Par canti, e mova le lanose gote : E dica ch'ella è bianca più che il latte, E che molte ghirlande le ha già fatte,, Duo formosi Delfini un carro tirano; Di si rozzo cantar, vezzosa ride. POLIZIANO. Andromaca. IVA da' muri a rintuzzar le avverse Schiere d'armi lucente Ettore in guerra; Nè ancor lasciata avea la patria terra, Quando Andromaca il figlio in lui converse. Nel sen materno il fanciullin s'immerse, Temendo il ferro, in che l' eroe si serra, Che tratto l'elmo, e il pennon vasto a terra, Al le luci del figlio il padre aperse. Quegli, cui rassecura allor la madre, Alzar si lascia a careggiar quel viso, Che d'altr'occhio vedean le greche squadre. Mira Andromaca il figlio allegra, e fiso Pender dal collo del baciato padre: Ridea; ma in pianto al fin proruppe il riso. CARLO MARtello. Atalanta Cacciatrice. DELLA futura caccia, Che, vegliando, tutt' or mi bolle in mente, L'idea, dormendo, io mi trovai presente. Già mi parea d'intorno alla funesta Calidonia foresta, D'Eroi, di cacciatori, Di ninfe, e di pastori in vasto giro Sfida, minaccia; e le minacce, e l'onte Scorre Atalanta in tanto, Dispon, provede, ordina i moti, e l'ire; Di rotti rami, e d'atterrate piante Non cura ella, o non sente; il corso affretta, Trattener non si lassa, Urta, abbatte, calpesta, infrange, e passa. Non ricusa l'incontro L'intrepida Atalanta, Che sicura parea de' suoi trofei, Sola s'avanza; indi s'arresta; il colpo Segna con gli occhi, e al fier cinghiale il dardo, Che dal braccio parti maestro, e franco, Sotto l'omero destro impiaga il fianco. Ne spicca il sangue; ei fra il dolore, e l'ira Freme, vacilla, e cadde.... ...... METASTASIO. Il sogno. Annibal scuopre l'Italia. FEROCEMENTE la visiera bruna Splendea negli atti del sembiante altero. Indi col forte immaginar rivolto FRUGONI. QUANDO la gemma al dito Annibal tolse, Che di sua morte a lui serbò l'onore, E le giurate a Roma ire raccolse: E Trebbia, e Canne in suo pensier rivolse, Il Tebro omai togliam, disse, d'affanno; CARLO INNOCENZO FRUGONI. Scipione esule. QUANDO il gran Scipio dall' ingrata terra, Che gli fù patria, e'l cener suo non ebbe, Esule egregio si partia, qual debbe Uom, che in suo sen maschio valor rinserra : Ombre famose, onde si Italia crebbe, E seguirlo fur viste in atto altero, E fin di Stige sulla nera foce Di lui che l'Alpi supero primiero Rise l'invendicata ombra feroce. LE MÊME. Roma sepolta sotto le sue ruine. Qui fu quella d'imperio antica sede, Temuta in pace, e trionfante in guerra. Fu: perch' altro che il loco, or non si vede : Quella che Roma fu, giace sotterra. Queste cui l'erba copre, e calca il piede, Fur moli al ciel vicine, ed or son terra. Roma che il mondo vinse, al tempo or cede, Che i piani innalza, e che le altezze atterra. Roma in Roma non è: Vulcano, e Marte La grandezza di Roma a Roma àn 2 tolta, Struggendo l'opre, e di natura, e d'arte. Voltò sossopra il mondo, e in polve è volta : E fra queste rovine a terra sparte, In se stessa cadèo morta e sepolta. 2 GIROLAMO PRETI. Roma Cristiana. ROMA, cadesti, è ver; già le famose Furono. → Hanno. |