Immagini della pagina
PDF
ePub

essi avrebbero pagato egualmente secondo verità e giustizia. Così avviene sempre nelle medie quando sono ben calcolate, e se dalle terrestri cose salghiamo sino a contemplare le celesti, quivi pure adopriamo il metodo medesimo, e quando, per esempio, vogliamo effigiare il corso di un pianeta intorno al sole, noi non teniamo conto delle sue perturbazioni, perchè sappiamo che codeste perturbazioni si compensano, laonde il corso del pianeta può essere rappresentato da una linea curva che rientra in se medesima. Ma si risponderà che questo sarebbe vero allora soltanto che la rendita catastale corrispondesse ad una media effettiva; in quella vece la rendita catastale calcola solo la possibilità che certe terre messe a certe culture rendano tanto, nè tien conto dell'aumento che può recarvi l'applicazione di nuovi capitali e la maggior solerzia del coltivatore. In questo obbietto v' ha una parte di vero, e ne discorrerò più oltre. Ma quando si considera che dall'origine dei catasti la imposta fondiaria è venuta sempre crescendo, e soprattutto che le sovrimposte comunali e provinciali la variarono e la proporzionarono successivamente all' entrata effettiva, si riconoscerà che anche l'imposta fondiaria ha seguìto almeno in parte i progressi dell'agricoltura. Intanto mi piace. di considerare che, ad eccezione degli assegni e degli stipendi fissi dove la entrata media è identica alla effettiva, in tutte le altre entrate di ricchezza mobile, per quanto si suppongano denunziate con fedeltà scrupolosa, vi è sempre una specie di media. Chiunque esercita un' in

1

1 Dico a posta che la proporzionarono all' entrata effettiva, perchè il fenomeno che in alcuni paesi d'Italia si manifesta, di aver le comunità duplicata, triplicata e perfino decuplicata la imposta erariale, prova ad evidenza che questa era esigua, che posteriormente alla sua fissazione si erano introdotti molti miglioramenti nei fondi, e per conseguenza poteva accrescersi senza offender troppo le ragioni della uguaglianza colle comunità vicine.

dustria o un commercio, sa che oltre le difficoltà insite alla formazione del suo bilancio annuo, il prospetto dei profitti e perdite non si forma con pari misura negli anni favorevoli e negli anni scarseggianti. Nei primi si allarga la mano per logoro di capitali e per ammortamento, si abbonda nelle spese di restauri e va dicendo; mentre negli altri si procede più per la sottile, e si giunge al punto di trarre dal capitale di riserva di che fornire l'interesse all'azionista, il quale viene così a pagare la sua imposta non sull' entrata di quell'anno, ma sopra entrate antecedenti capitalizzate. Insomma oserei quasi dire che anche la denunzia rappresenta, nel maggior numero dei casi, una media, benchè meno larga e complessa della media catastale.

Ma si ripiglia che la tassa fondiaria, siccome tassa reale, colpisce l'entrata agraria al netto delle spese e al lordo dei debiti del contribuente; mentre la tassa della ricchezza mobile, siccome tassa personale, colpisce il contribuente al netto delle sue passività. Procediamo cautamente: codesta proposizione non è esatta, imperocchè, secondo la nostra legge, il contribuente non può già dedurre nella sua denunzia gl' interessi di tutti i debiti dei quali fosse per avventura gravato, ma soltanto di quelli che hanno proprio e speciale rapporto coi redditi di ricchezza mobile da lui posseduta, e ciò dee convenientemente giustificare. 1 Ora nei debiti che gravano il proprietario di terre, sarebbe malagevolissimo poter discernere quali sieno stati incontrati per conseguire una maggior entrata del fondo, e quali no. Codesto punto, cioè la mancanza di un collegamento necessario fra la rendita e la passività, è la ragione che ha indotto il Rau a sostenere, anche in ordine teorico, che le imposte sulla in

1

'Articolo 11 della Legge; articolo 48 del Regolamento sulla tassa della ricchezza mobile.

2

dustria comportano la deduzione dei debiti, ma che nol comporta la tassa fondiaria. 1 Ma checchè di ciò si pensi, certo è che la differenza non è essenziale, imperocchè può concepirsi la fondiaria con deduzione di debiti, e la imposta sulla ricchezza mobile senza deduzione di debiti. Di quest' ultimo fatto ne abbiamo esempi frequenti nella legislazione degli Stati Uniti d'America, e nella tassa sulle entrate vigente nel ducato di Saxe-Weimar, la quale è una vera e propria income-tax all'inglese, con questa variante che non vi si fa luogo a deduzione di debiti. Niente vieta d'altra parte che voi deduciate gl'interessi dei debiti ipotecarii da una imposta fondiaria, sia essa desunta da una rendita media catastale, ovvero dalla denunzia. E tanto più sarebbe ciò attuabile qualora, la tassazione del Governo rimanendo sul lordo, fosse data al contribuente la facoltà di rimborsarsi mediante ritenuta verso il suo creditore. Ciò avveniva appunto nella tassa sulla rendita applicata dall'Austria in Lombardia e nella Venezia; e più volte un tale concetto fu espresso alla nostra Camera da parecchi deputati. I quali reputavano che ciò accrescerebbe il provento erariale, avvegnachè la scheda A, che riguarda i redditi dei capitali dati a mutuo con o senza ipoteca, è la più imperfetta, e lo Stato, perdendone l'ammontare, avrebbe perduto poco, mentre avrebbe guadagnato molto, accogliendo le denunzie dei redditi della ricchezza mobile nella loro integrità e tassandoli al lordo dei debiti come i redditi delle terre. E tanto più s'infervoravano in questa tesi, inquantochè la tassa di ricchezza mobile, relativa ai capitali ipotecarii, è sostenuta massimamente dai proprietarii. Imperocchè nelle condizioni presenti quando l'offerta di capitali è così scarsa rispetto alla domanda, com'è appo noi; 'Rau, Gründsätze der finanzenwissenschaft, § 401, a. b. 'Parieu, Traité des impôts, lib. III.

