosco gli scriveva: « vorrei ancora che desideraste che altri, per mezzo del mancamento, s'alciasse al grado dove voi con la carestia di tutte le cose sete salito: nella qual cosa io specchiandomi, mi soglio spesse volte confortare, pigliando speranza di potere ancora far qualche frutto virtuoso malgrado

1 Ivi, Vol. V, car. 307-307 t.

2 Ivi, vol. VI, car. 165.

3 Ivi, vol. III, car. 23.

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