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grandissimo freno; nè era alcuno che non estimasse per lo maggior piacere che al mondo aver potesse il compiacer a lei, e la maggior pena il dispiacerle. Per la qual cosa, quivi onestissimi costumi erano con grandissima libertà congiunti, ed erano i giochi e i risi al suo cospetto conditi, oltre agli argutissimi sali, d'una graziosa e grave maestà; chè quella modestia e grandezza che tutti gli atti e le parole e i gesti componeva della signora Duchessa, motteggiando e ridendo, facea che ancor da chi mai più veduta non l'avesse, fosse per grandissima signora conosciuta. E così nei circostanti imprimendosi, parea che tutti alla qualità e forma di lei temperasse; onde ciascuno questo stile imitare si sforzava, pigliando quasi una norma di bei costumi dalla presenza d'una tanta e cosi virtuosa signora: le ottime condizioni della quale io per ora non intendo narrare, non essendo mio proposito, e per esser assai note al mondo, e molto più ch'io non potrei nè con lingua nè con penna esprimere; e quelle che forse sariano state alquanto nascoste, la fortuna, come ammiratrice di cosi rare virtù, ha voluto con molte avversità e stimoli di disgrazie scoprire, per far testimonio che nel tenero petto d' una donna in compagnia di singolar bellezza possono stare la prudenza e la fortezza d'animo, e tutte quelle virtù che ancor ne' severi uomini sono rarissime.

V. Ma lasciando questo, dico, che consuetudine di tutti i gentiluomini della casa era ridursi subito dopo cena alla signora Duchessa; dove, tra l'altre piacevoli feste e musiche e danze che continuamente si usavano, talor si proponeano belle questioni, talor si faceano alcuni giochi ingégnosi ad arbitrio or d'uno or d'un altro, nei quali sotto varii velami spesso scoprivano i circonstanti allegoricamente i pensier sui a chi più loro piaceva. Qualche volta nasceano altre disputazioni di diverse materie, ovvero si mordea con pronti detti; spesso si faceano imprese, come oggidi chiamiamo dove di tali ragionamenti maraviglioso piacere si pigliava, per esser, come ho detto, piena la casa di nobilissimi ingegni; tra i quali, come sapete, erano celeberrimi il signor Ottavian Fregoso, messer Federico suo fratello, il Magnifico Julian de' Medici, messer Pietro Bembo, messer Ce

sar Gonzaga, il conte Ludovico da Canossa, il signor Gaspar Pallavicino, il signor Ludovico Pio, il signor Morello da Ortona, Pietro da Napoli, messer Roberto da Bari, ed infiniti altri nobilissimi cavalieri: oltra che molti ve n'erano, i quali, avvenga che per ordinario non stessino quivi fermamente, pur la maggior parte del tempo vi dispensavano; come messer Bernardo Bibiena, l' Unico Aretino, Joan Cristoforo Romano, Pietro Monte, Terpandro, messer Nicolò Frisio; di modo che sempre poeti, musici, e d'ogni sorte uomini piacevoli, e li più eccellenti in ogni facoltà che in Italia si trovassino, vi concorrevano.

VI. Avendo adunque papa Julio II con la presenza sua e con l'ajuto de' Franzesi ridotto Bologna alla obedienza della sede apostolica nell'anno MDVI, e ritornando verso Roma, passò per Urbino; dove quanto era possibile onoratamente, e con quel più magnifico e splendido apparato che si avesse potuto fare in qualsivoglia altra nobil città d'Italia, fu ricevuto: di modo che, oltre al papa, tutti i signor cardinali ed altri cortegiani restarono sommamente satisfatti; e furono alcuni, i quali, tratti dalla dolcezza di questa compagnia, partendo il papa e la corte, restarono per molti giorni ad Urbino; nel qual tempo non solamente si continuava nell'usato stile delle feste e piaceri ordinarii, ma ognuno si sforzava d'accrescere qualche cosa, e massimamente nei giochi, ai quali quasi ogni sera s'attendeva. E l'ordine d'essi era tale, che, subito giunti alla presenza della signora Duchessa, ognuno si ponea a sedere a piacer suo, o come la sorte portava, in cerchio; ed erano sedendo divisi un uomo ed una donna, fin che donne v'erano, chè quasi sempre il numero degli uomini era molto maggiore; poi, come alla signora Duchessa pareva si governavano, la quale per lo più delle volte ne lasciava il carico alla signora Emilia. Cosi il giorno apresso la partita del papa, essendo all'ora usata ridotta la compagnia al solito loco, dopo molti piacevoli ragionamenti la signora Duchessa volse pur che la signora EMILIA cominciasse i giochi; ed essa, dopo l'aver alquanto rifiutato tal' impresa, cosi disse: Signora mia, poichè pur a voi piace ch' io sia quella che dia principio ai giochi di questa sera,

