Immagini della pagina
PDF
ePub

vere con degna e lodevole emulazione la gloria, e'l progresso della lingua illustre d'Italia. Questa nobile cura è al certo di tutti gl' Italiani ben degna, perchè giusta l'espressioni del grande Allighieri, (che dello stato di tal lingua a' suoi tempi parlava, come noi dir possiamo dei nostri ), la medesima in ciascuna città appare, ed in niuna riposa....ed è di tutte le Città Italiane, e non pare che sia di niuna.

E mentre molte città di particolari pregi in ciò si vantano; non potrà invidiarsi al nostro suolo quella gloria tutta propria, che lo stesso Dante gli attribuiva, di aver contribuito cotanto al primo lustro della comune lingua, mentre essa ancor bambina nella sua culla vagiva. Fra noi in fatti era fissata in gloriosa sede la splen¬ dida Corte di Federico II. Imperadore e Re, ove i più colti ingegni di quella età accorrevano; e così tutto quello, che in Italiana poesia si scriveva, compariva primamente in questa Regia sede, e Siciliano appellavasi (1). Or mentre da

genza, che lo distingue, attende a preparare un grandioso lavoro critico su tutta la Divina Commedia, al quale invita tutti i dotti Italiani, onde vi concorrano con le loro studiose ricerche.

[ocr errors]

(1) DANTIS ALIGHERII De vulgari Eloquentia, cap. x11. Sed hæc fama Trinacriæ terræ...videtur tantum in opprobrium Italorum Principum remansisse... Siquidem illustres heroës Federicus Caesar, et bene genitus eius Man

per tutto in Italia, e fuori di essa, e fuori di essa, si attende da' dotti a ricercare tra la polvere delle Biblioteche antiche carte e pergamene, onde trarre dall'abbandono, in cui sono sì lungamente giaciute, alcune opere, o frammenti, o lezioni varianti, che appartener possono a que' sublimi scrittori, che sin dalle fasce la lingua Italiana abbellirono, e come padri dell' Italiana Poesia noi veneriamo è ben giusto, che i Napolitani, e i Siciliani concorrano anch' essi con pari impegno ad opra sì degna e lodevole.

:

Debbo quindi congratularmi sommamente con Lei, Ornatissimo Signor Marchese, che entrando con magnanimo zelo a percorrere con non minor frutto che diletto, questo luminoso aringo, ha prese. particolarmente di mira la Divina Commedia, fermandosi dottamente al critico esame delle varianti di essa, e le sue prime cure letterarie rivolgendo alle illustrazioni di que' grandi uomini, che prima degli altri ad esporla e rischiararla co' loro Comenti occuparonsi. E siccome tra co

fredus...corde nobiles, atque gratiarum dotati, inhaerere tantorum Principum maiestati conati sunt: ita quod eorum tempore quiquid excellentes Latinorum (h. e. Italorum) nitebantur, primitus in tantorum Coronatorum aula prodibat; et quia regale solium erat Sicilia, factum est, quidquid nostri prædecessores vulgariter protulerunt, Sicilianum vocatur: quod quidem retinemus et nec posteri nostri permutare valebunt.

nos,

(

storo, dopo Jacopo e Pietro, figliuoli di Dante, primeggia il Cavalier Bosone da Gubbio, personaggio quanto altri mai celebre al tempo di Dante, e di lui Protettore, ed intimo amico; si accinge Ella a prestare un grato servigio all'Italiana letteratura, riproducendo il di lui Capitolo, ossia Epitome delle tre parti di quell'immortale Poema, dopo averlo esaminato e corretto colle varianti tratte dal rispettabile Codice Cassinese, ed arricchito delle sue dotte illustrazioni ed osservazioni critiche.

