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PROPRIETÀ LETTERARIA.

Torino, Tip. V. BONA, via Carlo Alberto, 1.

LIBERMA

SEPTEMBER 1998

17636

AI LETTORI

Il presente volume si compone di cose in parte scritte or sono molti anni, in parte di nuovi studi sui primi poeti romani, nei quali feci mio profitto dei molti e dotti lavori della critica filologica e storica degli ultimi tempi. Anche le cose non nuove furono in più luoghi ritoccate, allargate e corredate delle notizie degli scritti particolari pubblicati, massime in Germania, negli ultimi tempi sulle materie di cui mi occorse trattare.

Così com'è, mando il libro a quelli che già gli furono benevoli, e soprattutto lo dedico ai giovani ricordando loro che le lettere latine voglionsi da noi coltivare e conservare amorosamente come cara eredità dei nostri antichissimi padri, come miniera domestica, ricca degl'immortali tesori del bello e del buono da cui nascono i liberi e i grandi pensieri, e gli ammaestramenti capaci a confortare e a governare la vita, e a renderla onorevole ed utile.

Agli antichi esuli di Ilio distrutta, erranti fra le tempeste in cerca di stabile sede, il Dio degli oracoli ordinò di cercare l'antica madre: antiquam exquirite matrem. Tra altre grosse e lunghe tempeste anche gl'Italiani non obliarono la prescrizione del vecchio oracolo, e dopo molti e costanti sforzi trovata l'antica madre, con amore ineffabile posero a Roma la sede degli erranti Penati. La veneranda madre li accolse con la gioia e con l'affetto che non possono degnamente significarsi dall'umana parola: e ad essi ora sta il mantenersi nel sacro luogo, e onorare e difendere la madre colla forza e col senno.

In altri tempi gli stranieri conquistarono Roma e ne rapirono l'eredità che era nostra. Ora vi siamo noi non. per conquista, ma per naturale diritto, e se vogliamo onoratamente restarvi dobbiamo riprenderne l'eredità tutta quanta; imparare da lei a esser forti, a governare con prudenza e fermezza, e profittare della sapienza degli alti spiriti che governarono il mondo; dobbiamo essere forti di armi e di studi: e tra gli studi grandemente importa quello della lingua e della letteratura che portò la civiltà in tutto il mondo. Roma debbe insegnare all'Italia a pensare severamente, a scrivere e a parlare colla eloquenza e colla grazia dei forti. I legislatori hanno obbligo di scrivere, a Roma, colla precisione e colla chiarezza elegante degli antichi maestri; e agli oratori non è lecito parlare in un gergo che non appartiene ad alcuna famiglia di lingue, nè sgrammaticare, nè far guerra mortale al senso comune con un profluvio di sconnesse parole nella città che ascoltò la splendida e sapiente eloquenza dei Gracchi, di Ortensio, di Marco Tullio e di Cesare.

Oramai i vecchi sono quello che sono. E vecchi sono già anche molti membri della giovine Italia e chi a sessant'anni non ebbe mai il sentimento del bello è condannato a morire sotto la ruvida pelle del barbaro.

L'avvenire è in mano dei giovani, e tra poco le sorti d'Italia saranno in loro potere. Se essi vogliono governare degnamente da Roma, non sdegnino l'antica sapienza, non trascurino la lingua e le lettere che ne portarono a noi si grande la fama, e riaccesero il lume della libertà spento dalla barbarie; onorino collo studio di esse l'antica madre, e facciano che il mondo non dica, a nostra eterna vergogna, che Roma fu nuovamente invasa dai barbari.

Firenze, 6 luglio 1871.

ATTO VANNUCCI.

I.

GLI ANTICHI POETI LATINI

E LE PRIME PROVE DEL DRAMMA E DELL'EPICA.

Bertoldo Giorgio Niebuhr scrittore di maravigliosa dottrina, e di acuto e arditissimo ingegno, all'età nostra distruggendo, e rifacendo a suo senno la storia primitiva di Roma, affermò che i racconti conservati da Livio e da Dionisio d'Alicarnasso non sono altro che poesie antichissime stemperate nella prosa degli scrittori: e ne concluse che per lungo tempo la prima storia romana è quasi tutta composizione poetica.1 Egli prese anche a fissare dove cominciano, e dove hanno termine i canti, e quali sono in essi le parti primitive e sincere, quali le interpolazioni fattevi dopo. La storia di Romolo, secondo lui, forma di per sè un'intera epopea: su Numa vi ebbero solo brevi canzoni. Per Tullo Ostilio, la storia degli Orazii e la distruzione di Alba formarono un poema epico di cui Livio ci serbò intatto un frammento nella misura dell'antico verso romano. 2 All'incontro in ciò che narrasi di Anco Marzio non avvi alcun tratto o colore poetico. Ma con Tarquinio Prisco comincia un nuovo

1 Hist. Rom. trad. par Golbery, I, 307 etc., Paris 1830.

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Duumviri perduellionem iudicent.

Si a duumviris provocarit,

Provocatione certato:

Si vincent, caput obnubito,

Infelici arbore reste suspendito:

Verberato intra vel extra pomoerium ».

VANNUCCI, Studi sulla letteratura latina.

(Livio, 1, 26).

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