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ancor molto maggior flagelli che non avemo. Rise allora il Magnifico JULIANO, e disse: Come avete voi, Signora, cosi ben indovinato ch' io parlava de' frati, non avendo io loro fatto il nome? ma in vero, il mio non si chiama mormorare, anzi parlo io ben aperto e chiaramente; nè dico dei buoni, ma dei malvagi e rei, e dei quali ancor non parlo la millesima parte di ciò ch' io so. - Or non parlate de' frati, rispose la signora EMILIA; ch'io per me estimo grave peccato l'ascoltarvi, e però io, per non ascoltarvi, levarommi di qui.—

XXI. Son contento, disse il Magnifico JULIANO, non parlar più di questo; ma, tornando alle laudi delle donne, dico che 'l signor Gasparo non mi troverà uomo alcun singolare, ch' io non vi trovi la moglie, o figliola, o sorella, di merito eguale e talor superiore: oltra che molte son state causa di infiniti beni ai loro uomini, e talor hanno corretto di molti loro errori. Però essendo, come avemo dimostrato, le donne naturalmente capaci di quelle medesime virtù che son gli uomini, ed essendosene più volte veduto gli effetti, non so perchè, dando loro io quello che è possibile che abbiano e spesso hanno avuto e tuttavia hanno, debba esser estimato dir miracoli, come m' ha opposto il signor Gasparo; atteso che sempre sono state al mondo, ed ora ancor sono, donne cosi vicine alla Donna di Palazzo che ho formata io, come uomini vicini all' uomo che hanno formato questi signori. Disse allora il signor GASPARO: Quelle ragioni che hanno la esperienza in contrario, non mi pajon buone; e certo s'io vi addimandassi quali siano o siano state queste gran donne tanto degne di laude, quanto gli uomini grandi ai quali son state moglie, sorelle o figliole, o che siano loro state causa di bene alcuno, o quelle che abbiano corretto i loro errori, penso che restareste impedito.

XXII. Veramente, rispose il Magnifico JULIANO, niuna altra cosa poria farmi restar impedito, eccetto la moltitudine; e se'l tempo mi bastasse, vi contarei a questo proposito la istoria d'Ottavia moglie di Marc' Antonio e sorella d'Augusto; quella di Porcia figliola di Catone e moglie di Bruto; quella di Gaja Cecilia moglie di Tarquinio Prisco; quella di Cornelia figliola di Scipione; e d'infinite altre che

sono notissime: e non solamente delle nostre, ma ancora delle barbare; come di quella Alessandra, moglie pur d'Alessandro re de' Giudei, la quale dopo la morte del marito, vedendo i popoli accesi di furore, e già corsi all'arme per ammazzare doi figlioli che di lui le erano restati, per vendetta della crudele e dura servitù nella quale il padre sempre gli avea tenuti, fu tale, che subito mitigò quel giusto sdegno, e con prudenza in un punto fece benivoli ai figlioli quegli animi che 'l padre con infinite ingiurie in molť anni avea fatti loro inimicissimi. — Dite almen, rispose la signora EMILIA, come ella fece. Disse il MAGNIFICO: Questa, vedendo i figlioli in tanto pericolo, incontenente fece gittare il corpo d'Alessandro in mezzo della piazza; poi, chiamati a sè i cittadini, disse, che sapea gli animi loro esser accesi di giustissimo sdegno contra suo marito, perchè le crudeli ingiurie che esso iniquamente gli avea fatte lo meritavano; e che come mentre era vivo avrebbe sempre voluto poterlo far rimanere da tal scelerata vita, cosi adesso era apparecchiata a farne fede, e loro ajutar a castigarnelo cosi morto, per quanto si potea; e però si pigliassero quel corpo, e lo facessino mangiar ai cani, e lo straziassero con que' modi più crudeli che imaginar sapeano: ma ben gli pregava che avessero compassione a quegli innocenti fanciulli, i quali non potevano non che aver colpa, ma pur esser consapevoli delle male opere del padre. Di tanta efficacia furono queste parole, che'l fiero sdegno già conceputo negli animi di tutto quel popolo, subito fu mitigato, e converso in cosi piatoso affetto, che non solamente di concordia elessero quei figlioli per loro signori, ma ancor al corpo del morto diedero onoratissima sepoltura. Quivi fece il MAGNIFICO un poco di pausa; poi soggiunse: Non sapete voi, che la moglie e le sorelle di Mitridate mostrarono molto minor paura della morte, che Mitridate? e la moglie di Asdrubale, che Asdrubale? Non sapete che Armonia, figliola di Jeron siracusano, volse morire nell' incendio della patria sua? Allor il FRIGIO, Dove vada ostinazione, certo è, disse, che talor si trovano alcune donne che mai non mutariano proposito; come quella che non potendo più dir al marito forbeci, con le mani glie ne facea segno.

