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era a lui succeduto nel governo delle finanze il Ferrara, le cui idee, per tutto quel che era noto, non s'accordavano in molte parti con quelle del suo predecessore. Ma ad ogni discussione di nuove imposte intendeva egli premettere quella di un contratto sui beni ecclesiastici, destinato a dar tempo e a rifornire l'Erario del bisognevole per l'anno 1867 già incominciato e per l'anno successivo 1868. Niuno ignora come la Camera avversasse quel contratto, e vi sostituisse un progetto di legge derivato da principii interamente opposti. Il quale, avendo nondimeno trovato nei colleghi del Ferrara favore eguale, egli dovette ritirarsi: nè per allora si parlò più d' ordinamento d'imposte. Dopo i dissennati e dolorosi fatti dell' ottobre 1867, il Cambray Digny ripigliò in buona parte i disegni dello Scialoia sulle imposte dirette, ma trovò la Camera poco disposta ad accettarli; di che nacque una specie di compromesso per fare alcuni provvedimenti temporanei, e la Commissione, della quale il Sella era relatore, propose l'aumento di un terzo decimo della fondiaria. In questo frangente lo Scialoia mandò fuori un altro scritto, il quale inesattamente si chiamerebbe nuova forma del suo sistema, perchè è piuttosto un grido alla riscossa. Egli fulmina i proprietarii che rifiutano l'offerta di render fissa la fondiaria, che sarebbe un vantaggio inestimabile per l'agricoltura, e si ostinano a non voler entrare nel diritto comune pagando l'imposta personale; nè sa comprendere come la maggioranza degli Italiani non gridi allo scandalo, scorgendo che i proprietarii sono più mossi dagli interessi che dai principii. Or bene, conclude egli, non volete punto udir parlare di tassa sulle entrate.... siete compresi di un sacro orrore per le denunzie? Sia. Noi scriveremo sulla nostra bandiera, abolizione della tassa sulla ricchezza mobile. Eccovi soddisfatti: l'avete infine spuntata. Ma per que

MINGHETTI.

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sto? Abolendo la tassa sulla ricchezza mobile, egli propone di surrogarvene parecchie altre, una di famiglia, una sul valor locativo, una sull'esercizio dei commerci, della industria, delle professioni. Così per diverse, anzi opposte vie, egli ritorna a quel concetto che era stato scartato già dal 1861, di estendere cioè a tutta Italia le tasse indiziarie che vigevano nel Piemonte e nella Toscana. Ma come sopra indicammo, il lettore avrà scorto dalla forma stessa del linguaggio che tanto si dilunga da quel fare temperato, severo, scientifico, che qualifica lo Scialoia, come in questa occasione alle sue idee per avventura si mescolasse alquanto di risentimento. Ad ogni modo poi codesto non poteva essere che un espediente, quando il vero sistema fosse completamente abbandonato. Se non che il Ministro e la Camera non volevano decidere allora le questioni fondamentali, ma le differivano a tempo più opportuno.

La questione rimane dunque integra, e non solo teoricamente, ma anche nel riguardo della pratica opportunità merita il pregio di esaminare le opinioni dello Scialoia. Ma avendo esposto per dir così la storia delle variazioni del suo pensiero, dal 1861 al 1868, io non ho inteso di fargli un appunto, prima perchè, la materia essendo ardua e complessa oltremodo, è natural cosa che si venga presentando al pensatore or sotto un aspetto, or sotto un altro; in secondo luogo, perchè allo scienziato divenuto ministro si erano parate innanzi molte difficoltà pratiche che prima alla sua mente non s'affrontavano. Ma qualunque sia il giudizio che si porti sul suo sistema, è forza conchiudere, come io diceva da principio, che nessuno può d'ora innanzi rintracciare la soluzione del problema dell' ordinamento mi

Vedi Scialoia, Speranze, timori e suggerimenti relativi alla riforma della tassa sulle entrate. Nuova Antologia, giugno 1868, pag. 387-397.

gliore delle imposte dirette in Italia, senza tener grandissimo conto dei concetti che lo Scialoia ha esposti in questa materia.

IV.

IMPOSTA FONDIARIA.

1o ARGOMENTO. L'imposta fondiaria è un censo perpetuo che il proprietario deve allo Stato.

