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e lo udir musica, e molti altri intertenimenti offertigli, sempre con dir, cosi fatte novelluzze non esser suo mestiero; in ultimo dicendo la donna, Qual è adunque il mestier vostro? - rispose con un mal viso, Il combattere; allora la donna subito, Crederei, disse, che or che non siete alla guerra nė in termine di combattere, fosse buona cosa che vi faceste molto ben untare, ed insieme con tutti i vostri arnesi di battaglia riporre in un armario, finchè bisognasse, per non rugginire più di quello che siate; e cosi, con molte risa de'circonstanti, scornato lasciollo nella sua sciocca prosunzione. Sia adunque quello che noi cerchiamo, dove si veggon gl'inimici, fierissimo, acerbo, e sempre tra i primi; in ogni altro loco, umano, modesto e ritenuto, fuggendo sopra tutto la ostentazione, e lo impudente laudar sè stesso, per lo quale l' uomo sempre si cóncita odio e stomaco da chi ode.

XVIII. Ed io, rispose allora il signor GASPAR, ho conosciuti pochi uomini eccellenti in qualsivoglia cosa, che non laudino sè stessi: e parmi che molto ben comportar lor si possa; perchè chi si sente valere, quando si vede non esser per l'opere dagli ignoranti conosciuto, si sdegna che'l valor suo stia sepolto, e forza è che a qualche modo lo scopra, per non esser defraudato dell' onore, che è il vero premio delle virtuose fatiche. Però, tra gli antichi scrittori, chi molto vale, rare volte si astien da laudar sè stesso. Quelli ben sono intolerabili, che essendo di niun merito, si laudano; ma tal non presumiam noi che sia il nostro Cortegiano. -Allor il CONTE, Se voi, disse, avete inteso, io ho biasimato il laudare sè stesso impudentemente e senza rispetto: e certo, come voi dite, non si dee pigliar mala opinion d'un uomo valoroso, che modestamente si laudi; anzi tôr quello per testimonio più certo, che se venisse di bocca altrui. Dico ben che chi, laudando sè stesso, non incorre in errore, nè a sè genera fastidio o invidia da chi ode, quello è discretissimo, ed, oltre alle laudi che esso si dà, ne merita ancor dagli altri; perchè è cosa difficil assai. – Allora il signor GASPAR, Questo, disse, ci avete da insegnar voi.- Rispose il CONTE: Fra gli antichi scrittori non è ancor mancato chi l'abbia insegnato; ma, al parer mio, il tutto consiste in dir le cose di modo, che paja

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non che si dicano a quel fine, ma che caggiano talmente a proposito, che non si possa restar di dirle, e sempre mostrando fuggir le proprie laudi, dirle pure; ma non di quella maniera che fanno questi bravi, che aprono la bocca, e lascian venir le parole alla ventura. Come pochi di fa disse un de' nostri, che essendogli a Pisa stato passato una coscia con una picca da una banda all'altra, pensò che fosse una mosca che l'avesse punto; ed un altro disse, che non teneva specchio in camera, perchè quando si crucciava diveniva tanto terribile nell' aspetto, che veggendosi aría fatto troppo gran paura a sè stesso. Rise qui ognuno; ma messer CESARE GONZAGA soggiunse: Di che ridete voi? Non sapete che Alessandro Magno, sentendo che opinion d'un filosofo era che fossino infiniti mondi, cominciò a piangere, ed essendogli domandato, perchè piangeva, rispose, Perch' io non ne ho ancor preso un solo;· come se avesse avuto animo di pigliarli tutti? Non vi par che questa fosse maggior braveria, che il dir della puntura della mosca? - Disse allor il CONTE: Anco Alessandro era maggior uomo, che non era colui che disse quella. Ma agli uomini eccellenti in vero si ha da perdonare quando presumono assai di sè; perchè chi ha da far gran cose, bisogna che abbia ardir di farle e confidenza di sè stesso, e non sia d'animo abietto o vile, maʼsi ben modesto in parole, mostrando di presumer meno di sè stesso che non fa, pur che quella presunzione non passi alla temerità.

