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gnor Gaspar più di quello che egli si sia, dirò brevemente d'alcune che mi occorrono alla memoria, lasciandone molte ch' io potrei dire; poi soggiunse: Essendo Filippo di Demetrio intorno alla città di Chio, ed avendola assediata, mandò un bando, che a tutti i servi che della città fuggivano, ed a sè venissero, prometteva la libertà, e le mogli dei lor patróni. Fu tanto lo sdegno delle donne per cosi ignominioso bando, che con l'arme vennero alle mura, e tanto ferocemente combatterono, che in poco tempo scacciarono Filippo con vergogna e danno; il che non aveano potuto far gli uomini. Queste medesime donne essendo coi lor mariti, padri e fratelli, che andavano in esilio, pervenute in Leuconia, fecero un atto non men glorioso di questo: chè gli Eritrei, che ivi erano co' suoi confederati, mossero guerra a questi Chii; li quali non potendo contrastare, tolsero patto col giuppon solo e la camiscia uscir della città. Intendendo le donne cosi vituperoso accordo, si dolsero, rimproveran. dogli che lasciando l'arme uscissero come ignudi tra nemici; e rispondendo essi, già aver stabilito il patto, dissero che portassero lo scudo e la lanza e lasciassero i panni, e rispondessero ai nemici, questo essere il loro abito. E così facendo essi per consiglio delle lor donne ricopersero in gran parte la vergogna, che in tutto fuggir non poteano. Avendo ancor Ciro in un fatto d'arme rotto un esercito di Persiani, essi in fuga correndo verso la città incontrarono le lor donne fuor della porta, le quali fattesi loro incontra, dissero: Dove fuggite voi, vili uomini? volete voi forse nascondervi in noi, onde sete usciti? Queste ed altre tai parole udendo gli uomini, e conoscendo quanto d'animo erano inferiori alle lor donne, si vergognarono di sè stessi, e ritornando verso i nemici, di nuovo con essi combatterono, e gli ruppero.

XXXIII. Avendo insin qui detto il Magnifico Juliano, fermossi, e, rivolto alla signora Duchessa, disse: Or, Signora, mi darete licenza di tacere. Rispose il signor GASPARO: Bisogneravi pur tacere, poichè non sapete più che vi dire. Disse il MAGNIFICO ridendo: Voi mi stimolate di modo, che vi mettete a pericolo di bisognar tutta notte udir

laudi di donne; ed intendere di molte Spartane, che hanno avuta cara la morte gloriosa dei figlioli; e di quelle che gli hanno rifiutati, o morti esse medesime, quando gli hanno veduti usar viltà. Poi, come le donne Saguntine nella ruina della patria loro prendessero l'arme contra le genti d'Annibale; e come essendo lo esercito de' Tedeschi superato da Mario, le lor donne, non potendo ottener grazia di viver libere in Roma al servizio delle Vergini Vestali, tutte s'ammazzassero insieme coi lor piccoli figliolini; e di mille altre, delle quali tutte le istorie antiche son piene. Allora il signor GASPARO, Deh, signor Magnifico, disse, Dio sa come passarono quelle cose; perchè que' secoli son tanto da noi lontani, che molte bugie si posson dire, e non v'è chi le riprovi.

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XXXIV. Disse il MAGNIFICO: Se in ogni tempo vorrete misurare il valor delle donne con quel degli uomini, trovarete che elle non son mai state nè ancor sono adesso di virtù punto inferiori agli uomini: chè, lasciando quei tanto antichi, se venite al tempo che i Goti regnarono in Italia, trovarete tra loro essere stata una regina Amalasunta, che governò lungamente con maravigliosa prudenza; poi Teodelinda, regina de' Longobardi, di singolar virtù; Teodora, greca imperatrice; ed in Italia fra molte altre fu singolarissima signora la contessa Matilda, delle laudi della quale lasciarò parlare al conte Ludovico, perchè fu della casa sua. Anzi, disse il CONTE, a voi tocca, perchè sapete ben che non conviene che l'uomo laudi le cose sue proprie. Soggiunse il MAGNIFICO: E quante donne famose ne' tempi passati trovate voi di questa nobilissima casa di Montefeltro! quante della casa Gonzaga, da Este, de' Pii! Se de' tempi presenti poi parlare vorremo, non ci bisogna cercar esempii troppo di lontano, che gli avemo in casa. Ma io non voglio ajutarmi di quelle che in presenza vedemo, acciò che voi non mostriate consentirmi per cortesia quello che in alcun modo negar non mi potete. E, per uscir di Italia, ricordatevi che a' di nostri avemo veduto Anna regina di Francia, grandissima signora non meno di virtù che di stato; che se di giustizia e clemenza, liberalità e santità di vita, comparare la