Codesta proposizione riunisce in sè due termini contraddittorii, quali son quelli d'imposta e di censo. Imperocchè il primo significa un contributo dei cittadini al fine di sopperire alle spese comuni richieste, perchè lo Stato possa adempiere i proprii uffici; mentre l'altro. esprime un debito, e presuppone che lo Stato sia il padrone vero ed originario della terra, che n'abbia concesso l'uso al possessore, che questi riconosca il suo dominio eminente, che la proprietà privata altro non sia che un utile dominio. Ora la scienza economica abborre da tali principii, e la civiltà moderna è vòlta ad opposto corso: quella dimostra che il possesso della terra non differisce punto dal possesso di qualsiasi altra forza naturale limitata; questa niega al Governo ogni balìa di creare diritti, e restringe il suo cómpito a tutelarli. Nè si adduca una consuetudine o un tacito assentimento. Qual'è la consuetudine potente a trasformare di tal guisa la essenza di un diritto fondamentale dell' uomo come quello di proprietà? Qual è il consenso onde fu dato tanto arbitrio al Governo sopra di ciò? Ma io dico che la cosa, riguardata anche storicamente, è diversa da quella che si annuncia. Codesto concetto poteva aver riscontro nei tempi del feudalismo; ma l'età moderna ha messo in evidenza l'indole privata della proprietà, e sancito la

libera disposizione di essa. Nè l' esempio dell' Inghilterra nel 1798 può essere acconcio all'uopo, perchè se vi era paese dove il sistema feudale avesse avuto il suo pieno svolgimento, era quello appunto, e la terra riguardavasi come appartenente al re, che la concedeva ai baroni, i quali alla lor volta la riconcedevano ai vassalli: terra veramente libera, e proprietà veramente privata non si comprendeva in quel sistema.' Ma in Italia, in codesto paese dove il feudalismo non ha potuto mai metter radici; dove il diritto romano ha più o meno, ina pur sempre mantenuto, qualche imperio, anche durante le incursioni barbariche; dove ai primi albori dell' età moderna sorsero le città e le repubbliche, che tassarono non solo la rendita fondiaria, ma altresì la mobile; il voler presupporre che la proprietà terriera abbia una base enfiteutica rispetto allo Stato, non è nè giusto nè vero. E codesto spiega la contrarietà che il sistema dello Scialoia suscitò nei proprietarii, ai quali parve che il diritto loro fosse menomato, e tronca la loro aspettativa. Nè giovarono appresso le dichiarazioni dell' Autore, che egli rinunziava al concetto e alla parola di consolidamento e di riscatto. Il sistema, nella forma colla quale era stato presentato dapprima, mostravasi così ben connesso e così logicamente disceso dalla premessa, che pur levando quella dinanzi dagl' occhi, siccome in parte rimanevano le conseguenze, così rimase nell' universale una specie di repugnanza ad accettarle.

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'. All the land in the kingdom is supposed to be holden mediately or immediately of the king who is styled the lord paramount or above all. » Blackstone, Comm. on the laws of England. B. II, c. 5. Vedi anche lo Stephens, ed il Mac-Culloch nel suo libro Taxation and funding. General observations.

Il Courcelle Seneuil, dando ragguaglio nel Journal des Economisles, agosto 1868, di un opuscolo del nostro senatore Ghiglini, con una grande disinvoltura pone fuori di dubbio che lo Stato sia comproprietario del terreno. Adagio a' ma' passi, gli direbbe un fiorentino.

2° ARGOMENTO. La imposta essendo antica e fissa può riguardarsi come una prestazione annua che il proprietario paga allo Stato.

Cotesto argomento in sostanza è eguale al precedente, sol che lo si attenua, e gli si dà una forma meno avversa ai principii della scienza; così la nostra risposta non è altro che la continuazione e lo svolgimento della precedente.

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Il principio della immutabilità della imposta fondiaria è stato molto disputato fra gli scrittori di Economia pubblica, e con varia sentenza, secondo i principii dai quali pigliavano le mosse. Io avrò per avventura occasione di discorrerne partitamente altrove, quando esaminerò se e come la imposta possa seguire i progressi della entrata agraria: però entro certi limiti non si può negare la convenienza che essa rimanga ferma, e non sia troppo spesso mutata e rimescolata. La stabilità dell'imposta è un bene, perocchè toglie via dai calcoli di preveggenza un elemento d'incertezza, il che è vantaggioso alla produzione, sia questa agraria, o industriale, o commerciale. L'animo degli uomini, come ha provato mirabilmente il Bentham, è tutto nell' aspettativa, imperocchè il presente appena è che già fu; e meno l'aspettativa è soggetta a disinganni, più l'uomo si sente sicuro, operoso e contento. Si è detto invero da taluni che l'aumento delle tasse è uno stimolo all' alacrità dei

Lo Scialoia cita nel Progetto di legge, presentato il 27 gennaio 1861, con visibile compiacenza a suo sostegno un brano dei Principii economici di Stuart Mill; ma bisogna dire che codesto scrittore, che comunemente è lucidissimo, perde di sua chiarezza in questo punto: imperocchè, dopo il passo citato dallo Scialoia, soggiunge altre cose che sembrano andare in opposta sentenza. Inoltre la questione è da lui trattata incidentalmente, non ex professo; ma si potrebbero citare altri non meno illustri scrittori d'Economia che professano la teorica contraria, i quali io tralascio per brevità. * Vedi il Rossi, Cours d'Économie politique, cinquième leçon.

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