Immagini della pagina
PDF
ePub

sorte, che non paja vana e leggiera. Ma perchè alle donne è licito e debito aver più cura della bellezza che agli uomini, e diverse sorti sono di bellezza; deve questa donna aver giudicio di conoscer quai sono quegli abiti che le accrescon grazia, e più accommodati a quegli esercizii ch' ella intende di fare in quel punto, e di quelli servirsi: e conoscendo in sè una bellezza vaga ed allegra, deve ajutarla coi movimenti, con le parole e con gli abiti, che tutti tendano allo allegro; così come un' altra, che si senta aver maniera mansueta e grave, deve ancor accompagnarla coi modi di quella sorte, per accrescer quello che è dono della natura. Cosi essendo un poco più grassa o più magra del ragionevole, o bianca o bruna, ajutarsi con gli abiti, ma dissimulatamente più che sia possibile; e tenendosi delicata e polita, mostrar sempre di non mettervi studio o diligenza alcuna.

IX. E perchè il signor Gasparo domanda ancor, quai siano queste molte cose di che ella deve aver notizia, e di che modo intertenere, e se le virtù deono servire a questo intertenimento; dico che voglio che ella abbia cognizion di ciò che questi signori han voluto che sappia il Cortegiano; e di quelli esercizii che avemo detto che a lei non si convengono, voglio che ella n'abbia almen quel giudicio che possono aver delle cose coloro che non le oprano: e questo per saper laudare ed apprezzar i cavalieri più e meno, secondo i meriti. E per replicar in parte in poche parole quello che già s'è detto, voglio che questa Donna abbia notizia di lettere, di musica, di pittura, e sappia danzar e festeggiare; accompagnando con quella discreta modestia e col dar buona opinion di sè ancora le altre avvertenze che son state insegnate al Cortegiano. E così sarà nel conversare, nel ridere, nel giocare, nel motteggiare, in somma in ogni cosa, gratissima; ed intertenerà accommodatamente, e con motti e facezie convenienti a lei, ogni persona che le occorrerà. E benchè la continenza, la magnanimità, la temperanza, la fortezza d'animo, la prudenza e le altre virtù paja che non importino allo intertenere, io voglio che di tutte sia ornata, non tanto per lo intertenere, benchè però ancor a questo possono servire, quanto per esser virtuosa, ed acciò che queste virtù

la faccian tale che meriti esser onorata, e che ogni sua operazion sia di quelle composta. ·

[ocr errors]
[ocr errors]

X. Maravigliomi pur, disse allora ridendo il signor GASPAR, che poichè date alle donne e le lettere e la continenza e la magnanimità e la temperanza, che non vogliate ancor che esse governino le città, e faccian le leggi, e conducano gli eserciti; e gli uomini si stiano in cucina o a filare. Rispose il MAGNIFICO, pur ridendo: Forse che questo ancora non sarebbe male; poi soggiunse: Non sapete voi che Platone, il quale in vero non era molto amico delle donne, dà loro la custodia della città; e tutti gli altri officii marziali dà agli uomini? Non credete voi che molte se ne trovassero, che saprebbon cosi ben governar le città e gli eserciti, come si faccian gli uomini? Ma io non ho lor dati questi officii, perchè formo una Donna di Palazzo, non una Regina. Conosco ben che voi vorreste tacitamente rinovar quella falsa calunnia, che jeri diede il signor Ottaviano alle donne; cioè, che siano animali imperfettissimi, e non capaci di far atto alcun virtuoso, e di pochissimo valore e di niuna dignità, a rispetto degli uomini: ma in vero ed esso e voi sareste in grandissimo errore se pensaste questo.

XI. Disse allora il signor GASPAR: Io non voglio rinovar le cose già dette, ma voi ben vorreste indurmi a dir qualche parola che offendesse l'animo di queste signore, per farmele nemiche, cosi come voi col lusingarle falsamente volete guadagnar la loro grazia. Ma esse sono tanto discrete sopra le altre, che amano più la verità, ancora che non sia tanto in suo favore, che le laudi false; nè hanno a male, che altri dica che gli uomini siano di maggior dignità, e confessaranno che voi avete detto gran miracoli, ed attribuito alla Donna di Palazzo alcune impossibilità ridicole, e tante virtù, che Socrate e Catone e tutti i filosofi del mondo vi sono per niente; chè, a dir pur il vero, maravigliomi che non abbiate avuto vergogna a passar i termini di tanto. Chè ben bastar vi dovea far questa Donna di Palazzo bella, discreta, onesta, affabile, e che sapesse intertenere, senza incorrere in infamia, con danze, musiche, giochi, risi, motti, e l'altre cose che ogni di vedemo che s' usano in corte; ma il vo

lerle dar cognizion di tutte le cose del mondo, ed attribuirle quelle virtù che così rare volte si son vedute negli uomini, ancora nei secoli passati, è una cosa che nè sopportare nè appena ascoltar si può. Che le donne siano mo animali imperfetti, e per conseguente di minor dignità che gli uomini, e non capaci di quelle virtù che sono essi, non voglio io altrimenti affermare, perchè il valor di queste signore bastaria a farmi mentire: dico ben che uomini sapientissimi hanno lasciato scritto che la natura, perciò che sempre intende e disegna far le cose più perfette, se potesse, produrria continuamente uomini; e quando nasce una donna, è difetto o error della natura, e contra quello che essa vorrebbe fare: come si vede ancor d'uno che nasce cieco, zoppo, o con qualche altro mancamento, e negli arbori molti frutti che non maturano mai: cosi la donna si può dire animal prodotto a sorte e per caso; e che questo sia, vedete l'operazion dell'uomo e della donna, e da quelle pigliate argomento della perfezion dell' uno e dell' altro. Nientedimeno, essendo questi difetti delle donne, colpa di natura che l' ha prodotte tali, non devemo per questo odiarle, nè mancar di aver loro quel rispetto che vi si conviene; ma estimarle da più di quello che elle si siano, parmi error manifesto.

