Da un sol cor Felicità. Ma poi oltre avanza, e mira Quanti son gli umani affetti, Il capriccio giovanil. Ai mal cauti ospiti erranti, S'offre allor, ma in van s'oppone, Porge in van l'amico fil. Chi nol vede, o lo ricusa; Chi lo rompe, e in se confida : Chi cercando un' altra guida Crede semper alla peggior. V'è chi dietro il piacer corre, v'è chi ha un vano onor per duce; Altri d'or desio seduce, Seguon altri un folle amor. Chi så dir fra i torti giri, Di tumulto il loco pien! Chi si scosta, e chi s'appressa, Chi s'incontra, e chi si schiva, L'uno parte, e l'altro arriva, Questo innoltra, e quel rivien. Ma qual prò? se dalla meta Più disgiunti ognora vanno, E d'un, tutti, in altro inganno Perdon l'opra, e il lungo dì. Questo incontra un calle chiuso, Quel s'emenda, e poi travia; Altri dopo immensa via Là si trova, onde parti. Lasso alfine ognun dispera, Vola il tempo, il piè si stanca, Langue il core, il giorno manca, Stendon l'ombre il fosco vel. Vani sforzi, e stolte brame, Pensier tristi, incerti affetti Poi rimorso taciturno, Ahi che tardi allor!... Ma dove, E per qual sentier funesto Si lasciò da pensier mesto L'estro facile rapir ? Ah che in loco si ridente, Dal vol dunque immaginoso Ecco invan m'aggiro, e stanco, Nè pietà, nè vaglion prieghi, Nè di versi offerto don. Ma s'io n'esco... oh che mai veggio? Qual mi scorge amico Dio? Alla meta ecco son io, Questo è il colle, il Tempio è quì. Pur ti giunsi, e tuo malgrado, Teco alfin, Licori, io sono; Quanto il piede, e il cor soffri. CL. BONDI. L'Ingratitudine. Ricco di merci, e vincitor de' venti Tirsi giunger vid' io al paterno lido; Baciar l'arene il vidi, e del finito Cammino ringraziar gli Dei clementi. Anzi, perchè leggessero le Genti Qualche, di tanto don, segno scolpito, In sù l'arene stesse egli col dito Scrisse la storia di si lieti eventi. Ingrato Tirsi, ingrato ai Cieli amici! Poichè ben tosto un' onda venne, e assorti Ma se un di cangeransi a lui le sorti, Non sù l'arena, ma sul marmo i torti. LODOVICO ANTONIO MURATORI. L'Ira. VINCITORE Alessandro l'ira vinse, L'ira Tidèo a tal rabbia sospinse, Sal Valentinian ch'a simil pena Ira è breve furor; e chi nol frena, E' furor lungo, che'l suo possessore L'Ambizione. NON si veloci sulle lubrich' onde, Cui lungo verno indura, Striscian gli abitator dell' Orsa algente, PETRARCA. Come Fortuna, allor ch'è più ridente E volgendone il tergo il volto asconde : Ai doni ha le rapine, Che beato, e infelice in un sol punto Tu perdi il ben, quando a gran pena è giunto. il Mondo ambizioso, avaro E pur Vuol che costei sia Diva, E le sparge gli altar d'arabi fumi; Come che possa infra i celesti Numi Che'l dolce di quaggiù volge in amaro. Saggio chi men le crede, e con tal legge Ch'a i varj giri dell' instabil rota Sempre ha stabile il cor, l'anima immota. Vermiglio splende, e pallido riluce, Non t'invaghir della superba luce; Sarai maggior di loro S'a le grandezze lor col cor sovrasti. Schianta dal sen, prima che cresca, il seme Del desio, della speme; Nè venticel che lusinghier t'inviti Gonfi le vele tue lunge dai liti. La Speranza omicida è di mortali, Che fin al Ciel n'estolle Perchè maggior sia'l precipizio e'l danno. O con che dolce, e dilettoso inganno |