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E' l mio pianto per le gote
Irrigò l'arida cote.

Ed Amor che ciò ben vede,
Più veloce all' opra intese :
Poi mi disse: avrai mercede
D'un uffizio si cortese;
E mi punse il manco lato
Con un dardo il più temprato.
Io volea gridar, ma tosto
Mi tronco nel mezzo i detti:
Tu se' quel ch' hai pur disposto
Che i miei dardi sien perfetti:
Duolti in van d'essere oppresso,
Se il tuo mal vien da te stesso.

BENEDETTO Menzini.

Scherzo Anacreontico.

QUANTE ha quell' olmo foglie,

O quanti il prato accoglie

Vaghi purpurei fiori;

Tanti sono gli Amori,

Che dentro del mio petto
Anno lor seggio eletto.

Nè trovo in versi, o in rima
Stile che ben gli esprima,

O giusta somiglianza.

Sonmi intorno all'usanza

Dell' api venturiere,
Che ne volano a schiere;
Ed il mio core è il nido,
E il loro albergo fido.

Ecco n'esce alle prede

Una parte; ecco riede

L'altra di merci carca:

Parte le siepi varca;
Parte qui dove il rio
Fa dolce mormorio,
Il suo susurro accoppia,
E il rombo si raddoppia.

Tal dentro la mia mente
Lo strepito si sente
Di mille, e mille Amori;
E se cacciarli fuori

Evvi chi ardisce, e tenta,
Di nuovo ecco si avventa
La turba disdegnosa,
E superba, e crucciosa,
Per far di sè vendetta,

Mi punge, e mi saetta

In tanti modi, e tanti.

Oh quanti Amori, oh quanti

An di me Signoria!

Certo che non potria

Con voci argute, e pronte

Ridirli Anacreonte.

LO STESSO.

Bocca ridente d'una Dama.

BELLE rose porporine,

Che tra spine

Sull' aurora non aprite;

Ma ministre degli amori,

Bei tesòri

Di bei denti custodite :

Dite, rose preziose,

Amorose,

Dite, ond' è, che s'io m'affiso

Nel bel guardo vivo ardente,

Voi repente

Disciogliete un bel sorriso!

E' ciò forse per aita

Di mia vita,

Che non regge alle vostr' ire?
Oppur è perchè voi siete

Tutte liete,

Me mirando in sul morire ?

Belle rose, o feritate,

O pietate

Del si far la caggion sia,

Io vo' dire in novi modi

Vostre lodi:

Ma ridete tuttavia.

Se bel rio, se bell' auretta

Tra l'erbetta

Sul mattin mormorando erra,

Se di fiori un praticello

Si fa bello;

Noi diciam: ride la terra.

Quando avvien ch'un zeffiretto

Per diletto

Bagni i piè nell' onde chiare,

Sicchè l'acqua sull' arena

Scherzi appena;

Noi diciam, che ride il mare.

Se giammai tra' fior' vermigli,
Se tra' gigli

Veste l'alba un aureo velo,

E su rote di Zaffiro

Muove in giro;

Noi diciam, che ride il cielo.

Ben è ver, quand'è giocondo, Ride il mondo:

Ride il ciel, quand'è giocoso :

Ben è ver: ma non san poi,

Come voi,

Fare un riso grazioso.

CHIABRERA.

Nice elettrizzata.

CON l'uno, e l'altro piè fermo, e raccolto

La negra pece Nice mia premea,
Mentre dal vitreo globo attorno volto
L'elettrico Vapore in lei scendea.

Di giovani uno stuol ristretto, e folto L'un l'altro urtando, il dito a lei stendea : Chi l'aurea chioma, chi'l vermiglio volto, Chi la man bianca di toccar godea.

Al lieve tocco uscian scoppiando a mille Dal crin, dal volto, e dalla man tremante Di cerùleo color preste scintille.

Vide quel gioco Amor, e anch' egli stese La mano al scintillar del bel sembiante, E la sua face a si bel foco accese.

CLEM. BONDI.

Le due Ghirlande.

AVEANO il seno ambo d'Amor piagato, Rivali antichi, Ila ed Elpin per Clori; A cui dissero un dì: Di due pastori Scegli tu qual pastore è a te più grato.

Clori portava il biondo crine ornato D'una ghirlanda di leggiadri fiori, Ghirlanda al crin portava Ila d'allori, Privo era Elpin quel di del serto usato.

Quanto è mai scaltro Amor più ch'uom non crede! Prese Clori il suo serto, e cinger volse

Le tempie all' un,

che senza serto ir vede.

Tolselo a l'altro, e al proprio crin l'avvolse; Pegno or d'affetto a cui maggior si diede ?

A cui si diede il serto, o a cui si tolse ?

ANTONIO ZAMPIERI.

Il doppio Fiore.

LESBINA Semplicetta
Sen giva un di soletta,
Per un erboso prato
Di mille fiori ornato;
E colto un vago fiore
Di purpureo colore,
Ratta sen corse al monte,

Ov' era un chiaro fonte,
Per seco consigliarsi

• Dove dovea adattarsi

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