Provi, o signor, la tua giustizia. Io stesso Non gli giovi Artabano aver per padre. Di cui, per questo regno Tante volte pugnando, i campi aspersi : ARTASERSE. O fedeltà! ARTABANO. Risolvi, e qualche affetto, Se ti resta per lui, vada in oblio. METASTASIO. Artaserse, att. I, sc. XI. Andrai ma un breve istante Donami sol. (Che signoril sembiante)! Ond' io traggo alimento, Poche agnelle, un tugurio, e il cor contento ALESSANDRO. Vivi in povera sorte. AMINTA. Assai benigna Sembra a me la mia stella : Non bramo, della mia, sorte più bella. Io lodo, tu disprezzi, e il ciel protegge, Povera oscura sorte. ALESSANDRO. (Quel parlar mi sorprende, e m'innamora.) Ei me dalle mie cure; io, qualche istante Benéfico valor. Ciascun se stesso Deve al suo stato. Altro il dover d'Aminta, Picciol campo io coltivo, ei fonda imperi. ALESSANDRO. Ma può il ciel di tua sorte In un punto cangiar tutto il tenore. AMINTA. Si; ma il cielo fin or mi vuol pastore. So che pastor son io, Lo stato d'un pastor Se poi lo stato mio D'altri pensieri. IL MEDESIMO. Il Re Pastore (cioè, Alessandro, Poro, sconosciuto. ALESSANDRO. Guerrier, dimmi; chi sei? PORO. Nacqui sul Gange; Vissi fra l'armi; Asbite ò nome: ancora ALESSANDRO. (Oh ardire! o fedeltà! ) Qual è di Poro L'indole, il genio? PORO. E degno D'un guerriero, e d'un Re. La tua fortuna Che il timor de' mortali offre al tuo nome. |