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sato aveva, per le facezie di messer Bernardo m' è uscito di mente. Se così è, disse la signora DUCHESSA, dimani riducendoci insieme a buon'ora, aremo tempo di satisfar all' una cosa e l'altra. E, così detto, si levarono tutti in piedi; e, presa riverentemente licenza dalla signora Duchessa, ciascun si fu alla stanza sua.

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IL TERZO LIBRO DEL CORTEGIANO

DEL CONTE BALDESAR CASTIGLIONE

A MESSER ALFONSO ARIOSTO.

I. Leggesi che Pitagora sottilissimamente e con bel modo trovò la misura del corpo d' Ercole; e questo, che sapendosi, quel spazio nel quale ogni cinque anni si celebravan i giochi Olimpici in Acaja presso Elide inanzi al tempio di Giove Olimpico esser stato misurato da Ercole, e fatto un stadio di seicento e venticinque piedi, de' suoi proprii; e gli altri stadii, che per tutta Grecia dai posteri poi furono instituiti, esser medesimamente di seicento e venticinque piedi, ma con tutto ciò alquanto più corti di quello: Pitagora facilmente conobbe a quella proporzion quanto il piè d'Ercole fosse stato maggior degli altri piedi umani; e così, intesa la misura del piede, a quella comprese, tutto 'l corpo d'Ercole tanto esser stato di grandezza superiore agli altri uomini proporzionalmente, quanto quel stadio agli altri stadii. Voi adunque, messer Alfonso mio, per la medesima ragione, da questa piccol parte di tutto 'l corpo potete chiaramente conoscer quanto la corte d'Urbino fosse a tutte l'altre della Italia superiore, considerando quanto i giochi, li quali son ritrovali per recrear gli animi affaticati dalle faccende più ardue, fossero a quelli che s' usano nell' altre corti della Italia superiori. E se queste eran tali, imaginate quali eran poi l'altre operazion virtuose, ov' eran gli animi intenti e totalmente dediti; e di questo io confidentemente ardisco di parlare con speranza d'esser creduto, non laudando cose tanto

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antiche che mi sia licito fingere, e possendo approvar quant' io ragiono col testimonio di molti uomini degni di fede, che vivono ancora, e presenzialmente hanno veduto e conosciuto la vita e i costumi che in quella casa fiorirono un tempo; ed io mi tengo obligato, per quanto posso, di sforzarmi con ogni studio vendicar dalla mortal oblivione questa chiara memoria, e scrivendo farla vivere negli animi dei posteri. Onde forse per l'avvenire non mancherà chi per questo ancor porti invidia al secol nostro; chè non è alcun che legga le maravigliose cose degli antichi, che nell' animo suo non formi una certa maggior opinion di coloro di chi si scrive, che non pare che possano esprimer quei libri, avvenga che divinamente siano scritti. Cosi noi desideramo che tutti quelli, nelle cui mani verrà questa nostra fatica, se pur mai sarà di tanto favor degna che da nobili cavalieri e valorose donne meriti ésser veduta, presumano e per fermo tengano, la Corte d'Urbino esser stata molto più eccellente ed ornata d'uomini singolari, che noi non potemo scrivendo esprimere; e se in noi fosse tanta eloquenza, quanto in essi era valore, non aremmo bisogno d' altro testimonio per far che alle parole nostre fosse da quelli che non l'hanno veduto dato piena fede.

II. Essendosi adunque ridotta il seguente giorno all' ora consueta la compagnia al solito loco, e postasi con silenzio a sedere, rivolse ognun gli occhi a messer Federico ed al Magnifico Juliano, aspettando qual di lor desse principio a ragionare. Onde la Signora DUCHESSA, essendo stata alquanto cheta, Signor Magnifico, disse, ognun desidera veder questa vostra Donna ben ornata; e se non ce la mostrate di tal modo che le sue bellezze tutte si veggano, estimaremo che ne siate geloso. Rispose il MAGNIFICO: Signora, se io la tenessi per bella, la mostrarei senza altri ornamenti, e di quel modo che volse veder Paris le tre Dee; ma se queste donne, che pur lo sanno fare, non mi ajutano ad acconciarla, io dubito che non solamente il Signor Gasparo e 'l Frigio, ma tutti quest' altri signori aranno giusta causa di dirne male. Però, mentre che ella sta pur in qualche opinion di bellezza, forse sarà meglio tenerla occulta, e veder quello che