vorrete alli re Carlo e Ludovico, dell'uno e dell'altro de'quali fu moglie, non la trovarete punto inferiore d'essi. Vedete madonna Margherita, figliola di Massimiliano imperatore, la quale con somma prudenza e giustizia insino a qui ha governato e tuttora governa il stato suo.

XXXV. Ma, lasciando a parte tutte l'altre, ditemi, Signor Gaspar, qual re o qual principe è stato a' nostri di ed ancor molt' anni prima in cristianità, che meriti esser comparato alla regina Isabella di Spagna? Rispose il signor GASPARO: Il re Ferrando suo marito. Soggiunse il MAGNIFICO: Questo non negherò io; chè, poichè la Regina lo giudicò degno d'esser suo marito, e tanto lo amò ed osservò, non si può dire ch'el non meritasse d'esserle comparato: ben credo che la riputazion ch'egli ebbe da lei fosse dote non minor che 'l regno di Castiglia. Anzi, rispose il signor GASPAR, penso io che di molte opere del re Ferrando fosse laudata la regina Isabella.-Allor il MAGNIFICO, Se i popoli di Spagna, disse, i signori, i privati, gli uomini e le donne, poveri e ricchi, non si son tutti accordati a voler mentire in laude di lei, non è stato a' tempi nostri al mondo più chiaro esempio di vera bontà, di grandezza d'animo, di prudenza, di religione, d'onestà, di cortesia, di liberalità, in somma d'ogni virtù, che la regina Isabella; e benchè la fama di quella signora in ogni loco e presso ad ogni nazione sia grandissima, quelli che con lei vissero e furono presenti alle sue azioni tutti affermano, questa fama esser nata dalla virtù e meriti di lei. E chi vorrà considerare l'opere sue, facilmente conoscerà esser cosi il vero: chè, lasciando infinite cose che fanno fede di questo, e potrebbonsi dire se fosse nostro proposito, ognun sa che quando essa venne a regnare trovò la maggior parte di Castiglia occupata da' grandi; nientedimeno il tutto recuperò cosi giustificatamente e con tal modo, che i medesimi che ne furono privati le restarono affezionatissimi, e contenti di lasciar quello che possedevano. Notissima cosa è ancora, con quanto animo e prudenza sempre difendesse i regni suoi da potentissimi inimici; e medesimamente a lei sola si può dar l'onor del glorioso acquisto del regno di Granata; che in cosi lunga e difficil guerra contra nemici ostinati, che