XIX. Quivi facendo un poco di pausa il Conte, disse ridendo messer BERNARDO BIBIENA: Ricordomi che dianzi dicesti, che questo nostro Cortegiano aveva da esser dotato da natura di bella forma di volto e di persona, con quella grazia che lo facesse cosi amabile. La grazia e'l volto bellissimo penso per certo che in me sia, e perciò interviene che tante donne quante sapete ardeno dell' amor mio ; ma della forma del corpo sto io alquanto dubioso, e massimamente per queste mie gambe, che in vero non mi pajono cosi atte com'io vorrei: del busto, e del resto contentomi pur assai bene. Dichiarate adunque un poco più minutamente questa forma del corpo, quale abbia ella da essere, acciò che io possa levarmi

di questo dubio, e star con l'animo riposato. - Essendosi di questo riso alquanto, soggiunse il CONTE: Certo, quella grazia del volto, senza mentire, dir si può esser in voi, nè altro esempio adduco che questo, per dichiarire che cosa ella sia; chè senza dubio veggiamo, il vostro aspetto esser gratissimo e piacere ad ognuno, avvenga che i lineamenti d'esso non siano molto delicati; ma tien del virile, e pur è grazioso: e trovasi questa qualità in molte e diverse forme di volti. E di tal sorte voglio io che sia lo aspetto del nostro Cortegiano, non cosi molle e feminile come si sforzano d'aver molti, che non solamente si crespano i capegli e spelano le ciglia, ma si strisciano con tutti que' modi che si faccian le più lascive e disoneste femine del mondo; e pare che nello andare, nello stare, ed in ogni altro lor atto siano tanto teneri e languidi, che le membra siano per staccarsi loro l' uno dall' altro; e pronunziano quelle parole cosi afflitte, che in quel punto par che lo spirito loro finisca: e quanto più si trovano con uomini di grado, tanto più usano tai termini. Questi, poi che la natura, come essi mostrano desiderare di parere ed essere, non gli ha fatti femine, dovrebbono non come buone femine esser estimati, ma, come publiche meretrici, non solamente delle corti de' gran signori, ma del consorzio degli uomini nobili esser cacciati.

XX. Vegnendo adunque alla qualità della persona, dico bastar ch'ella non sia estrema in piccolezza nè in grandezza; perchè e l'una e l'altra di queste condizioni porta seco una certa dispettosa maraviglia, e sono gli uomini di tal sorte mirati quasi di quel modo che si mirano le cose mostruose: benché, avendo da peccare nell'una delle due estremità, men male è l'esser un poco diminuto, che ecceder la ragionevol misura in grandezza; perchè gli uomini così vasti di corpo, oltra che molte volte di ottuso ingegno si trovano, sono ancor inabili ad ogni esercizio di agilità: la qual cosa io desidero assai nel Cortegiano. E perciò voglio che egli sia di buona disposizione e de' membri ben formato, e mostri forza e leggerezza e discioltura, e sappia di tutti gli esercizii di persona che ad uom di guerra s'appartengono: e di questo penso, il primo dover essere maneggiar ben ogni sorte d'ar

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me a piedi ed a cavallo, e conoscere i vantaggi che in esse sono, e massimamente aver notizia di quell'arme che s'usano ordinariamente tra'gentiluomini; perchè, oltre all'operarle alla guerra, dove forse non sono necessarie tante sottilità, intervengono spesso differenze tra un gentiluomo e l'altro, onde poi nasce il combattere, e molte volte con quell'arme che in quel punto si trovano a canto: però il saperne è cosa securissima. Nè son io già di quei che dicono, che allora l'arte si scorda nel bisogno; perchè certamente chi perde l'arte in quel tempo, dà segno che prima ha perduto il core e 'l cervello di paura.