quando ognuno che vuol rinvestire danaro trova lucrosi collocamenti in rendita pubblica, in azioni industriali e commerciali, il creditore ha buono in mano per farsi rimborsare dal debitore, oltre gl'interessi del capitale, anche la tassa sugli interessi medesimi. Se ad uno ad uno s'interrogassero tutti i proprietarii di terra che sono gravati d'ipoteche, si avrebbe, io credo, in generale la conferma di questo fatto.

Io leggo sovente le grandi querele che si fanno sulla condizione indebitata de' proprietarii, e lo stesso Scialoia se ne fa interprete con quella dottrina e quell' ingegno che tutti sappiamo. Anch'io sono d'accordo nel deplorare siffatta condizione di cose, e nel lodare gl' Istituti di credito, e gli altri mezzi suppletivi coi quali si cerca di modificarla. Ma son d'avviso che un vero mutamento di cose in questa materia non potrà accadere se non quando sia mutata l'opinione pubblica, che generalmente prevale. Quando nel Medio Evo la proprietà fondiaria era tutto, quando essa sola dava indipendenza e spesso franchigie e privilegi, quando il sentimento della perpetuità della famiglia si collegava per dir così col possesso della terra, quando la compra e vendita era irta di ostacoli e di difficoltà; egli è agevole intendere tutta la sollecitudine che poneva il proprietario nel conservare il suo fondo, sobbarcandosi, in caso di necessità, a sostenere piuttosto la durezza d'interessi usurari, che a vendere e liquidare. Ma oggidì l'agricoltura è addivenuta una forma dell' industria in generale: anch'essa mira a ricavare il massimo prodotto nel più piccolo spazio e colla minore spesa possibile, e perciò ha bisogno di cognizioni tecniche e di capitale. Ecco un proprietario che ab antico possiede un tenimento, ma sopporta a mala pena i frutti dei debiti ond' è gravato, e difetta dei mezzi che si richiedono per introdurvi quella cultura intensiva che risponde al pro

1

gresso della scienza; pur si ostina a tenerlo in casa, e intanto lo lascia mal coltivato. Dovrò io ammirare questo stato di cose, e riconoscerlo come normale? Poniamo un altro caso: taluno ha risparmiato una somma di dieci mila lire, e vuol investirla in terre: secondo la dottrina moderna, egli dovrebbe acquistare un fondo pel valor di cinque o sei mila lire, e poi col rimanente dotarlo di bestiame, d'ingrassi, di ammendamenti; invece compra per venti mila lire e lascia un residuo prezzo ipotecario, immaginando con vana speranza di pagarlo più tardi, mentre che invece rimane e si perpetua. Dovrò io lodare la sua condotta? E che diremo di coloro che fanno debiti per sopperire a spese smodate, oltre la rendita che il fondo loro fornisce? No, no: questa non è la legge del mondo moderno. Oggi la proprietà stabile vuol essere usufruttuata con tutti i mezzi che la civiltà fornisce, non dee rimanere inceppata dalle pastoie di vecchie pratiche, immobile e quasi retriva dinanzi al progresso generale della produzione. Il proprietario che non ha le cognizioni, la potenza, o la volontà di bene coltivare il fondo, farà cosa utile a se stesso ed alla società affittandolo, e qualora sia gravato di debiti a venderlo; avvegnachè in tal caso si può dire che il fondo non è suo che nominalmente, ma in realtà già appartiene per i suoi prodotti ai creditori. Se egli si ostina a conservarlo, e se per antichi pregiudizii sdrucciola a ruina, la colpa è tutta sua, e non veggo ragione che la società debba rimpiangerlo, o svantaggiare altre classi per favorirlo.

Ma tornando alla nostra materia, si replica: poichè voi

È chiaro che io non comprendo in queste considerazioni quell' agricoltore industre e masserizioso che compra con pagamenti graduali, quando ha la certezza che troverà nella sua industria e nella sua economia i mezzi non solo di bonificare il terreno, ma eziandio di compierne l'ammorta mento. In tal caso fa bene a sè ed alla società.

« IndietroContinua »