In van cerca dolente il peregrino, Che di Celio le rocche, e d'Aventino Ma sorta ecco ti veggio, ed al governo Or del ciel trionfante, e de l'inferno, Italia. ITALIA! Italia! o tu, cui feo la sorte Dono infelice di bellezza, ond' hai Funesta dote d'infiniti guai, Che in fronte scritti per gran doglia porte; Deh! fossi tu men bella, o almen più forte, Onde assai più ti paventasse, o assai T'amasse men chi del tuo bello ai rai Par, che si strugga, e pur ti sfida a morte ! Nè te vedrei, del non tuo ferro cinta, Ritratto di Rafaello dipinto da tui medesimo. QUESTI è il gran Rafaello; ecco l'idea Del nobil genio, e del bel volto, in cui Quant' egli tolse a lei de' pregi sui. Un giorno e i qui, che preso a sdegno ayea Pinse se stesso, e pinger non potea Quando poi Morte il doppio volto, e vago Qual, disse, è il finto o il vero, o quale impiago? Impiaga questo inutil manto e frale, L'alma rispose, e lascia star l'immago, Ciascuna di noi due nacque immortale. » GIOVAN-BATTISTA ZAPPI. La Gloria e l'Invidia. QUAND'IO men vò verso l'Ascrèa Montagna Veggo il velen che nel suo cor si stagna. Che far degg'io ? Se in dietro io volgo i passi, Sò che Invidia mi lassa e m'abbandona : Ma poi fia che la Gloria ancor mi lassi. Con ambe andar risolvo alla suprema Cima del Monte. Una mi dia corona, E l'altra il vegga, e si contorca e frema. ΖΑΡΡΙ. La Pace. Ecco scesa dal Ciel lieta, e gioconda Con ramo in man di pallidetta oliva, E'nguirlandata d'onorata fronda La Pace che da noi dianzi fuggiva. Ecco cantando con la treccia bionda La Pastorella, ove più l'erba abbonda Ecco'l diletto, la letizia e'l gioco Ch'aveano in odio il mondo, or notte e giorno, Danzar per ogni colle ed ogni prato. Ride or la terra e'l mare; e'n ciascun loco Sparge la ricca Copia il pieno corno : O lieta vita, o secolo beato! BERNARDO TASSO. Mense dei Grandi. On gran palagi d'allegrezza privi, Non è tra voi, che i lieti pranzi avvivi, Fanno alle vostre mense il lor soggiorno. Che importa a me, che con esperta mano E alle vivande con ingegno strano Se poi nel pranzo, e nella lauta cena E ogni gusto, ogni cibo ti avvelena Quel mostro, o Furia, o Dea, che tu là chiami, Quella, che in guasta popolar favella Il buon Lombardo Soggezione appella? Sta costei sol tra i grandi, e il collo dritto, Stretta la bocca tien, composto il viso. Tra gente ignota per lo più sta zitto : Sol apre a mezzo labbro un piccol riso. Un complimento meditato, e scritto. Suol fare a tutti in termine preciso. Talor col capo a'detti altrui risponde; Spesso vien rossa in volto, e si confonde. A' regal pranzi, e tavole di stato Per costume invitata assister suole: Fà cerimonie a chi le siede a lato, Ei moti suoi misura e le parole. Se un le mette sul piatto un cibo ingrato, Per non dirgli di nò, mangiar lo vuole; E poi, per non parer golosa o edace, ́Lascia star quel boccon, che più le piace. Riceve i cibi, e non ne chiede mai, In chiuso albergo, o sotto arbore e fronde: Nè cio che piace, o che disgusta asconde: Nè chi vorria del vino, acqua domanda. A pastoral convito in rozze soglie. CL. BONDI. La Giornata Villereccia, poemetto. Il Mattino. SORGE il Mattino in compagnia dell' Alba Innanzi al sol, che di poi grande appare Sù l'estremo orizonte a render lieti |