combattevano per le facoltà, per la vita, per la legge sua, ed, al parer loro, per Dio, mostrò sempre col consiglio e con la persona propria tanta virtù, che forse a' tempi nostri pochi principi hanno avuto ardire non che di imitarla, ma pur d'averle invidia. Oltre a ciò, affermano tutti quegli che la conobbero, essere stato in lei tanto divina maniera di governare, che parea quasi che solamente la volontà sua bastasse, perchè senza altro strepito ognuno facesse quello che doveva; tal che appena osavano gli uomini in casa sua propria e secretamente far cosa che pensassino che a lei avesse da dispiacere: e di questo in gran parte fu causa il maraviglioso giudicio ch' ella ebbe in conoscere ed eleggere i ministri atti a quelli officii nei quali intendeva d' adoperargli; e così ben seppe congiungere il rigor della giustizia con la mansuetudine della clemenza e la liberalità, che alcun buono a' suoi di non fu che si dolesse d'esser poco remunerato, nè alcun malo d'esser troppo castig ato. Onde nei popoli verso di lei nacque una somma riverenza, composta d'amore e timore; la quale negli animi di tutti ancor sta cosi stabilita, che par quasi che aspettino che essa dal cielo i miri, e di lassù debba darle laude o biasimo; e perciò col nome suo e coi modi da lei ordinati si governano ancor que' regni, di maniera che, benchè la vita sia mancata, vive l'autorità, come rota che, lungamente con impeto voltata, gira ancor per buon spazio da sẻ, benchè altri più non la mova. Considerate oltre di questo, signor Gasparo, che a' nostri tempi tutti gli uomini grandi di Spagna e famosi in qualsivoglia cosa, sono stati creati dalla regina Isabella; e Gonsalvo Ferrando, Gran Capitano, molto più di questo si prezzava, che di tutte le sue famose vittorie, e di quelle egregie e virtuose opere, che in pace ed in guerra fatto l'hanno cosi chiaro ed illustre, che se la fama non è ingratissima, sempre al mondo publicherà le immortali sue lode, e farà fede, che alla età nostra pochi re o gran principi avemo avuti, i quali stati non siano da lui di magnanimità, sapere, e d'ogni virtù superati.

XXXVI. Ritornando adunque in Italia dico, che ancor qui non ci mancano eccellentissime signore; che in Napoli avemo due singolar regine; e poco fa pur in Napoli mori l'al

tra regina d'Ongaria, tanto eccellente signora quanto voi sapete, e bastante di far paragone allo invitto e glorioso re Mattia Corvino, suo marito. Medesimamente la duchessa Isabella d'Aragona, degna sorella del re Ferrando di Napoli; la quale, come oro nel foco, cosi nelle procelle di fortuna ha mostrata la virtù e 'l valor suo. Se nella Lombardia verrete, v' occorrerà la signora Isabella marchesa di Mantua; alle eccellentissime virtù della quale ingiuria si faria parlando cosi sobriamente, come saria forza in questo loco a chi pur volesse parlarne. Pesami ancora che tutti non abbiate conosciuta la duchessa Beatrice di Milano sua sorella, per non aver mai più a maravigliarvi di ingegno di donna. E la duchessa Eleonora d'Aragona, duchessa di Ferrara, e madre dell'una e l'altra di queste due signore ch'io v’ho nominate, fu tale, che le eccellentissime sue virtù faceano buon testimonio a tutto 'l mondo, che essa non solamente era degna figliola di Re, ma che meritava esser regina di molto maggior stato che non aveano posseduto tutti i suoi antecessori. E, per dirvi d' un' altra, quanti uomini, conoscete voi al mondo, che avessero tolerato gli acerbi colpi della fortuna cosi moderatamente, come ha fatto la regina Isabella di Napoli? la quale, dopo la perdita del regno, lo esilio e morte del re Federico suo marito, e duo figlioli, e la prigionia del Duca di Calabria suo primogenito, pur ancor si dimostra esser regina, e di tal modo sopporta i calamitosi incommodi della misera povertà, che ad ognuno fa fede che, ancor che ella abbia mutato fortuna, non ha mutalo condizione. Lascio di nominar infinite altre signore, ed ancor donne di basso grado; come molte Pisane, che alla difesa della lor patria contra Fiorentini hanno mostrato quell'ardire generoso, senza timore alcuno di morte, che mostrar potessero i più invitti animi che mai fossero al mondo; onde da molti nobili poeti sono state alcune di lor celebrate. Potrei dirvi d'alcune eccellentissime in lettere, in musica, in pittura, in scultura; ma non voglio andarmi più rivolgendo tra questi esempii, che a voi tutti sono notissimi. Basta che, se nell'animo vostro pensate alle donne che voi stessi conoscete, non vi fia difficile comprendere che

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