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Vero è che queste clausole nel progetto 1852 non furono più rinnovate, come quelle sopra indicate dalla legge francese disparvero; ma se le cose dette dimostrano qual' era la tendenza e quale lo spirito che informava ab origine i legislatori, del mutamento avvenuto di poi è agevole comprender le ragioni. In primo luogo è da osservare che niente vieta, anzi spesso accade che la proprietà di terre o di case vada congiunta a proprietà di ricchezze mobili. Da ciò che io posseggo un fondo non ne consegue che io non sia contemporaneamente capitalista, o eserciti una professione; dunque se io pago l'imposta fondiaria a cagione della entrata stabile che ho, non per questo debbo essere esonerato dall' imposta mobiliare per le mie entrate mobili. E posciachè il sistema che fu accolto per tassare queste ultime poggiava tutto sui sintomi della ricchezza, e di essa traevasi argomento dal valor locativo, dai mobili della casa, dal numero dei servi, dalle vetture e va dicendo, mal si poteva in pratica fare eccezioni o sottrazioni. Si potrebbe dire, a rigore di termine, che, indipendentemente dal fondo, il legislatore attribuiva alle famiglie che hanno una cotal posizione civile, e che vivono con una certa agiatezza, altri capitali mobili ed altre sorgenti d'entrata che voleva a questa imposta sottoporre. Che se taluno opponga che alla induzione non corrisponde sempre la verità del fatto, si può dire di riscontro che una parte di questa imperfezione si deve alla natura stessa del sistema che da certi indizii pretende argomentare la ricchezza. Così, per esempio, taluno può avere un grande appartamento perchè ha una numerosa famiglia, sebbene sia poco agiato di beni di fortuna, mentre un altro più ricco, ma celibe, non occupa che poche stanze: così un negoziante o un avvocato anche in un comune popoloso e ricco può guadagnare meno di quello che altri in un

comune piccolo e povero. E nondimeno il legislatore non può fermarsi a queste eccezioni, e pronunzia sentenza contraria: son questi difetti inerenti, inseparabili dal sistema di tassazione per mezzo degli indizii. Havvi una considerazione ulteriore assai importante, ed è che nella stessa industria agraria v'è una parte propriamente mobile, la quale non cade sotto l'imposta fondiaria, e per la cui rendita il proprietario può essere soggetto come il fittaiuolo ad una imposta anche esclusivamente mobiliare; ma di ciò avrò occasione di parlare più tardi. Quanto alla tassa di famiglia in Toscana, quivi ancora, se si pon mente alle sue origini, pare che fosse messa in surrogazione della macina, e per analogia alla personale; ' ed è a notare la sua esiguità, poichè nel complesso non saliva neppure ad una lira per abitante. Nè tampoco è da tacere come ciò nonostante fosse lamentata la duplicazione d'imposta sui proprietarii di terre si nel Piemonte che nella Toscana; anzi in quest'ultima provincia il Consiglio di Stato nel 1848 aveva proposto di cessare lo sconcio mercè di un ordinamento nuovo delle imposte dirette, nel quale, abbandonata l'arbitraria e screditata tassa di famiglia, la ricchezza mobile sarebbe stata tassata sulla base della denunzia debitamente sindacata, e separatamente dalla ricchezza fondiaria.

E finalmente è anche da avvertire come appunto nella Toscana e nel Piemonte la imposta fondiaria fosse meno grave che altrove, onde veniva maggiormente giustificata una ulteriore tassazione solto altra forma. La mitezza della fondiaria piemontese era stata notata nel

↑ Vedi Editto 11 febbraio 1815. Così è anche della Classensteuer di Pruse sia, la quale si riscuote soltanto nelle campagne, appunto là dove non si è introdotto il dazio del macello e della macinazione. Così di alcune tasse locali, come il focatico, che in certe provincie di Italia tenevano principalmente luogo del dazio consumo.

Parlamento subalpino, quando nel 1851 rimaneggiavasi tutto il sistema delle imposte, e se si fosse allora aumentata, è molto verosimile che le cautele e le riduzioni proposte dalla Commissione parlamentare, che ho toccato sopra, sarebbero state accolte; ma la grande disuguaglianza della fondiaria fra comuni e comuni e fra contribuenti e contribuenti trattenne il legislatore da ogni aumento, e così fu giustificata la estensione della tassa mobiliare anche ai proprietarii di stabili.

