A perder solo il farsettin gli resta.
Nè per vedersi si diserto, e nullo del come
Si batte l'anca; anzi pensa Vendicar della sorte il rio trastullo.
E spera d' afferrarla per le chiome: E intento vende la posata, il vezzo, Il monil, la dorata elsa, ed il pome. E torna baldanzoso al primo vezzo, Finchè d'ogni aver suo scosso, e disfatto, Si conduce sul lastrico dal sezzo.
Vedi là Graffio, col cappel giù tratto Su' cigli teme non alcun l'adocchi, Ladro al padron, del raso, e del scarlatto. E vedi Cencio, che con mille scrocchi Mangiò le case, e fondi ha saccheggiato Del padre, che tenea cavalli, e cocchi:
Con dieci scudi, che ha testè buscalo Sopra le figlie, corre la sua lancia, O sù la speme d'un lontan legato.
Ma tracollar veggendo la bilancia, Bestemmia il biscajuol, morde le dita, E via le carte, e le candele lancia.
USA ogn' arte la Donna '; onde sia colto Nella sua rete alcun novello amante:
Nè con tutti, nè sempre un stesso volto Serba, ma cangia a tempo atti, e sembiante.
La doppia soglia? E chi è costei, che avanza Ricca di seta, e d'or, ricca di dieci Non dubbj lustri, e carica di pingue Carnosa massa, onde si crede ancora Tentatrice possente? E pur s'increspa La medicata in van rossiccia pelle,
E il domestico odor domano a stento Gli odor stranieri. E che perciò ? s'adorna Pur ogni giorno, e sul mattin consulta Lo specchio, non creduto allar che i danni Scopre del tempo giovanili arredi E preparati unguenti agli anni alcuno Oppongono riparo, e bianca polve La poco omai di senil chioma asconde, Inutil cura, ma costante. A lei Cari son gli spettacoli, e le danze. Alle veglie, al teatro, al gioco, al corso Nota è già da sei lustri, e a se d'intorno Vide cangiar col variar de gli anni
E scene, e spettator; sol non s'avvide, Ch' ella stessa cangiò. Vecchia ancor segue Gli usi moderni, e si moderni brama Gli amanti ancora; ma solinga siede Fra la turba dissimile, e contempla Gli altrui discorsi tacita, e digiuna. Pur soffre, aspetta paziente, e guata, Se alcun l'adocchia, e se per sorte miri Cader sú lei non volontario sguardo
D'oziosa pupilla, e più, se ascolti Qualche labbro, che al fin da pietà mosso A lei si volga, e sbadigliando accusi O l'ora, o la stagione; allor fastosa
Si ricompone alle conquiste, e vibra Gli aurei lumi con arte, e tosse, e sputa Leggiadramente, e si contorce: i moti Convulsi, i vezzi, e l'atteggiar forzato Altri nota, altri accenna; ognun si morde Le labbra, e torce il viso; ed ella intanto, Senza saper perchè, ride con gli altri Che ridono di lei. Misero esempio
Di disinganno, a chi dal mondo, a tempo, Volontario non sa prender congedo!
Il Novellista di Società.
In ogni angolo Egisto. Entra egli il primo Nel solitario ancor loquace agone:
E all' aria astratta, onde passeggia ei solo, E seco stesso si compiace, e ride, Gravido sembra di leggeri cure,
E par che alcuno impaziente aspetti, Onde sgravarne l'importabil peso.
Poco ei si fermerà; che in questo campo Non guerreggia arruolato : errante, e vago, Libero avventurier tutti trascorre
Gli accampamenti, e a lunga guerra mai Non si cimenta: in brevi colpi, e spessi Si esèrcita veloce, indi furtivo, Sottraggesi improvviso, e in simil guisa Tutti ogni giorno i circoli frequenta. Dei più minuti giornalieri eventi
Istrutto appieno, un porta foglio il credi
Cosi il di tutto in vano error lo scorge; Stanco, e deluso poi di speme il toglie: Ei si riman, qual cacciator ch'a sera Perda alfin l'orme di seguita fera.
Queste fur l'arti, onde mill' alme, e mille Prender furtivamente ella potèo ;
Anzi pur furon l'arme, onde rapille,
Ed a forza d'amor serve le fèo.
TASSO. Gerusalemme liberata,
canto IV, st. 87-9'.
Che in atto lusinghier parla all' orecchio Del commosso Damon? quella, e la scaltra Cortigiana Corisca, esperta, e dotta Maestra degli amor. Tutte a lei note Son l'arti, e i vezzi, onde adesca la cieca Crèdula turba degl' incauti amanti. I sorrisi, e gli sdegni alterna, e mesce, Le repulse, e gl' inviti, e le parole Or dolci, or dubbie; e l'abbigliarsi accorto Studia, e adatta a svegliar l'altrui desio. Ogni nastro, ogni vel copre un' insidia,
E tende un laccio a i cuor. Ma l'occhio... ah come, E chi potrebbe i movimenti, e il muto
Vario linguaggio, il magistero, e l'arti Tutte scoprir de le maestre luci,
Al fido specchio consiglier secreto Lungamente educate? Or vibra il guardo, Quasi lampo, che abbaglia; or lento, e inert
Errare il lascia indifferente: il niega Sovente a chi lo cerca, e il volge intanto A scuotere i distratti. Al suol talora China gli occhi dimessi, e fa un'occhiata Lungamente aspettar, poi quando intenti Crede gli spettatori, alza improvviso Le sicure pupille, e gli occhi incontra Di chi meno l'aspetta, e fino al fondo Dell' alma il cerca, e lo sconcerta; indizio Di sicuro trionfo : indi abbandona
La vinta preda, facil opra, e breve Di un sol guardo fugace. Or mira, come Sul volto a Tirsi languida, e cadente (Diresti a caso, e involontaria) fisa D'amoroso desio le luci accese Pietosamente! Immobile si arresta
A contemplarlo, e poi si scuote a un tratto, Come allor se ne accorga, e rossa in volto Si volge altrove, vergognando quasi Di avere incauta del suo cor tradito Il geloso secreto; e få sembiante Di sconcertarsi, e timida, e confusa, Finge schivar delle sue luci accorte,
Il nuovo incontro. Misero se il crede, Che tardi poi de l'error suo pentito, E deriso sarà.
CLEM. BONDI. Le Conversazioni, poemetto.
Fuor dell' usato si spalanca or tutta
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