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di Dio; ella è certamente la storia. Risuona oggidì celebrato appo molti il nome di Krause, ma non oserei darne giudizio, non avendone contezza, fuorchè pei compendii che ne han fatto alcuni scrittori belgi, stando ai quali però, le predette osservazioni potrebbero anche a lui convenire. Dalle scuole alemanne tolse molte delle sue idee Vittorio Cousin, adornandole di lucente e splendida veste, il quale nel suo corso d' introduzione dettò parecchie lezioni sul presente argomento. Vedi sapientemente discorsi alcuni punti della scienza dal Rosmini nella Filosofia della politica. Trovi in ognuna delle opere di Vincenzo Gioberti, a guisa di episodi, alcune pagine bellissime che al nostro subbietto risguardano, e argomentano la perspicacia maravigliosa del suo ingegno, non disgiunta da profonda discrezione. Da ultimo, le Meditazioni storiche di Cesare Balbo e per l'assennatezza dei giudizii e per la sobrietà delle congetture sovrastanno, a mio avviso, ad ogni altro libro insegnativo di questo genere: ond' è a dolere che, restringendosi a contemplare le origini dei popoli, non pervengano neppure a Ciro. Ma perchè non è mio intendimento parlare degli scrittori, sibbene della scienza, riducendo in una le cose dette, conchiudo così: gli avvenimenti ond'è materiato il corso della storia, a chi vi rivolga attentamente il pensiero, non appaiono disgregati, nè può dirsi che semplicemente si susseguano; ma sono connessi fra loro, serbano costanti attinenze, hanno periodi e leggi determinate, indicano un indirizzo ed un fine. Investigare queste leggi, levare almeno in parte il velo ond'è adombrato quest'ordine e questo fine, è impresa nobilissima e degna del filosofo, ma assai vasta e difficile. Imperocchè, congiungendosi alle idee più universali, e ai più minuti particolari, richiede acume speculativo del pari che paziente osservazione ed analisi.

Pure, allorquando si avranno esattamente chiariti i fatti, descritte le razze, i climi, le posture geografiche; quando si sarà studiato presso ogni popolo e nelle varie epoche la condizione vera della religione, dei costumi, del governo, delle istituzioni, delle leggi, delle armi, della filosofia, delle scienze, delle lettere, delle arti, dell' agricoltura, del commercio, dell' industria; quando si sarà ponderata l'opera dei genii in ognuno di questi rami e le relazioni reciproche fra loro, e l'influsso che esercitano a muovere la moltitudine; e di essa e delle varie classi e aggregazioni d' uomini si sarà penetrata in ogni secolo la tendenza, e lo spirito che le informa; quando infine si avrà esaminata la connessione che i popoli diversi ebbero fra loro, o coesistano simultaneamente, o l'uno all'altro ordinatamente succedano: giova sperare che si potrà allora con fidanza tentare la sintesi scientifica della storia, e venir ritessendo le leggi generali e costanti, preordinate rispetto ad ogni gente e rispetto a tutta l'umanità. Ed eccoci con più ampio giro tornati a quel che già in prima delineammo, voglio dire la definizione e lo scopo della filosofia della storia.

Carmo. Io credo di aver bene inteso ciò che debba comprendersi sotto il nome di codesta scienza, le sue qualità e i limiti ond'è circoscritta. Ma non però è dileguato in me il dubbio, se l'umana ragione a tanto possa levarsi, e anche mille obiezioni sull' intima essenza di sì fatta filosofia mi rampollano nell'animo. Perchè se la storia dei popoli è, per così dire, una immagine e una copia del piano che la Provvidenza ha predestinato, io chieggo, dov'è la libertà dell' arbitrio? Dove la responsabilità morale degli uomini? O non sono tutte cose governate da una immutabile necessità? E come dice Cicerone nel libro Della natura degli Dei: « Hinc vobis > existit primum illa fatalis necessitas, ut quidquid ac

»cidat, id ex æterna veritate, causarumque continua» tione fluxisse dicatis. »

