La carità che uccide

Copertina anteriore
Rizzoli, 5 set 2011 - 266 pagine
IL 13 LUGLIO 1985 va in scena il concerto "Live Aid", con un miliardo e mezzo di spettatori in diretta: l'apice glamour del programma di aiuti dei Paesi occidentali benestanti alle disastrate economie dell'Africa subsahariana, oltre mille miliardi di dollari elargiti a partire dagli anni Cinquanta. Venticinque anni dopo, la situazione è ancora rovinosa: cosa impedisce al continente di affrancarsi da una condizione di povertà cronica? Secondo l'economista africana Dambisa Moyo, la colpa è proprio degli aiuti, un'elemosina che, nella migliore delle ipotesi, costringe l'Africa a una perenne adolescenza economica, rendendola dipendente come da una droga. E nella peggiore, contribuisce a diffondere le pestilenze della corruzione e del peculato, grazie a massicce iniezioni di credito nelle vene di Paesi privi di una governance solida e trasparente, e di un ceto medio capace di potersi reinventare in chiave imprenditoriale. L'alternativa è chiara: seguire la Cina, che negli ultimi anni ha sviluppato una partnership sofisticata ed efficiente con molti Paesi della zona subsahariana. Il colosso cinese, che non deve fare i conti con un passato criminale di colonialismo e schiavismo, è infatti in grado di riconoscere l'Africa per la sua vera natura: una terra enorme ricca di materie prime e con immense opportunità di investimento. Definita l'anti-Bono per lo spietato pragmatismo delle sue posizioni, in questo libro Dambisa Moyo pone l'Occidente intero di fronte ai pregiudizi intrisi di sensi di colpa che sono alla base delle sue "buone azioni", e lo invita a liberarsene. Allo stesso tempo invita l'Africa a liberarsi dell'Occidente, e del paradosso dei suoi cosiddetti "aiuti" che pretendono di essere il rimedio mentre costituiscono il virus stesso di una malattia curabile: la povertà
 

Sommario

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Sezione 8
Sezione 10
Sezione 11
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Sezione 13
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Sezione 17

Sezione 9

Parole e frasi comuni

Informazioni sull'autore (2011)

DAMBISA MOYO è nata a Lusaka (Zambia) nel 1969. Formatasi tra Oxford e Harvard, ha lavorato per la Banca mondiale e Goldman Sachs. Nel 2009, grazie al successo mondiale di questo libro, la rivista “Time” l’ha segnalata tra le cento personalità più influenti del mondo. Scrive sull’“Economist” e sul “Financial Times”.

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