Non trova loco, torbida, inquieta,
Già buona pezza in dispettosa fronte
Torva il riguarda : al fin prorumpe all' onte.
Ne te Sofia produsse, e non sei nato Dell' Azzio sangue tù: te l'onda insana Del mar produsse, e 'l Caucaso gelato; E le mamme allattar di tigre ircana. Che dissimulo io più? l'uomo spietato Pur un segno non diè di mente umana : Forse cambiò color? forse al mio duolo Bagnò almen gli occhi, o sparse un sospir solo? Quali cose tralascio, e quai ridico ? S'offre per mio, mi fugge, e m'abbandona. Quasi buon vincitor di reo nemico Obblia le offese, e i falli aspri perdona. Odi come consiglia ? Odi il pudico Senocrate, d'amor come raggiona!
O Cielo! o Dei! perchè soffrir questi empj, Fulminar poi le torri e i vostri tempj?
Våttene pur, crudel, con quella pace Che lasci a me : våttene, iniquo, omai. Me tosto, ignudo spirtó, ombra seguace, Indivisibilmente a tergo avrai.
Nuova furia, co' serpi, e colla face
Tanto t'agiterò, quanto t'amai.
E s'è destin ch'esca del mar, che schivi
Gli scogli, e l'onde, e ch' alla pugna arrivi;
Là, tra 'l sangue, e le morti, egro giacente Mi pagherai le pene, empio guerriero.
Per nome Armida chiamerai sovente Ne gli ultimi singulti: udir ciò spero. Or qui mancò lo spirto alla dolente; Nè quest' ultimo suono espresse intero, E cadde tramortita, e si diffuse
Di gelato sudore, e i lumi chiuse.
O de' nemici di Gesù flagello, Campo mio, domator de l'Oriente, Ecco l'ultimo giorno: eccovi quello Che già tanto bramaste omai presente. Nè senz' alta cagion che'l suo rubello Popola in un s'accoglia il ciel consente. Ogni vostro nemico è qui congiunto Per fornir molte guerre in un sol punto.
Noi raccorrem molte vittorie in una; Nè fia maggiore il rischio, o la fatica. Non sia, non sia tra voi temenza alcuna In veder cosi grande oste nemica : Chè discorde fra se mal si raguna, E negli ordini suoi se stessa intrica, E di chi pugni il numero fia poco: Mancherà il core a molti, a molti il loco.
Quei che incontra verranci, uomini ignudi Fian per lo più, senza vigor, senz' arte; Che dal lor ozio o dai servili studi Sol violenza or allontana, e parte. Le spade omai tremar, tremar gli scudi, Tremar veggio l'insegne in quella parte:
Conosco i suoni incerti, e i dubbj moti: Veggio la morte loro ai segni noti.
Quel capitan che cinto d'ostro et d'oro Dispon le squadre, e par si fero in vista, Vinse forse talor l'Arabo o 'l Moro;
Ma il suo valor non fia ch'a noi resista. Che farà, benchè saggio, in tanta loro Confusione, e si torbida, e mista? Mal noto è, credo, e mal conosce i sui, Ed a pochi può dir: tu fosti, io fui.
Ma capitano i' son di gente eletta : Pugnammo un tempo, e trionfammo insieme : E poscia un tempo a mio voler l'ho retta. Di chi di voi non sò la patria e' l seme? Quale spada m'è ignota? o qual saetta, Benchè per l'aria ancor sospesa treme, Non saprei dir, s'è franca, o se d' Irlanda, E quale appunto il braccio è che la manda ? Chiedo solite cose: ognun qui sembri Quel medesmo ch' altrove i' l'ho già visto ; E l'usato suo zelo abbia, e rimembri L'onor suo, l'onor mio, l'onor di Cristo. Ite, abbattete gli empj, e i tronchi membri Calcate, e stabilite il santo acquisto. Che più vi tengo a bada ? Assai distinto Ne gli occhj vostri il veggio; avete vinto.
Colombo a' suoi compagni.
DEL Ligustico Eroe derise i vanti Italia, allor ch'ei disse
Trovarsi ignoto un nuovo mondo al mondo,
E intrepido affermò, che nel profondo
Vast' ocean prefisse
Troppo vil meta Alcide ai pini erranti ;
Ma non si tosto al regnator Ibero
Apri l'alto pensiero,
Ch' egli ebbe, a scorno altrui, d'armati legni Opportuno soccorso ai gran disegni.
Già d'invitti guerrier carche le navi, Quasi odiando il porto,
Pronte attendean del capitan gl' imperi: Spiravano dal ciel venti leggieri,
E sol con dente torto
Mordean l'arene ancor l'ancore gravi;
Quando il gran duce in sulla poppa assiso, Tutto di fiamma il viso,
Alla raccolta gioventù feroce
Sciolse in tal guisa a favellar la voce.
Compagni, eccoci giunto omai quel die, Che varcando quest' onde
Facciam di regni, e più di gloria acquisto :
Non sia, per Dio, chi sospiroso, e tristo Lasci le patrie sponde,
E paventi solcar l'umide vie
Fia ch'a si bello ardir Fortuna arrida; Scorta io vi sono, e guida;
Novella patria vi prometto, e giuro, Sotto più ricco ciel, porto sicuro
Colà volgono i fiumi arene d'oro, D'adamanti, e rubini
Mostran gravido il sen caverne, e rupi; Germogliano del mar ne' fondi cupi
Di quei, ch' usan pescar l'Arabo e 'l Moro; Son le spiaggie più inospite, e romite Sparse di margherite ;
E si rivolga in quella parte, o in questa Se non or, se non gemme il piè calpesta. Vostre saran si preziose prede,
Voi primi il vanto avrete
D'acquistar novi regni al mondo, a Dio; E forse anco avverrà, ch' il nome mio Trionfando di Lete,
Sia di fama immortal non vile erede; E Italia ai voti miei poco benigna, Quasi invida matrigna,
Vedrò, ben ch'è da sezzo, un di pentita D'aver negata al mio grand' uopo aita.
Deh' tu l'ascolta; è voce
Cui nulla agguaglia. Ei forse è assai men reo Anzi impossibil par, che in questo il sia: Ma qual ch'ei sia, lo ascolta oggi tu stesso : Intercessor farsi pel figlio al padre,
Chi più del figlio il può ? se altero egli era Talor con gente, al ver non sempre amica,
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