non possendo ragionevolmente mancar d' obedirvi, delibero proporre un gioco, del qual penso dover aver poco biasimo e men fatica: e questo sarà, che ognun proponga secondo il parer suo un gioco non più fatto; da poi si eleggerà quello che parerà esser più degno di celebrarsi in questa compagnia.-E cosi dicendo, si rivolse al signor GASPAR Pallavicino, imponendogli che 'l suo dicesse; il qual subito rispose: A voi tocca, signora, dir prima il vostro. Disse la signora EMILIA: Eccovi ch' io l'ho detto; ma voi, signora Duchessa, comandategli ch' e' sia obediente. Allor la signora DuCHESSA ridendo, Acciò, disse, che ognuno v' abbia ad obedire, vi faccio mia locotenente, e vi do tutta la mia autorità.

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VII. Gran cosa è pur, rispose il signor GASPAR, che sempre alle donne sia licito aver questa esenzione di fatiche, e certo ragion saria volerne in ogni modo intender la cagione; ma per non esser io quello che dia principio a disobedire, lascierò questo ad un altro tempo, e dirò quello che mi tocca ; e cominciò: A me pare, che gli animi nostri, si come nel resto, cosi ancor nell' amare siano di giudicio diversi: e perciò spesso interviene, che quello che all'uno è gratissimo, all' altro sia odiosissimo; ma con tutto questo, sempre però si concordano in aver ciascuno carissima la cosa amata; talmente che spesso la troppo affezion degli amanti di modo inganna il lor giudicio, che estiman quella persona che amano esser sola al mondo ornata d'ogni eccellente virtù, e senza difetto alcuno; ma perchè la natura umana non ammette queste cosi compite perfezioni, nè si trova persona a cui qualche cosa non manchi, non si può dire che questi tali non s'ingannino, e che lo amante non divenga cieco circa la cosa amata. Vorrei adunque che questa sera il gioco nostro fosse, che ciascun dicesse, di che virtù precipuamente vorrebbe che fosse ornata quella persona ch'egli ama; e, poichè così è necessario che tutti abbiano qualche macchia, qual vizio ancor vorrebbe che in essa fosse: per veder chi saprà ritrovar più lodevoli ed utili virtù, e più escusabili vizii, e meno a chi ama nocivi ed a chi è amato. Avendo così detto il signor Gaspar, fece segno la signora Emilia a

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madonna Costanza Fregosa, per esser in ordine vicina, che seguitasse: la qual già s'apparecchiava a dire; ma la signora DUCHESSA subito disse: Poichè madonna Emilia non vuole affaticarsi in trovar gioco alcuno, sarebbe pur ragione che l'altre donne participassino di questa commodità, ed esse ancor fossino esente di tal fatica per questa sera, essendoci massimamente tanti uomini, che non è pericolo che manchin giochi. Cosi faremo, — rispose la signora EMILIA; ed imponendo silenzio a madonna Costanza, si volse a messer CESARE GONZAGA che le sedeva a canto, e gli comandò che parlasse; ed esso così cominciò:

