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senza causa alcuna che si possa comprendere: però giungendo alla presenza di quello, e non essendo dagli altri per prima conosciuto, benchè sia arguto e pronto nelle risposte, e si mostri bene nei gesti, nelle maniere, nelle parole, ed in ciò che si conviene, quel signore poco mostrarà d'estimarlo, anzi più presto gli farà qualche scorno; e da questo nascerà che gli altri subito s'accommodaranno alla volontà del signore, e ad ognun parerà che quel tale non vaglia, nè sarà persona che l'apprezzi o stimi, o rida de' suoi detti piacevoli, o ne tenga conto alcuno; anzi cominciaranno tutti a burlarlo, e dargli la caccia; nè a quel meschino basteran buone risposte, nè pigliar le cose come dette per gioco, chè insino a’paggi se gli metteranno attorno, di sorte che, se fosse il più valoroso uomo del mondo, sarà forza che resti impedito e burlato. E per contrario, se 'l principe si mostrarà inclinato ad un ignorantissimo, che non sappia nè dir nè fare, saranno spesso i costumi ed i modi di quello, per sciocchi ed inetti che siano, laudati con le esclamazioni e stupore da ognuno, e parerà che tutta la corte lo ammiri ed osservi, e ch'ognun rida de' suoi motti, e di certe arguzie contadinesche e fredde, che più presto dovrian mover vomito che riso tanto son fermi ed ostinati gli uomini nelle opinioni che nascono da' favori e disfavori de' signori. Però voglio che 'l nostro Cortegiano, il meglio che può, oltre al valore, s' ajuti ancor con ingegno ed arte; e sempre che ha d'andare in loco dove sia nuovo e non conosciuto, procuri che prima vi vada la buona opinion di sè che la persona, e faccia che ivi s'intenda che esso in altri lochi, appresso altri signori, donne e cavalieri, sia ben estimato; perchè quella fama che par che nasca da molti giudicii genera una certa ferma credenza di valore, che poi, trovando gli animi cosi disposti e preparati, facilmente con l'opere si mantiene ed accresce: oltra che si fugge quel fastidio ch'io sento quando mi viene domandato chi sono, e quale è il nome mio.

XXXIII. Io non so come questo giovi, rispose messer BERNARDO BIBIENA; perchè a me più volte è intervenuto, e, credo, a molt' altri, che avendomi formato nell' animo, per detto di persone di giudicio, una cosa esser di molta eccel

lenza, prima che veduta l'abbia, vedendola poi assai mi è mancata, e di gran lunga restato son ingannato di quello ch' io estimava; e ciò d' altro non è proceduto che dall'aver troppo creduto alla fama, ed aver fatto nell' animo mio un tanto gran concetto, che, misurandolo poi col vero, l'effetto, avvenga che sia stato grande ed eccellente, alla comparazion di quello che imaginato aveva m'è parso piccolissimo. Cosi dubito ancor che possa intervenir del Cortegiano. Però non so come sia bene dar queste aspettazioni, e mandar inanzi quella fama; perchè gli animi nostri spesso formano cose alle quali impossibil è poi corrispondere, e così più se ne perde che non si guadagna.- Quivi disse messer FEDERICO: Le cose che a voi, ed a molt' altri riescono minori assai che la fama, son per il più di sorte, che l'occhio al primo aspetto le può giudicare; come se voi non sarete mai stato a Napoli o a Roma, sentendone ragionar tanto imaginarete più assai di quello che forse poi alla vista vi riuscirà; ma delle condizioni degli uomini non intervien cosi, perchè quello che si vede di fuori è il meno. Però se 'l primo giorno, sentendo ragionare un gentiluomo, non comprenderete che in lui sia quel valore che avevate prima imaginato, non cosi presto vi spogliarete della buona opinione come in quelle cose delle quali l'occhio subito è giudice, ma aspettarete di di in di scoprir qualche altra nascosta virtù, tenendo pur ferma sempre quella impressione che v'è nata dalle parole di tanti; ed essendo poi questo (come io presuppongo che sia il nostro Cortegiano) cosi ben qualificato, ogn'ora meglio vi confermarà a creder a quella fama, perchè con l'opere ve ne darà causa, e voi sempre estimarete qualche cosa più di quello che vederete.