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avanza a messer Federico a dir del Cortegiano, che senza dubio è molto più bello che non può esser la mia Donna. Quello ch' io mi aveva posto in animo, rispose messer FEDERICO, non è tanto appartenente al Cortegiano, che non si possa lasciar senza danno alcuno; anzi è quasi diversa materia da quella che sin qui s'è ragionata. E che cosa è egli adunque? disse la signora DUCHESSA. Rispose messer FEDERICO: Io m'era deliberato, per quanto poteva, di chiarir le cause di queste compagnie ed ordini di cavalieri fatti da gran principi sotto diverse insegne: com'è quel di San Michele nella casa di Francia; quel del Gartier, che è sotto il nome di San Giorgio, nella casa d'Inghilterra; il Toison d'oro in quella di Borgogna: ed in che modo si diano queste dignità, e come se ne privino quelli che lo meritano; onde siano nate, chi ne siano stati gli autori, ed a che fine l'abbiano instituite: perchè pur nelle gran corti son questi cavalieri sempre onorati. Pensava ancor, se 'l tempo mi fosse bastato, oltre alla diversità de' costumi che s' usano nelle corti de' principi cristiani nel servirgli, nel festeggiare, e farsi vedere nei spettacoli publici, parlar medesimamente qualche cosa di quella del Gran Turco, ma molto più particolarmente di quella del Sofi re di Persia: chè, avendo io inteso da mercatanti che lungamente son stati in quel paese, gli uomini nobili di là esser molto valorosi e di gentil costumi, ed usar nel conversar l'un con l'altro, nel servir donne, ed in tutte le sue azioni molta cortesia e molta discrezione, e, quando occorre, nell' arme, nei giochi e nelle feste molta grandezza, molta liberalità e leggiadria, sonomi dilettato di saper quali siano in queste cose i modi di che essi più s'appressano, in che consisteno le lor pompe ed attilature d'abiti e d'arme; in che siano da noi diversi ed in che conformi; che maniera d'intertenimenti usino le lor donne, e con quanta modestia favoriscano chi le serve per amore. Ma invero non è ora conveniente entrar in questo ragionamento, essendovi massimamente altro che dire, e molto più al nostro proposito che questo.

III. Anzi, disse il signor GASPARO, e questo e molte altre cose son più al proposito, che 'l formar questa Donna di

Palazzo; atteso che le medesime regole che son date per lo Cortegiano, servono ancor alla Donna; perchè cosi deve ella aver rispetto ai tempi e lochi, ed osservar, per quanto comporta la sua imbecillità, tutti quegli altri modi di che tanto s'è ragionato, come il Cortegiano. E però in loco di questo, non sarebbe forse stato male insegnar qualche particolarità di quelle che appartengono al servizio della persona del Principe, che pur al Cortegian si convien saperle, ed aver grazia in farle; o veramente dir del modo che s'abbia a tener negli esercizii del corpo, e come cavalcare, maneggiar l'arme, lottare, ed in che consiste la difficoltà di queste operazioni.— Disse allor la signora DUCHESSA ridendo: I Signori non si servono alla persona di cosi eccellente Cortegiano, come è questo: gli esercizii poi del corpo, e forze e destrezze della persona, lasciaremo che messer Pietro Monte nostro abbia cura d'insegnar, quando gli parerà tempo più commodo; perchè ora il Magnifico non ha da parlar d' altro che di questa Donna, della qual parmi che voi già cominciate aver paura, e però vorreste farci uscir di proposito. Rispose il FRIGIO: Certo è, che impertinente e fuor di proposito è ora il parlar di donne, restando massimamente ancora che dire del Cortegiano, perchè non si devria mescolar una cosa con l'altra. Voi sete in grande errore, rispose messer CESAR GONZAGA; perchè come corte alcuna, per grande che ella sia, non può aver ornamento o splendore in sè nè allegria senza donne, nè Cortegiano alcun essere aggraziato, piacevole o ardito, nè fa mai opera leggiadra di cavalleria, se non mosso dalla pratica e dall' amore e piacer di donne: cosi ancora il ragionar del Cortegiano è sempre imperfettissimo, se le donne, interponendovisi, non danno lor parte di quella grazia, con la quale fanno perfetta ed adornano la Cortegiania. Rise il signor OTTAVIANO, e disse: Eccovi un poco di quell' esca che fa impazzir gli uomini.

IV. Allor il signor MAGNIFICO, voltatosi alla signora Duchessa, Signora, disse, poichè pur cosi a voi piace, io dirò quello che m' occorre, ma con grandissimo dubio di non satisfare; e certo molto minor fatica mi saria formar una Signora che meritasse esser regina del mondo, che una per

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