XXI. Estimo ancora, che sia di momento assai il saper lottare, perchè questo accompagna molto tutte l'arme da piedi. Appresso, bisogna che e per sè e per gli amici intenda le querele e differenze che possono occorrere, e sia avvertito nei vantaggi, in tutto mostrando sempre ed animo e prudenza; nè sia facile a questi combattimenti, se non quanto per l'onor fosse sforzato: chè, oltre al gran pericolo che la dubiosa sorte seco porta, chi in tali cose precipitosamente e senza urgente causa incorre, merita grandissimo biasimo, avvenga che ben gli succeda. Ma quando si trova l'uomo esser entrato tanto avanti, che senza carico non si possa ritrarre, dee e nelle cose che occorrono prima del combattere, e nel combattere, esser deliberatissimo, e mostrar sempre prontezza e core; e non far com'alcuni, che passano la cosa in dispute e punti, ed avendo la elezion dell'arme pigliano arme che non tagliano nè pungono, e si armano come s'avessero ad aspettar le cannonate; e parendo lor bastare il non esser vinti, stanno sempre in sul difendersi e ritirarsi, tanto che mostrano estrema viltà; onde fannosi far la baja da' fanciulli: come que’dui Anconitani, che poco fa combatterono a Perugia, fecero ridere chi gli vide. — E quali furon questi?disse il signor GASPAR PALLAVICINO. Rispose messer CESARE: Dui fratelli consobrini. Disse allora il CONTE: Al combattere parvero fratelli carnali; poi soggiunse: Adopransi ancor l'arme spesso in tempo di pace in diversi esercizii, e veggonsi i gentiluomini nei spettacoli publici alla presenza de' popoli, di donne e di gran signori. Però voglio che 'l

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To kat lack man in his own

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LIBRO PRIMO.

31

nostro Cortegiano sia perfetto cavalier d'ogni sella; ed oltre allo aver cognizion di cavalli e di ciò che al cavalcare s'appartiene, ponga ogni studio e diligenza di passar in ogni cosa un poco più avanti che gli altri, di modo che sempre tra tutti sia per eccellente conosciuto. E come si legge d'Alcibiade, che superò tutte le nazioni appresso alle quali egli visse, e ciascuna in quello che più era suo proprio: cosi questo nostro avanzi gli altri, e ciascuno in quello di che più fa professione. E perchè degli Italiani è peculiar laude il cavalcar bene alla brida, il maneggiar con ragione massimamente cavalli asperi, il correr lance e'l giostrare, sia in questo dei migliori Italiani: nel torneare, tener un passo, combattere una sbarra, sia buono tra i miglior Franzesi: nel giocare a canne, correr tori, lanciar aste e dardi, sia tra i Spagnoli eccellente. Ma sopra tutto, accompagni ogni suo movimento con un certo buon giudicio e grazia, se vuole meritar quell'universal favore che tanto s'apprezza.

XXII. Sono ancor molti altri esercizii, i quali benchè non dipendano drittamente dalle arme, pur con esse hanno molta convenienza, e tengono assai d'una strenuità virile; e tra questi parmi la caccia esser de' principali, perchè ha una certa similitudine di guerra: ed è veramente piacer da gran signori, e conveniente ad uom di corte, e comprendesi che ancora tra gli antichi era in molta consuetudine. Conveniente è ancor saper nuotare, saltare, correre, gittar pietre, perche, oltre alla utilità che di questo si può avere alla guerra, molte volte occorre far prova di sè in tai cose; onde s'acquista buona estimazione, massimamente nella moltitudine, con la quale bisogna pur che l'uom s'accommodi. Ancor nobile esercizio e convenientissimo ad uom di corte è il gioco di palla, nel quale molto si vede la disposizion del corpo, e la prestezza e discioltura d'ogni membro, e tutto quello che quasi in ogni altro esercizio si vede. Nè di minor laude estimo il volteggiar a cavallo; il quale benchè sia faticoso e difficile, fa l'uomo leggerissimo e destro più che alcun' altra cosa; ed, ́ oltre alla utilità, se quella leggerezza è compagnata di buona grazia, fa, al parer mio, più bel spettacolo che alcun degli altri. Essendo adunque il nostro Cortegiano in questi eserci

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