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COPO O ALIGHIER Í.

JACOPO

DA Dante Alighieri e da Gemma di Manetto Donati nacque Jacopo, il quale attese alla poesia sotto la disciplina di Paolo dell' Abaco, uomo assai dotto di que' tempi, e che molto dilettavasi di comporre in rima. Sommamente il nostro poeta profittò sotto tale maestro, al quale diresse un Sonetto che leggesi ne' saggi riportati dal Crescimbeni nella sua Storia della Volgar Poesia, e che abbiamo pur voluto qui riportare, così credendo di far cosa grata a' nostri leggitori, onde vieppiù cono⚫ scessero il modo del poetare del figliuolo del poeta fiorentino. Ei fiorì nel, Pontificato di Giovannni XXII, e al tempo in cui Ludovico Bavaro venne di Alemagna in Italia per essere coronato imperatore, cioè intorno all'anno 1328; ai quali Principi sopra tal coronazione scrisse egli una canzone, che trovasi manoscritta nella Chigiana in Roma al cod. 580, unitamente ad altre sue rime. Altre pur ve ne ha in Roma nella Biblioteca Vaticana,

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e nella Strozziana e Laurenziana in Firenze: ma la sua più bella fatica, secondo il Crescimbeni, e come bene si avviserà senza dubbio chi fassi a considerarla, fu di ridurre in terza rima la Commedia del genitore, e scoprirne l'ordine e la condotta. Questo Capitolo, come fu per noi innanzi detto nell'avviso al lettore, fu impresso in fine della rarissima edizione della Commedia suddetta

stampata in Venezia per Vendelin da Spira nel 1477, con un comento attribuito a Benvenuto di Imola della quale edizione giovossi pure il raccoglitore Palermitano delle antiche rime toscane pe' tipi di Giuseppe Assenzio nell'anno 1817. Gli Accademici della Crusca citano di lui una poesia divisa in più capitoli, ed intitolata il Dottrinale nella quale viene egli discorrendo dell' essenza e compositura dell' universo, e dell' abito delle nostre virtù. Uscì questa per la prima volta alla luce nella su menzionata raccolta dell' Assenzio, copiata dal manoscritto che trovasi nella Riccardiana in Firenze.

A"I

GAPITOLO

DI

JACOPO ALIGHIERI.

་་་་་་་་་

O voi (*) che siete del verace lume
Alquanto illuminati nella mente,
Ch'è sommo frutto dell' alto volume:
Perchè vostra natura sia possente

Più nel veder l'esser dell' Universo,
Guardate all' alta commedia presente,
Ella dimostra il simile, e 'l diverso,

Dell' onesto piacer (**), e 'l nostro oprare,
E la cagion che'l fa o bianco, o perso (1).

Ma perchè più vi debbia dilettare

Della sua intenzion entrar nel senso
Com'è divisa in sè vi vò mostrare.
Tutta la qualità del suo immensó

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VARIANTI E COMENTO.

(*) Ms. Cass. O voi che siete ec. ec.

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Vendel.

de Rom.

(**) Ms. Cass.

Vendel.

Voi che siete ec. ec.

O voi che siete ec.

Dell' onesto piacer ec. ec.

Dell' onesto piacere ec. ec.

de Rom. E di nostro piacere, e operare.

(1) Lo stesso Dante nel convito dice che perso, è color misto di purpureo e di nero, ma vince il nero e da lui si denomina V. Inf. C. V. nota al v. 89. ediz. di Milano,

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E vero intendimento si divide

Prima in tre parti (1) senz2 altro dispenso.
La prima vizïosa dir provide,

Però che prima e' più ci prende, e guida;
E già Enea cum Sibilla il vide:

E questa (2) in nove modi (3) fu partida
Sempre scendendo, e menomando il cerchio,"
Dove il maggior peccato si rannida.

Sovra di questi nove per coperchio,
Senza trattar di lor, fa divisione

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Di quei che sono al mondo senza merchio (4),

VARIANTI E COMENTO.

(1) Nell'Inferno, Purgatorio, e Paradiso.

(2) Cioè la parte viziosa.

(3) In nove modi, cioè in nove circoli.

(4) Senza merchio, cioè senza marca di lode, e intende i malvagi; e di essi parla dal principio del capitolo sino al v. 70. E poi ch'a riguardar ec. dello stesso capitolo.

Queste due terzine nell'edizione del de Romanis si leggono aumentate a tre, come, siegue:

» E questa în nove modi fu partida

» Sempre di male in peggio sino al fondo
» Ove il maggior peccato si rannida.

» Con propria állegoria formato è 'n tondo

» Sempre scendendo, e menomando 'l cerchio,

>> Come conviensi all' ordine del mondo

» Sopra di questi nove per soperchio

» Senza trattar di lor fa digressione

» Di quei che son nel mondo senza merchio.

Perchè fare una tale aggiunzione all'originale? Il senso al certo non è oscuro.

Poscia nel primo (1) senz' altra ragione

Che d'ordine di fè (*) mostra dannati
Que' ch'hanno l'innocente offensione (2).
E que' che son più dal voler portati

Di lor disii, che per ragione umana (**)
Son nel secondo (3) per lei giudicati :
Nel terzo quella colpa (4) ci dispiana

Con proprii segni ch'ha dal giusto inizio,

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VARIANTI E COMENTO.

(1) In questo cerchio tratta l'autore di Acheronte, primo fiume dell' Inferno, e di Caronte navicellajo di questo fiume.

(*) Ms. Cass. Che d'ordine di fè moetra dannati.

Vondel. Idem.

de Rom. Che d'ordine di sẻ.

(2) C. IV. Di quelli cioè, che furono virtuosi, ma non battezzati, e non adorarono debitamente Iddio, e di essi parla dal verso 70. E poi ch a riguardar del cap. III. sino alla fine Tra' quali nomina Omero, Orazio, Ovidio, e Lucano, ed ancor Virgilio. Del pari Elettra, Ettore, Enea, Giulio Cesare, Camilla, Pantesilea, Latino, Lavinia, Bruto, Lucrezia, Giulia, Marzia, Cornelia, e Saladino, Similmente Aristotele, Socrate, Platone, Democrito, Dioscoride, Orfeo, Tullio, Lino, Seneca, Euclide, Tolomeo, Ippocrate, Avicenna, Galieno, ed Avverroè.

(**) Ms. Cass. Di lor desii che per ragione umana. Vendel. Idem.

de Rom. Di lor desii che da, ec.

(3) Secondo circolo, dove sono i lussuriosi, de' quali parla dal principio del V. cap. sino al VI. Tra' quali nomina Semiramis, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano, Francesca da Ravenna, e Paolo Malatesta da Rimini, al quale circolo fa presiedere Minosse.

(4) La colpa della gola. In questo terzo circolo sono i golosi, di cui parla dal VI cap. sino al VII, e tra essi nomina Ciacco di Firenze: al quale circolo l'autore fa presiedere Cerbero.

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