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Giove benigno, il Sol caldo, e lucente,
Venere amante, ed a mille arti dato
Mercurio, e sotto a lui la Luna algente,
Passando agli elementi varian stato,

E al mondo fan cangiar faccia sovente,
Influendo or le piogge, or le tempeste,

Or le guerre, or lo sterile, or la peste.

ERASMO DI VALVASONE. La Caccia, canto IV.

L'Entusiasmo Poetico.

orrida pietra,

ALPESTRE, e duro tronco,
Or non udisti giù dal giogo alpino
Trarsi in virtute d'apollinea cetra ?

Ed indi farsi al gran cantor vicino
La frondosa famiglia, aprirgli avante
Vaga selvosa scena il cerro, e il pino?
Tal, di favoleggiar la Grecia amante,
Finse le altere maraviglie nove

Nelle seguaci, ed animate piante.

L'aurea cetra, che i tronchi, ei sassi move,

E' il naturale entusiasmo, ei solo
S'ha da natura, e non s'imprende altrove.
In ogni altro per arte alzar dal suolo
Potrai; ma non d'altronde aver le penne
Per questo, di ch'io parlo, etèreo volo.
E basterà che sol di lui ti accenne,
Ch'egli è quei che rapisce, e quei che inspira
L'alma gentil, che a poetar sen venne.
E poscia in sua virtute anco a se tira
Gli animi altrui ; e in moti in loro alterna
Per varie tempre dell' eburnea lira.

E si soavemente egli s'interna
Nell' intelletto, che ubbidir conviene
A lui, che l'alme a suo piacer governa.

Benedetto MenzINI. Arte poetica.

Il Ditirambo.

ITE lungi, o profani, ignaro, e stolto Volgo, gitene lungi, ecco a me stesso Io son rapito, e a' sensi miei son tolto.

Con gli occhi della mente Ascra, e Permesso Parmi veder d'inusitata, e nuova

Pompa vantarsi, e darne segno espresso.
Parmi veder che, da ogni tronco muova

La sacra vite, e d'ederàcee fronde
Serto straniero al crin tesser mi giova.

Già nuovo entusiasmo in me s'infonde;
E già con le Bassaridi sorelle

e

Voglie nutrisco accese, furibonde.

Ecco varcano il rio leggiere, e snelle;
Ecco la selva, ecco che' I monte ascèndono;
E Satiri, ed Egipani con elle.

Voci d'alto mistero l'aria fèndono,
Voci alte, e fioche; et per l'Emonia balza
Lungo rimbombo, ed indistinto vendono.
A te quest' inno, o buon Lenèo s'innalza
Ebrifestoso, altier fiammispirante,
E le Menadi tue punge, ed incalza.

Tu sei, che al carro pampinoso avante
Le Tigri avvinci: nè qual pria crudeli
Sú vestigio d'orror ferman le piante.
Parmi che tremi il suol, parmi che veli

Se stesso il sole, e che per selve, e vento

Il chiaro giorno mi s'asconda, e celi.

E presente il gran Nume, io'l vedo, io'l sento: Deh, tu perdona al tuo Poeta; e sia

Del tuo furore il flagellar più lento.

LO STESSO.

L'Elegia.

NUTRISSI Un tempo di querele amare La piangente Elegia, e poscia prese Forme più dilettevoli, e più care.

Indi al foco d'amor tutta si accese,
E potèo celebrar d'entro al suo regno
Del figlio di Citèra armi ed imprese.

Dolc' ire degli amanti, e dolce sdegno
Sono gli strali, che dall' arco d'oro
Suol sovente vibrar florido ingegno.
Talvolta ammette al nobil suo lavoro
Le lodi degli Eroi, e unisce insieme
Col verde mirto il trionfale alloro.

Piena di generosa ardita speme
Invita alle battaglie, e grida il viva
De' vincitori alle fatiche estreme.

E quale in Campidoglio alto si udiva Festoso applauso, anch' ella in regio ammanto Vien ghirlandata il crin di bianca oliva.

Talvolta ancora sconsolata in pianto L'uso antico ripiglia, e in benda negra Presso al funèreo rogo innalza il canto.

Scinta il sen, sparsa il crine, afflitta, ed Dice a se stessa: ahi sfortunata, ahi lassa!

egra,

Non få per te di star fra gente allegra :
E poscia grida al peregrin, che passa,
A questo freddo marmo, a queste note
Deh, se non sei scortese, il ciglio abbassa.
Or, come io dico, l'Elegia ben puote
Vagar per tutto, per chi ormai non sono
Di Pindo a lei le varie stradi ignote.

BENEDETTO MENZINI. Arte Poetica, lib. III.

La Bellezza, e la Virtù.

LUCE divina,

Raggio del cielo è la Bellezza, e rende

Celesti anche gli oggetti, in cui risplende.

Quella l'alme più tarde'

Solleva al ciel, come solleva il sole

Ogni basso vapor; quella a amortali
Della penosa vita

Tempra le noje, e ricompensa i danni
Questa in mezzo agli affanni

Gl' infelici rallegra in mezzo all' ire
Quella placa i tiranni: i lenti sprona,
I fugaci in catena,

Anima i vili, i temerarj affrena;

E del suo dolce impero

Che letizia conduce,

Che diletto produce, ove si stende,
Sente

ognun il piacer, verun l'intende.

METASTASIO. La Pace fra la Virtù e la Bellezza.

• La virtù.

L'Amore.

GODER senza speranza,

Sperar senza consiglio,

Temer senza periglio,

Dar corpo all' ombre, e non dar fede al vero, Figurar col pensiero

Cento vani fantasmi in ogni istante,

Sognar vegliando, e mille volte il giorno

Morir senza morire,

Chiamar gioja il martire,

Pensare ad altri, ed obbliar se stesso,

E far passaggio spesso

Da timor in timor, da brama in brama,
E' quella frenesia che amor si chiama.

METASTASIO. Galatea, parte I.

La scuola d'amore.

LUNGA è l'arte d'amor, la vita è breve, Perigliosa la prova, aspro il cimento; Difficile il giudizio, e a par del vento Precipitosa l'occasione, e lieve.

Siede in la scuola il fiero mastro, e greve Flagello impugna al crudo uffizio intento, Non per via del piacer, ma del tormento Ogni discepol suo vuol, che s'alleve.

Mesce i premj al castigo, e sempre amari

I premj sono, e tra le pene involti,
E tra gli stenti, e sempre scarsi, e rari.
E pur fiorita è l'empia scuola, e molti

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