XXXIV. E certo non si può negar che queste prime impressioni non abbiano grandissima forza, e che molta cura aver non vi si debba; ed acciò che comprendiate quanto importino, dicovi che io ho a' miei di conosciuto un gentiluomo, il quale, avvenga che fosse di assai gentil aspetto e di modesti costumi, ed ancor valesse nell' arme, non era però in alcuna di queste condizioni tanto eccellente, che non se gli trovassino molti pari, ed ancor superiori: pur, come la sorte sua volse, intervenne che una donna si voltò ad amarlo fer

ventissimamente, e crescendo ogni di questo amore per la dimostrazion di correspondenza che faceva il giovane, e non vi essendo modo alcun da potersi parlare insieme, spinta la donna da troppo passione scoperse il suo desiderio ad un' altra donna, per mezzo della quale sperava qualche commodità. Questa nè di nobilità nè di bellezza non era punto inferior alla prima; onde intervenne che sentendo ragionare così affettuosamente di questo giovane, il qual essa mai non aveva veduto, e conoscendo che quella donna, la quale ella sapeva ch'era discretissima e d' ottimo giudicio, l' amava estremamente, subito imaginò che costui fosse il più bello e 'l più savio e 'l più discreto ed in somma il più degno uomo da esser amato, che al mondo si trovasse; e così, senza vederlo, tanto fieramente se ne innamorò, che non per l'amica sua ma per sè stessa cominciò a far ogni opera per acquistarlo, e farlo a sè corrispondente in amore: il che con poca fatica le venne fatto, perchè in vero era donna più presto da esser pregata, che da pregare altrui. Or udite bel caso. Non molto tempo appresso occorse che una lettera, la qual scrivea questa ultima donna allo amante, pervenne in mano d' un'altra pur nobilissima, e di costumi e di bellezza rarissima, la qual essendo, come è il più delle donne, curiosa e cupida di saper secreti, e massimamente d'altre donne, aperse questa lettera, e leggendola, comprese ch'era scritta con estremo affetto d'amore; e le parole dolci e piene di foco che ella lesse, prima la mossero a compassion di quella donna, perchè molto ben sapea da chi veniva la lettera ed a cui andava; poi tanta forza ebbero, che rivolgendole nell'animo, e considerando di che sorte doveva esser colui che avea potuto indur quella donna a tanto amore, subito essa ancor se ne innamorò; e fece quella lettera forse maggior effetto, che non averia fatto se dal giovane a lei fosse stata mandata. E come talor interviene, che 'l veneno in qualche vivanda preparato per un signore ammazza il primo che 'l gusta, cosi questa meschina, per esser troppo ingorda, bevvè quel veneno amoroso che per altrui era preparato. Che vi debbo io dire? la cosa fu assai palese, ed andò di modo, che molte donne, oltre a queste, parte per far dispetto all'altre, parte per far come l'altre, po

sero ogni industria e studio per goder dell'amore di costui, e ne fecero per un tempo alla grappa, come i fanciulli delle cerase e tutto procedette dalla prima opinione che prese quella donna, vedendolo tanto amato da un' altra.