[ocr errors]

XII. Aspettava il Magnifico JULIANO che 'l signor Gasparo seguitasse più oltre; ma vedendo che già tacea, disse: Della imperfezion delle donne parmi che abbiate addotto una freddissima ragione; alla quale, benchè non si convenga forse ora entrar in queste sottilità, rispondo, secondo il parer di chi sa e secondo la verità, che la sostanza in qualsivoglia cosa non può in sè ricevere il più o il meno: chè, come niun sasso può esser più perfettamente sasso che un altro quanto alla essenza del sasso, nè un legno più perfettamente legno che l'altro, cosi un uomo non può essere più perfettamente uomo che l'altro; e conseguentemente non sarà il maschio più perfetto che la femina, quanto alla sostanza sua formale, perchè l' uno e l' altro si comprende sotto la specie dell' uomo, e quello in che l'uno dall' altro son differenti è cosa accidentale, e non essenziale. Se mi direte adunque che l' uomo sia più perfetto che la donna, se non quanto alla essenza, almen

quanto agli accidenti; rispondo, che questi accidenti bisognat che consistano o nel corpo o nell' animo: se nel corpo, per esser l'uomo più robusto, più agile, più leggiero, o più tolerante di fatiche, dico che questo è argomento di pochissima perfezione, perchè tra gli uomini medesimi quelli che hanno queste qualità più che gli altri non son per quelle più estimati; e nelle guerre, dove son la maggior parte delle opere laboriose e di forza, i più gagliardi non son però i più pregiati: se nell'animo, dico che tutte le cose che possono intendere gli uomini, le medesime possono intendere ancor le donne; e dove penetra l'intelletto dell' uno, può penetrare eziandio quello dell' altra.

XIII. Quivi avendo il Magnifico JULIANO fatto un poco di pausa, soggiunse ridendo: Non sapete voi, che in filosofia si tiene questa proposizione; che quelli che son molli di carne, sono atti della mente? perciò non è dubio, che le donne, per esser più molli di carne, sono ancor più atte della mente, e d'ingegno più accommodato alle speculazioni che gli uomini. Poi seguitò: Ma, lasciando questo, perchè voi diceste ch'io pigliassi argomento della perfezion dell' un e dell' altro dalle opere, dico, se voi considerate gli effetti della natura, trovarete ch'ella produce le donne tali come souo, non a caso, ma accommodate al fine necessario: chè benchè le faccia del corpo non gagliarde e d'animo placido, con molte altre qualità contrarie a quelle degli uomini, pur le condizioni dell' uno e dell' altro tendono ad un sol fine concernente alla medesima utilità. Chè secondo che per quella debole fievolezza le donne son meno animose, per la medesima sono ancor poi più caute: però le madri nutriscono i figlioli, i padri gli ammaestrano, e con la fortezza acquistano di fuori quello, che esse con la sedulità conservano in casa, che non è minor laude. Se considerate poi l' istorie antiche (benchè gli uomini sempre siano stati parcissimi nello scrivere le laudi delle donne) e le moderne, trovarete che continuamente la virtù è stata tra le donne cosi come tra gli uomini; e che ancor sonosi trovate di quelle che hanno mosso delle guerre, e conseguitone gloriose vittorie; governato i regni con somma prudenza e giustizia, e fatto tutto quello che s'ab

bian fatto gli uomini. Circa le scienze, non vi ricorda aver letto di tante che hanno saputo filosofia? altre che sono state eccellentissime in poesia? altre che han trattato le cause, ed accusato e difeso inanzi ai giudici eloquentissimamente? Dell'opere manuali saria lungo narrare, nè di ciò bisogna far testimonio. Se adunque nella sostanza essenziale l' uomo non è più perfetto della donna, nè meno negli accidenti; e di questo, oltre la ragione, veggonsi gli effetti: non so in che consista questa sua perfezione.

XIV. E perchè voi diceste che intento della natura è sempre di produr le cose più perfette, e però, s'ella potesse, sempre produrria l'uomo, e che il produr la donna è più presto errore o difetto della natura che intenzione: rispondo, che questo totalmente si nega; nè so come possiate dire che la natura non intenda produr le donne, senza le quali la specie umana conservar non si può, di che più che d'ogni altra cosa è desiderosa essa natura. Perciò col mezzo di questa compagnia di maschio e di femina produce i figlioli, i quali rendono i beneficii ricevuti in puerizia ai padri già vecchi, perché gli nutriscono, poi gli rinovano col generar essi ancor altri figlioli, dai quali aspettano in vecchiezza ricever quello, che essendo giovani ai padri 'hanno prestato; onde la natura, quasi tornando in circolo, adempie la eternità, ed in tal modo dona la immortalità ai mortali. Essendo adunque a questo tanto necessaria la donna quanto l'uomo, non vedo per qual causa l' una sia fatta a caso più che l'altro. È ben vero che la natura intende sempre produr le cose più perfette, e però intende produr l' uomo in specie sua, ma non più maschio che femina; anzi, se sempre producesse maschio, faria una imperfezione; perchè come del corpo e dell' anima risulta un composito più nobile che le sue parti, che è l' uomo: cosi della compagnia di maschio e di femina risulta un composito conservativo della specie umana, senza il quale le parti si destruiriano. E però maschio e femina da natura son sempre insieme, nè può esser l'un senza l'altro: cosi quello non si dee chiamar maschio che non ha la femina, secondo la diffinizione dell'uno e dell'altro; nè femina quella che non ha il maschio. E perchè un sesso solo dimostra im

« IndietroContinua »