Eupronio. Gravissima per certo è codesta difficoltà che voi accennate, ma non insolubile. Basta perciò il formarsi un concetto adeguato di quella facoltà che libero arbitrio si appella. La quale non è già una potenza nè una causa prima, ma relativa e seconda rispetto all'ordine delle cose. Veramente ogni uomo intuisce obbiettivamente (cioè fuori di se stesso) una legge morale imperante ed obbligatoria, l'adempimento della quale è norma e fine della nostra vita; ma d'altra parte è stimolato da diversi affetti, e da altre cagioni a deviarne. Tra tali due moventi esso ha il potere di elezione, e può, volendo, abbandonarsi al talento o seguir la ragione, in che appunto consiste il libero arbitrio, onde segue che l'uomo ha merito e demerito delle proprie azioni. Ma, premesse queste cose, egli è certo ancora che fra gli stimoli molteplici che lo vanno eccitando, ve n' ha gran numero, dell' esistenza della forza dei quali non è l'uomo padrone. Tali sono le tendenze e le propensioni che, senza dubbio, esistono in noi da natura, e son diverse nei diversi uomini, abbiano esse o no organi fisici corrispondenti: tal è l'influsso di tutte le condizioni esterne, tale infine l'educazione; pigliando sotto questo nome tutte le azioni morali che dagli altri uomini fan capo nell'animo nostro dalla culla sino alla tomba. Le quali azioni connaturate si mutano in abito, e divengono tanto difficili a vincersi alcune volte, che anche i più rigidi moralisti non dicono che giustifichino, ma ne scusan molto i colpevoli effetti. E chi ponesse mente a certi eventi storici che hanno lor germe ascoso nelle passate generazioni, vedrebbe che la responsabilità del fatto materiale, poniamo di un rivolgimento politico, non tanto appartiene a chi lo eseguisce, quanto a coloro che di

lunga mano lo provocarono. Pertanto, sebbene ogni individuo sia moralmente libero di eleggere questa o quella via, pure, conoscendo tutte le condizioni interne od esterne che operano sull'animo di lui, si può con molta probabilità conghietturare qual sia per essere la sua determinazione. E questa probabilità cresce quanto la conghiettura si stende a un numero maggiore di uomini, tantochè nelle moltitudini si può agevolmente dalle predisposizioni calcolare gli effetti. Pigliate, di grazia, gli atti onde si tien pubblico registro, e vedrete, per cagion d'esempio, che in un dato paese quasi ogni anno v'ha uno stesso numero di delitti, e ciò, che è più singolare, della stessa specie, ripartiti in una egual proporzione fra le medesime classi dei cittadini. Oltredichè, la sfera entro cui l'uomo opera non è indefinita, nè l'arbitrio può spaziare così largamente che non trovi limiti o fuor di sè o nell' intima sua stessa natura. Oseresti quasi raffigurarlo nella oscillazione del pendolo che dalla linea media non può dilungarsi soverchio. E come Ippocrate notava nei corpi una forza medicatrice e restitutiva della sanità perturbata, così è degli animi, perchè, oltre un certo termine, la natura reagisce e respinge l'arbitrio verso le sue normali condizioni. Arroge che quando l'ordine della società è turbato e messo in fondo, sopravvengono eventi straordinarii e talora gravissimi, come le invasioni di altri popoli, o le calamità fisiche, le quali aspre battiture pongon freno alla corruzione dei popoli, e li richiamano a più savi consigli e ad opere virtuose. Onde si vede che il dolore per un'arcana e stupenda connessione si collega alla moralità sì degl'individui che delle nazioni. Resta dunque illesa la libertà dell'arbitrio, la cui azione può efficacemente concorrere al bene, e dovrebbe, ma talora lo disvuole, lo avversa e ne patisce lunghe espiazioni; pur non ha potenza di intervertire e cambiare

l'ordine generale delle cose. La volontà umana, e il governo divino, sono i due termini entro i quali si aggira la storia; e come senza la prima non sarebbe spiegabile la varietà quasi infinita degli avvenimenti, così senza il secondo questi non potrebbero mai recarsi ad unità di concetto e di fine.

Carmo. Voi ponete sempre in tutto il vostro discorso un'armonia fra l' uomo e l'universo, fra il fine al quale egli è destinato e i mezzi ond' è fornito, fra il passato e l'avvenire dell' umanità. E bene a ragione il fate, perchè senza questo presupposto non istarebbe il corso provvi denziale delle nazioni, che è il fondamento delle vostre indagini. Ma come mai in mezzo a tale armonia può stare il dolore? Eppure egli è il fatto più universale, più costante, più necessario di tutta la vita. Voi avete testè accennato alle colleganze del dolore colla moralità, inquantochè egli è atto a far rinsavire le generazioni tralignate, sollevandole dall' ignavia e indirizzandole a vita generosa. Ma se questo può spiegare alcuna fra le moltissime acerbità degli uomini, certo non ne spiega la cagione, di guisa che rimane tremendo il problema non pure dell' infelicità umana, ma di tutte le cose, ed arguisce una disarmonia ed una pugna del creato, quasi effetto di una sapienza che è venuta meno a se stessa.

Eupronio. In vero voi toccate uno dei punti più misteriosi della vita, tanto misterioso, che per avventura supera in parte le forze del nostro intendimento. Ma prima di ogni altra cosa uopo è non fare esagerato ritratto dei mali, come sovente accade che di lievi contrarietà meniamo doglianza, mentre dei beni continui e svariatissimi che ci appresta la natura quasi non ci accorgiamo, nè pigliamo compiacimento. Il piacere ci par sfuggevole, e di leggieri s'oblia; il dolore chiama a sè la mente e lascia nella memoria una impressione quasi

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