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XXIII. Rise il Magnifico JULIANO, e disse: La ostinazione che tende a fine virtuoso si dee chiamar costanza; come fu di quella Epicari, libertina romana, che essendo consapevole d'una gran congiura contra di Nerone, fu di tanta costanza, che, straziata con tutti i più asperi tormenti che imaginar si possano, mai non palesò alcuno dei complici; e nel medesimo pericolo molti nobili cavalieri e senatori timidamente accusarono fratelli, amici, e le più care ed intime persone che avessero al mondo. Che direte voi di quell' altra che si chiamava Leona? in onor della quale gli Ateniesi dedicarono inanzi alla porta della rôcca una leona di bronzo senza lingua, per dimostrar in lei la costante virtù della taciturnità; perchè essendo essa medesimamente consapevole d'una congiura contra i tiranni, non si spaventỏ per la morte di dui grandi uomini suoi amici, e benchè con infiniti e crudelissimi tormenti fosse lacerata, mai non palesò alcuno dei congiurati. Disse allor madonna MARGHERITA GONZAGA: Parmi che voi narriate troppo brevemente queste opere virtuose fatte da donne; chè se ben questi nostri nemici l'hanno udite e lette, mostrano non saperle, e vorriano che se ne perdesse la memoria: ma se fate che noi altre le intendiamo, almen ce ne faremo onore.

XXIV. Allor il Magnifico JULIANO, Piacemi, rispose. Or io voglio dirvi d'una, la qual fece quello che io credo che 'l signor Gasparo medesimo confessarà che fanno pochissimi uomini; e cominciò: In Massilia fu già una consuetudine, la quale s'estima che di Grecia fosse traportata, la quale era, che publicamente si servava veneno temperato con cícula, e concedevasi il pigliarlo a chi approvava al senato doversi levar la vita, per qualche incommodo che in essa sentisse, ovver per altra giusta causa, acciò che chi troppo avversa fortuna patito avea o troppo prospera gustato, in quella non perseverasse o questa non mutasse. Ritrovandosi adunque Sesto Pompeo.... Quivi il FRIGIO, non aspettando che 'l Magnifico Juliano passasse più avanti, Questo mi par, disse, il principio d'una qualche lunga fabula. Allora il Magnifico JULIANO, Voltatosi ridendo a madonna Margherita, Eccovi, disse, che'l Frigio non mi lascia parlare. Io voleva or con

tarvi d'una donna, la quale avendo dimostrate al senato che ragionevolmente dovea morire, allegra e senza timor alcuno tolse in presenza di Sesto Pompeo il veneno, con tanta costanza d'animo, e così prudenti ed amorevoli ricordi ai suoi, che Pompeo e tutti gli altri, che videro in una donna tanto sapere e sicurezza nel tremendo passo della morte, restarono non senza lacrime confusi di molta maraviglia.