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XXXV. Or quivi ridendo rispose il signor GASPARO PALLAVICINO: Voi per confermare il parer vostro con ragione, m'allegate opere di donne, le quali per lo più son fuori d'ogni ragione; e se voi voleste dir ogni cosa, questo cosi favorito da tante donne dovea essere un nescio e da poco uomo in effetto; perchè usanza loro è sempre attaccarsi ai peggiori, e, come le pecore, far quello che veggon far alla prima, o bene o male che si sia: oltra che son tanto invidiose tra sè, che se costui fosse stato un mostro, pur averian voluto rubarselo l' una all' altra. Quivi molti cominciarono, e quasi tutti a voler contradire al signor Gasparo; ma la signora DUCHESSA impose silenzio a tutti; poi, pur ridendo, disse: Se 'l mal che voi dite delle donne non fosse tanto alieno dalla verità, che nel dirlo piuttosto desse carico e vergogna a chi lo dice che ad esse, io lasciarei che vi fosse risposto; ma non voglio che col contradirvi con tante ragioni come si poria, siate rimosso da questo mal costume, acciò che del peccato vostro abbiate gravissima pena; la qual sarà la mala opinion che di voi pigliaran tutti quelli, che di tal modo vi sentiranno ragionare.— Allor messer FEDERICO, Non dite, signor Gasparo, rispose, che le donne siano cosi fuor di ragione, se ben talor si moveno ad amar più per l'altrui giudicio che per lo loro; perchè i signori e molti savii uomini spesso fanno il medesimo; e, se licito è dir il vero, voi stesso e noi altri tutti molte volte, ed ora ancor, credemo più all' altrui opinione che alla nostra propria. E che sia 'l vero, non è ancor molto tempo, che essendo appresentati qui alcuni versi sotto 'l nome del Sannazaro, a tutti parvero molto eccellenti, e furono laudati con le maraviglie ed esclamazioni; poi, sapendosi per certo che erano di un altro, persero subito la reputazione, e parvero men che mediocri. E cantandosi pur in presenza della signora Duchessa un mottetto, non piacque mai nè fu estimato per buono, fin che non si seppe che quella era composizion di Josquin de Pris. Ma che più chiaro segno volete voi della

forza della opinione? Non vi ricordate che, bevendo voi stesso d'un medesimo vino, dicevate talor che era perfettissimo, talor insipidissimo? e questo, perchè a voi era persuaso che eran dui vini, l'un di Riviera di Genoa e l'altro di questo paese; e poi ancor che fu scoperto l'errore, per modo alcuno non volevate crederlo: tanto fermamente era confermata nell' animo vostro quella falsa opinione, la qual però dalle altrui parole nasceva.

XXXVI. Deve adunque il Cortegiano por molta cura nei principii, di dar buona impression di sè, e considerar come dannosa e mortal cosa sia lo incorrer nel contrario: ed a tal pericolo stanno più che gli altri quei che voglion far profession d'esser molto piacevoli, ed aversi con queste sue piacevolezze acquistato una certa libertà, per la qual lor convenga e sia licito e fare e dire ciò che loro occorre cosi senza pensarvi. Però spesso questi tali entrano in certe cose, delle quai non sapendo uscire, voglion poi ajutarsi col far ridere; e quello ancor fanno cosi disgraziatamente che non riesce: tanto che inducono in grandissimo fastidio chi gli vede ed ode, ed essi restano freddissimi. Alcuna volta, pensando per quello esser arguti e faceti, in presenza d'onorate donne, e spesso a quelle medesime, si mettono a dir sporchissime e disoneste parole; e quanto più le veggono arrossire, tanto più si tengon buon Cortegiani, e tuttavia ridono, e godono tra sè di così bella virtù, come lor par avere. Ma per niuna altra causa fanno tante pecoragini, che per esser estimati buon compagni: questo è quel nome solo che lor pare degno di laude, e del quale più che di niun altro essi si vantano; e per acquistarlo si dicon le più scorrette e vituperose villanie del mondo. Spesso s'urtano giù per le scale, si dan de' legni e de' mattoni l' un l'altro nelle reni, mettonsi pugni di polvere negli occhi, fannosi ruinar i cavalli adosso ne' fossi o giù di qualche poggio; a tavola poi, minestre, sapori, gelatine, tutte si danno nel volto: e poi ridono; e chi di queste cose sa far più, quello per meglior Cortegiano e più galante da sè stesso s'apprezza, e pargli aver guadagnato gran gloria; e se talor invitano a cotai sue piacevolezze un gentiluomo, e che egli non voglia usar questi scherzi selvatichi, subito dicono ch' egli si tien

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