VIII. Chi vuol con diligenza considerar tutte le nostre azioni, trova sempre in esse varii difetti; e ciò procede perchè la natura, così in questo come nell' altre cose varia, ad uno ha dato lume di ragione in una cosa, ad un altro in un' altra : però interviene, che sapendo l'un quello che l'altro non sa, ed essendo ignorante di quello che l'altro intenMudde, ciascun conosce facilmente l'error del compagno e non il suo, ed a tutti ci par esser molto savii, e forse più in quello in che più siamo pazzi; per la qual cosa abbiam veduto in questa casa esser occorso, che molti i quali al principio sono stati reputati saviissimi, con processo di tempo si son conosciuti pazzissimi: il che d'altro non è proceduto, che dalla nostra diligenza. Chè, come si dice che in Puglia circa gli atarantati s' adoprano molti instrumenti di musica, e con varii suoni si va investigando, fin che quello umore che fa la infirmità, per una certa convenienza ch' egli ha con alcuno di quei suoni, sentendolo, subito si move, e tanto agita lo infermo, che per quella agitazion si riduce a sanità: cosi noi, quando abbiamo sentito qualche nascosa virtù di pazzia, tanto sottilmente e con tante varie persuasioni l'abbiamo stimolata e con si diversi modi, che pur al fine inteso abbiamo dove tendeva; poi, conosciuto lo umore, così ben l'abbiam agitato, che sempre s'è ridotto a perfezion di publica pazzia e chi è riuscito pazzo in versi, chi in musica, chi in amore, chi in danzare, chi in far moresche, chi in cavalcare, chi in giocar di spada, ciascun secondo la miniera del suo metallo; onde poi, come sapete, si sono avuti mara

vigliosi piaceri. Tengo io adunque per certo, che in ciascun di noi sia qualche seme di pazzia, il qual risvegliato, possa moltiplicar quasi in infinito. Però vorrei che questa sera il gioco nostro fosse il disputar questa materia, e che ciascun dicesse: Avendo io ad impazzir publicamente, di che sorte di pazzia si crede ch'io impazzissi, e sopra che cosa, giudicando questo esito per le scintille di pazzia che ogni di si veggono di me uscire: il medesimo si dica di tutti gli altri, servando l'ordine de' nostri giochi, ed ognuno cerchi di fondar la opinion sua sopra qualche vero segno ed argomento. E cosi di questo nostro gioco ritrarremo frutto ciascun di noi di conoscere i nostri difetti, onde meglio ce ne potrem guardare; e se la vena di pazzia che scopriremo sarà tanto abondante che ci paja senza rimedio, l'ajuteremo, e, secondo la dottrina di fra Mariano, averemo guadagnato un'anima, che non fia poco guadagno. Di questo gioco si rise molto, nè alcun era che si potesse tener di parlare: chi diceva, Io impazzirei nel pensare, chi, Nel guardare; chi diceva, Io già son impazzito in amare; e tai cose.

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IX. Allor FRA SERAFINO, a modo suo ridendo: Questo, disse, sarebbe troppo lungo; ma se volete un bel gioco, fate che ognuno dica il parer suo, Onde è che le donne quasi tutte hanno in odio i ratti, ed aman le serpi; e vederete che niuno s'apporrà, se non io, che so questo secreto per una strana via. E già cominciava a dir sue novelle; ma la signora Emilia gl' impose silenzio, e trapassando la dama che ivi sedeva, fece segno all' UNICO ARETINO, al qual per l'ordine toccava; ed esso, senza aspettar altro comandamento, Io, disse, vorrei esser giudice con autorità di poter con ogni sorte di tormento investigar di sapere il vero da' malfattori; e questo per scoprir gl'inganni d'una ingrata, la qual, con gli occhi d'angelo e cor di serpente, mai non accorda la lingua con l'animo, e, con simulata pietà ingannatrice, a niun'altra cosa intende che a far anatomia de' cori: nè si ritrova cosi velenoso serpe nella Libia arenosa, che tanto di sangue umano sia vago, quanto questa falsa; la qual non solamente con la dolcezza della voce e meliflue parole, ma con gli occhi, coi risi, coi sembianti, e con tutti i modi è veris

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