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XXV. Allora il signor Gasparo, ridendo, Io ancora mi ricordo, disse, aver letto una orazione, nella quale un infelice marito domanda licenza al senato di morire, ed approva averne giusta cagione, per non poter tolerare il continuo fastidio del cianciare di sua moglie, e più presto vuol bere quel veneno, che voi dite che si servava publicamente per tali effetti, che le parole della moglie. — Rispose il Magnifico JuLIANO: Quante meschine donne ariano giusta causa di domandar licenza di morir, per non poter tolerare, non dirò le male parole, ma i malissimi fatti dei mariti! ch'io alcune ne conosco, che in questo mondo patiscono le pene che si dicono esser nell' inferno. Non credete voi, rispose il signor GASPARO, che molti mariti ancor siano che dalle mogli hanno tal tormento, che ogni ora desiderano la morte? — E che dispiacere, disse il MAGNIFICO, possono far le mogli ai mariti, che sia cosi senza rimedio come son quelli che fanno i mariti alle mogli? le quali, se non per amore, almen per timor sono ossequenti ai mariti. Certo è, disse il signor GASPAR, che quel poco che talor fanno di bene procede da timore, perchè poche ne sono al mondo che nel secreto dell'animo suo non abbiano in odio il marito. — Anzi in contrario, rispose il MAGNIFICO; e se ben vi ricorda quanto avete letto, in tutte le istorie si conosce che quasi sempre le mogli amano i mariti più che essi le mogli. Quando vedeste voi o leggeste mai che un marito facesse verso la moglie un tal segno d'amore, quale fece quella Camma verso suo marito? Io non so, rispose il signor GASPAR, chi si fosse costei, nè che segno la si facesse. Nè io, disse il FRIGIO. Rispose il MAGNIFIco: Uditelo; e voi, madonna Margherita, metteté cura di tenerlo a memoria.

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XXVI. Questa Camma fu una bellissima giovane, or

nata di tanta modestia e gentil costumi, che non men per questo che per la bellezza era maravigliosa; e sopra l'altre cose con tutto il core amava suo marito, il quale si chiamava Sinatto. Intervenne che un altro gentiluomo, il quale era di molto maggior stato che Sinatto, e quasi tiranno di quella .città dove abitavano, s'inamorò di questa giovane; e dopo l'aver lungamente tentato per ogni via e modo d'acquistarla, e tutto in vano, persuadendosi che lo amor che essa portava al marito fosse la sola cagione che ostasse a’suoi desiderii, fece ammazzar questo Sinatto. Cosi poi sollicitando continuamente, non ne potè mai trar altro frutto che quello che prima avea fatto; onde, crescendo ogni di più questo amore, deliberò torla per moglie, benchè essa di stato gli fosse molto inferiore. Cosi richiesti li parenti di lei da Sinorige (chè cosi si chiamava lo innamorato), cominciarono a persuaderla a contentarsi di questo, mostrandole, il consentir essere utile assai, e 'l negarlo pericoloso per lei e per tutti loro. Essa, poi che loro ebbe alquanto contradetto, rispose in ultimo, esser contenta. I parenti fecero intendere la nuova a Sinorige; il qual allegro sopra modo, procurò che subito si celebrassero le nozze. Venuto adunque l'uno e l'altro a questo effetto solennemente nel tempio di Diana, Camma fece portar una certa bevanda dolce, la quale essa avea composta; e cosi davanti al simulacro di Diana in presenza di Sinorige ne bevvè la metà; poi di sua mano, perchè questo nelle nozze s'usava di fare, diede il rimanente allo sposo; il qual tutto lo bevvě. Camma come vide il disegno suo riuscito, tutta lieta appiè della imagine di Diana s'inginocchio, e disse: 0 Dea, tu che conosci lo intrinseco del cor mio, siami buon testimonio, come difficilmente dopo che 'l mio caro consorte mori, contenuta mi sia di non mi dar la morte, e con quanta fatica abbia sofferto il dolore di star in questa amara vita, nella quale non ho sentito alcuno altro bene o piacere, fuor che la speranza di quella vendetta che or mi trovo aver conseguíta: però allegra e contenta vado a trovar la dolce compagnia di quella anima, che in vita ed in morte più che me stessa ho sempre amata. E tu, scelerato, che pensasti esser mio marito, in iscambio del letto nuziale då or

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