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prevalesse un tale sistema appresso molti, io dubito forte se veramente potesse tornare loro in utilità. Ad ogni modo poi, secondo le teoriche da me sopra discorse, io lo reputerei pernizioso, siccome quello che toglie a molte famiglie la possibilità di guadagnare la vita nel lavoro dei campi.

L'altro pericolo forse più comune è quello dell' aggravare i patti colonici. Ora io credo che se ciò generalmente si effettuasse sarebbe di notabile danno. Dicasi pure che i balzelli e le spese del proprietario vanno crescendo, ma perchè scaricarsene sul colono povero e travagliantesi nelle fatiche? Notate di grazia, o Signori, che una diminuzione di rendita a noi scema forse qualche godimento di superfluità e di lusso, al lavoratore toglie i pochi piaceri della sua vita, e talvolta il necessario. Nè vogliate dimenticare ciò che altrove ho già accennato, che l'obbligo di pagare gravosi patti gli è stimolo a fraudare il padrone, e lo spinge talvolta a quel primo errore onde poi gli altri vizi e la corruttela discendono. E poniamo pure che con integrità il mezzaiuolo serbi la sola parte che gli appartiene, ma non però di meno saranno sciolti quei vincoli di confidenza e di affetto verso il padrone, che sono pure una soavississima parte della agricoltura, e che al buon esito della coltivazione potentemente cooperano.

A queste due specie di disordini danno occasione i due mali da me ragionati parlando del diritto di proprietà, voglio dire la cupidigia del padrone, e la soverchia libertà che le leggi gli accordano. E duplice ancora mostrai dover esserne il riparo sia nelle buone leggi dei codici civili ed agrari, sia nella moderazione del padrone. Dico la moderazione del padrone, perocchè le istituzioni civili non possono produrre i stupendi loro effetti se non in quanto si accoppiano alla rettitudine del costume.

Ora a chi meglio l'una e l'altra cosa può essere raccomandata di quello che ad un' Accademia di Agricoltura la quale dei più dotti, e più facoltosi possidenti della provincia si compone? La condizione della nascita, le dignità, le ricchezze sono e saranno sempre presso la moltitudine, argomento di potenza e di onore. Se non che l'efficacia loro fu maggiore o minore secondo le varie età, e più o meno la riverenza che il popolo ebbe verso i grandi. Oggi a quelle artificiali distinzioni, i Filosofi contrappongono l'aristocrazia naturale dell'ingegno e della virtù, e alle dottrine dei filosofi assecondando tien dietro gran parte degli uomini. Però sembra venir meno quella soggezione e quel rispetto che alle classi superiori per tanti secoli di generazione in generazione si tramandava. Io anzichè dolermi di questo mutamento me ne compiaccio, perchè tende ad innalzare la nobiltà dell' umana natura. Ma nel medesimo tempo tengo per fermo che i ricchi ed i potenti potranno conservare ancora l'autorità loro, quante volte lo vogliano, non più è vero per la forza, ed in propria utilità come nel passato, ma per la ragione, ed in beneficio comune. Pigli adunque questa illustre Società la difesa e la protezione del contadino, e col consiglio e coll' esempio addimostri che le sta a cuore il buonessere ed il miglioramento della classe dei lavoratori. Questa sarà vera e stabile opera di rendersi benemerita alla patria, alla quale, o Signori, quanto è in noi d' ingegno, quanto di studio, quanto di facoltà deve essere tutto consacrato.

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DELLA RIFORMA

DELLE LEGGI FRUMENTARIE IN INGHILTERRA

E

DEGLI EFFETTI CHE POSSONO DERIVARNE

AL COMMERCIO ITALIANO.

Discorso letto alla Società Agraria di Bologna
il 1° marzo 1846.

DISCORSO

LETTO ALLA SOCIETÀ AGRARIA DI BOLOGNA

IL 1° MARZO 1846.

Mentre tutta l' Europa è intenta alle grandi riforme commerciali che si operano in Inghilterra specialmente sulle leggi frumentarie, e se ne aspettano eziandio non piccoli effetti in Italia e in tutto il Continente, non sarà io spero nè inopportuno, nè discaro a voi, Colleghi stimatissimi, che io prenda questa materia a subbietto del mio ragionare. Parendomi che le notizie divulgate intorno a ciò siano vaghe ed incompiute; per la qual cosa e perchè si trovano scompagnate dalla cognizione dei fatti antecedenti, e delle cagioni loro, non si può fondare sopra di esse buon ragionamento. In quanto a me poi se dall' una parte mi ritrae dall' argomento gravissimo la pochezza dell' ingegno e degli studi, mi riconforta dall'altra la vostra benignità, della quale ebbi non è molto prova sì manifesta e sì cara. Nè per avventura a questo discorso mi sarà inutile l'aver fatto io di recente alcuna dimora in Inghilterra, dove già fervevano le dispute sulla riforma. E di molte cose io medesimo fui testimonio di veduta; molti scritti mi vennero alle mani dove la questione era distesamente trattata, e

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