Lento e dubbioso: dal diritto, calle
Or torce obliquo, or si corregge, e posa. E ripiglia di nuovo; e poiche pressó Credesi alfine al meditato segno,
Sosta improvviso, e si consiglia alquanto, E studia il loco. Alfin le braccia alzando Lunghe e distese, ad ambe man con forza Scarica il colpo, e di percossa orrenda Batte il suolo innocente. Al vuoto suono, Al comun grido, che col riso intorno S'alza eccheggiando, ei da se lungi a terra Scaglia l'inutil arma, e giù da gli occhi Si trae la benda impaziente il guardo Poi gira intorno, e stupido rimira Con bocca aperta, dietro sè pendente L'immobil vaso, che da un' altra mano Aspetta intatto la seconda prova.
CLEM. BONDI. Le Conversazioni, poemetto.
La voce stessa, la sovrana voce. Che giovanetto mi chiamò più notti, Quand' io privato, oscuro e lungi tanto Staval dal trono, e da ogni suo pensiero ; Or, da più notti, quella voce istessa Fatta è tremenda, e mi respinge, e tuona In suon di tempestosa onda mugghiante : « Esci, Saul: esci, Saulle..... » Il sacro Venerabile aspetto del profeta,
Che in sogno io vidi già, pria ch'ei mi avesse Manifestato, che voleam Dio
Re d'Israél: quel Samuele, in sogno, Ora in tutt'altro aspetto io lo riveggo. Io, da profonda cupa orribil valle, Lui, su raggiante monte assiso miro : Sta genuflesso Davide a' suoi piedi : Il santo veglio sul capo gli spande L'unguento del signor; con l'altra mano Che lunga lunga ben cento gran cubiti Fino al mio capo estendesí, ei mi strappa La corona dal crine; e al crin di David Cinger la vuol ma, il crederesti? David Pietoso in atto a lui si prostra, e niega Riceverla; ed accenna, e piange, e grida, Che a me sul capo ei la riponga.... Oh vista! Oh David mio! tu dunque obbediente Ancor mi sei? genero ancora ? e figlio ?
E mio suddito fido ? e amico ?... Oh rabbia !
Tormi dal capo la corona mia ?
Tu che tant' osi, iniquo vecchio, trema.... Chi sei ?.... n'ebbe anco il pensiero, pera.... Ahi lasso me! ch'io gia vaneggio!....
ALFIERI. Saul, att. II, sc. I.
Giuditta di ritorno in Betulia narra la morte di
Da Betulia partii, che m'arrestaro Le guardie ostili. Ad Oloferne innanzi Son guidata da loro. Egli mi chiese A che vengo, e chi son. Parte io gli scopro, Taccio parte del vero. Ei non intende,
E approva i detti miei. Pietoso, umano (Ma straniera in quel volto
Mi parve la pietà) m'ode, m'accoglie, M'applaude, mi consola. A lieta cena. Seco mi vuol. Già su le mense elette Fumano i vasi d'or. Già vuota il folle, Fra'cibi, ad or ad or tazze frequenti
Di licor generoso, e a poco a poco Comincia a vacillar. Molti ministri Eran d'intorno a noi; ma ad uno ad uno Tutti si dileguar. L'ultimo d'essi Rimaneva, e il peggior. L'uscio costui Chiuse, partendo, e mi lasciò con lui. Ogni cimento è lieve
Ad inspirato cor. Scorsa gran parte Era omai della notte. Il campo intorno
Nel sonno universal taceva oppresso. Vinto Oloferne istesso
Dal vino in cui s'immerse oltre il costume, Steso dormia su le funeste piume. Sorgo; e tacita allor colà m'appresso,
Dove prono ei giacea; rivolta al cielo,
Più col cor, che col labbro: ecco l'istante, » Dissi, « o Dio d'Israel, che un colpo solo Liberi il popol tuo. Tu'l promettesti; In te fidata io l'intrapresi; e spero Assistenza da te. » Sciolgo, ciò detto, Da' sostegni del letto.
L'appeso acciar; lo snudo ; il crin gli stringo
Con la sinistra man; l'altra sollevo,
Quanto il braccio si stende; i voti a Dio Rinuovo in si gran passo,
E su l'empia cervice il corpo abbasso.
Apre il barbaro il ciglio; e incerto ancora Fra'l sonno e fra la morte, il ferro immerso Sentesi nella gola. Alle difese
Sollevarsi procura, e gliel contende L'imprigionato crin. Ricorre à gridi; Ma interrotte, la voce
Trova le vie del labbro, e si disperde. Replico il colpo: ecco l'orribil capo Da gli omeri diviso.
Guizza il tronco reciso
Sul sanguigno terren; balzar mi sento
Sotto la man che'l sostenea; quel volto
A un tratto scolorir, mute parole
Quel labbro articolar, quegli occhi intorno Cercar del sole i rai,
Morire e minacciar vidi, e tremai. Respiro al fine, e del trionfo illustre Rendo grazie all'autor; svelta dal letto La superba cortina, il capo esangue Sollecita n'involgo; alla mia fida Ancella lo consegno,
Che non lungi attendea; del duce estinto M'involo al padiglion; passo fra' suoi Non vista, o rispettata, e torno a voi. METASTASIO. Betulia liberata.
PER me si va nella Città dolente : Per me si va nell eterno dolore: Per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse'l mio alto fattore: Fecemi la divina potestate,
La somma sapienzia, e'l primo amore. Dinanzi a me non fur cose create, Se non eterne, ed io eterno duro: Lasciate ogni speranza, voi che'ntrate : Queste parole di colore oscuro Vid'io scritte al sommo d'una porta : Perch'io, Maestro, in senso lor m'è duro. Ed egli a me, come persona accorta, Qui si convien lasciare ogni sospetto : Ogni viltà convien, che qui sia morta.
Noi sem venuti al luogo, ov' i' t'ho detto, Che tu vedrai le genti dolorose, Ch' hanno perduto'l ben dello'ntelletto :
E poichè la sua mano alla mia pose, Con lieto volto, ond' i' mi confortai, Mi mise dentro alle segrete cose.
Quivi sospiri, pianti, e alti guai Risonavan, per l'aer senza stelle,
Perch'io al cominciar, ne lagrimai.
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