Parlando così tra noi di Bosone, e della sua letteraria, e politica celebrità, io ebbi l'onore di dirle, che un importante di lui Sonetto, per quanto sembrami, inedito, trovavasi in un codice di questa Real Biblioteca Borbonica; e che alcune biografiche notizie appartenenti al medesimo avea io messe insieme, raccogliendole dal Raffaelli, dal Mehus, dal Bandini, e da altri scrittori, col disegno di stendere una Memoria, che servir potesse di accompagnamento al divisato sonetto, che sembravami degno di esser dato alla luce. Tosto mi manifestò Ella il dotto suo desiderio, che le comunicassi questo cimelio, ed anche la mia Memoria sopra la Vita, e le Opere di BosoNE NOVELLO: ed io con grandissimo piacere, e senza verun ritardo, corrispondendo alle sue gentili ed obbliganti premure, avendone ottenuto il permesso de' Superiori, ben volontieri le invio tanto il divisato Sonetto, quanto

il mio qualunque lavoro, onde possa Ella giudicarne, e farne quell' uso, che nella sua saggezza crederà più conveniente.

Spero intanto, che non le dispiacerà di trovare al detto sonetto anche unito quello di Manuel Giudeo, del pari inedito, che serve di risposta ad altro Sonetto, già conosciuto, di Bosone; e credo bene di aggiungere al medesimo tre altri inediti Sonetti dello stesso Manuello, uno de' quali dal medesimo Regio codice vien presentato, e gli altri due trovansi ne' codici della Biblioteca Barberina. Mi permetta pure che accompagni questi quattro sonetti con alcune ricerche e congetture mie sopra l'anzidetto, e quasi ignoto Poeta appassionato amatore di Dante.

Parecchi anni indietro mi riuscì di trovare siffatti sonetti in un codice cartaceo di questa Real Biblioteca Borbonica (segnato col num. della Scansia XIII. E. 5.), ove contiensi la Vita nuova di Dante; cui segue un' ampia Raccolta di poesie di quel padre illustre dell' italiana pocsia, di Guido Guinizelli, di Guido Cavalcanti, di Cino da Pistoja, e di altri antichi poeti (1).

(1) Il nostro Codice è cartaceo in foglio. Sembra scritto in caratteri della fine del XV, o del principio del XVI Secolo; e vi sono delle addizioni in caratteri anche poste-riori. È di carte scritte n. 201. La Vita nuova di DANTE ne occupa i primi 27 fogli. Seguono poscia varie Canzoni, e Sonetti del medesimo. Indi varie scelte poesie di

Fra tali poesie per ora mi sembrano degni di essere pubblicati in preferenza tre Sonetti, uno cioè di Messer Bosone da Gubbio, e due di Emanuele Giudeo, cui potranno andare uniti due altri, che allo stesso appartengono, e trovansi ne' Codici Barberini.

Fu BOSONE a' quei tempi uno de' personaggi più insigni d' Italia; ed i suoi meriti letterarj, e le opere, che di lui ci rimangono, ne rendono tuttora celebre il nome. Il secondo ha un nome assai oscuro; ma pure io m' impegnerò di cavarlo da quel tencbroso obblio, in cui trovasi involto: e tutto ciò gioverà a portar chiarezza maggiore ad un Sonetto di Cino da Pistoja, che non è ancor rimasto come conveniva, illustrato, anche dopo le dotte cure e congetture del Ch. Seb. Ciampi.

Tra le poesie di Messer Cino, che ha egli raccolte, disposte, e pubblicate nella bella edizione di Pisa presso Niccolò Capurro nel 1813 in 8.o, leggesi un sonetto di detto poeta a Messer Bo

Guido Cavalcanti, di Cino da Pistoja, e di altri antichi Poeti Toscani, fra' quali vi sono quelle di Messer BOSONE DA GUBBIO, e di MANUEL GIUDEO. Sul cartone della coverta, dalla parte interna di detto Codice, vedesi scritto di antico carattere, simile a quello di alcune poesie, che trovansi in fine del Codice stesso - Di Silvio Pontevico MDLXXX. Sarà forse pervenuto a quel tempo nelle mani di tale possessore, di cui abbiamo una Canzone nella Scelta di Sonetti e Canzoni de' più eccell. Rimatori, Bologna 1709. P. I. pag. 500 - 503.

« IndietroContinua »