Ma lasciando da parte questi esempi e queste speciali considerazioni, e riconoscendo per vero che i proprietarii di terre pagano, oltre la fondiaria, un'altra imposta diretta in molti paesi d' Europa, bisogna spiegarsi chiaro, perchè tutta la efficacia di questo argomento specioso nasce da un equivoco. E di vero io affermo che la tesi dei proprietarii italiani si riduce a questi due punti, per me evidentissimi: 1° che la imposta fondiaria che essi pagano è una detrazione annua dalla entrata che ritraggono dal fondo, che ha il vero e proprio carattere di una imposta sui loro averi (uso la parola consacrata dallo Statuto); 2o che essi debbono essere tassati in proporzione dei loro averi secondo che la giustizia e la eguaglianza prescrive. Ciò premesso, se per cagion d'esempio la imposta fondiaria fosse (che non credo) da taluno ritenuta lieve rispetto all' entrata dei beni stabili, o rispetto all'altra tassa diretta sulla ricchezza mobile, chi potrebbe negare la convenienza di accrescerla, o, lasciandola nella sua attuale condizione, aggiungervi una seconda tassa di altro genere? Chi potrebbe rifiutarsi a discutere similmente se sieno da preferirsi i catasti, ovvero altre forme di estimo e di reparto? Se invece di imporre sulla entrata agraria una tassa sola diretta sotto il nome di fondiaria, possa convenire di dividerla in due parti, l'una propriamente catastale, l'altra riscossa con altri metodi?

E se giusta le teoriche dello Scialoia, nelle quali egli s' incontra con un egregio scrittore recente della Germania, Eduardo Pfeiffer, giustizia vuole che si tassi non solo la entrata, ma anche la spesa, inquantochè essa arguisce capitali infruttiferi, e rappresenta una ricchezza che più non si rinnova, e più non porge ristoro alla finanza, chi vorrebbe contrastargli la importanza e il diritto di siffatta disamina? Ciò che i proprietarii assolutamente rifiutano, e, a parer mio, con ragione, si è quella sentenza, che la fondiaria non è un'imposta, che per conseguenza essa non risponde all'obbligo loro verso lo Stato, e che indipendentemente da essa, e come se non esistesse, o esistesse sol parzialmente, debbono essere di nuovo ragguagliati ad ogni altra classe di cittadini per rispetto ai tributi. Ciò che essi respingono di forza è il concetto che si vuol far prevalere, che nell' ordinamento delle tasse dirette in Italia, quale oggi è stabilito, i proprietarii godono un privilegio inusitato, ingiusto, pernicioso alle finanze, esiziale all'agricoltura ed alla pubblica prosperità.

V.

IMPOSTA SUI REDDITI DELLA RICCHEZZA MOBILE.

L'errore sostanziale del legislatore nel 1864, secondo le opinioni dello Scialoia, fu questo, che di una tassa, la quale sarebbe razionale e giusta allora solo quando fosse generale, cioè quando si estendesse a tutte le maniere di entrata, ha voluto fare una tassa speciale, cioè ristretta ai redditi di ricchezza mobile. Così contrapposta alla tassa fondiaria, lungi dall' essere in armonia colla medesima, le è in aperta contraddizione. E il motivo della contraddizione, secondo lui, è il seguente: che la

tassa fondiaria è una tassa reale, astratta, stabilita sopra una rendita media della terra, accertata secondo certe categorie e qualità e quantità di cultura, senza sottrazione di debiti; la tassa della ricchezza mobile è una tassa personale, concreta, stabilita sopra la rendita effettiva annua del contribuente, accertata per la dichiarazione del medesimo, sottratti i debiti. Le due tasse non possono dunque coesistere insieme in un buono ordinamento di finanza.

Io non saprei acconciarmi a codesta sentenza: concedo che le due tasse sono diverse, nego la repugnanza loro e l'assurdità. Per colpire la ricchezza il legislatore sceglie quei metodi che stima più opportuni all' uopo, e lo Scialoia stesso, esaminando la teorica delle imposte, ebbe a dimostrare che in questa complicatissima materia non si può prender le mosse da un criterio solo. L'esclusività di ciascuna delle massime, diss'egli, fu corretta dalla moltiplicità delle imposte, colla quale il buon senso dell'empirismo suppliva alla imperfezione del principio. E ponendo in chiaro le grandi difficoltà, a cui porge occasione la stessa tassa generale sulle entrate nel suo accertamento, soggiunse: L'imposta sull'entrata non è meno disuguale di molte altre, ed è altresì varia e diversa in se medesima e ne'suoi risultamenti in ragione di quei diversi elementi che con varia proporzione compongono le entrate. Si potrebbe dunque rispondere di primo acchito che il prodotto della terra per la natura sua, e per essere meno soggetto a sbalzi da un anno all'altro di quello sia il prodotto dell' industria e del commercio, e per la maggior facilità d'indagini, può essere sottoposto a certi calcoli scientifici e tecnici, e che il legislatore ha scelto questa via tanto più opportunamente, inquantochè la descrizione e la mappa del terreno sono necessarie ad alcuni

'Scialoia, Studio. Senato, 1863.

Id., ibid.

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