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si viene ad onorare col titolo d'immacolata, e si propone per esempio di costanza e di pudicizia una donna, che già si era data in preda all'amante, e avendosi posta sotto de' piedi l'interna onestà, e di più la verecondia o verginale o matronale, facea copia liberamente di sè medesima (dall' ultimo atto in fuori) ad un uomo libidinoso e dissoluto. Noi avremmo volentieri tolto via questo racconto scandaloso; ma vedendo, non senza qualche maraviglia, che il Ciccarelli l' avea lasciato, deliberammo di lasciarlo noi parimente, ma di confutarlo altresì colla dovuta censura. Prima dunque d'ogni altra cosa noi diciamo, esser questa narrazione se non falsa, almeno inverisimile affatto, e perciò mancante d'ogni autorità..... Certamente negli antichi secoli della Chiesa non si dovea prestar fede a Paolo Samosateno vescovo di Antiochia, nè agli altri chierici suoi seguaci, i quali, accecati dal diavolo, erano usati di tenersi a fianco nel letto una o talor due vergini a Dio consacrate, scegliendo dal numero di esse le più amabili e per gioventù e per bellezza, comechè protestassero di non trascorrer giammai a verun atto d'impurità. Chi si espone a rischio sì manifesto di peccare, o non ama daddovero la castità, o egli è stolido e prosuntuoso, mettendosi a tentar Dio. Imperciocchè tanto è possibile che due di sesso diverso, infiammati di scambievole amore, conversando insieme da solo a solo, anzi nel medesimo letto, si astengano da peccati carnali, quanto è possibile che il fuoco s'accosti alla paglia senza abbruciarla ed incenerirla. Numquid potest homo (dice il Savio nei Proverbii, al capo sesto) abscondere ignem in sinu suo, ut vestimenta illius non ardeant? aut ambulare super prunas, ut non comburantur plantæ ejus? Sic qui ingreditur ad mulierem proximi sui, non erit mundus cum tetigerit eam. Ma dato ancor che la donna di cui parla il Castiglione, per paura di morte o d'infamia, così ferma fosse nel suo proposito, che non permettesse in tanto tempo all'amante l'ultimo sfogo de' suoi sfrenati appetiti: si dovrà perciò ella chiamare uno specchio di pudicizia, immacolata, illibata? Chi tal titolo volesse darle, verrebbe a pesare la pudicizia è l'onestà, per così dire, colla stadera del mugnajo, non colla bilancetta dell'orefice. Queste virtù sono di tempera dilicatissima, e somigliano appunto a que' fiori, che ad ogni fiato di scirocco appassiscono. La verginità e la continenza hanno lor sede principalmente nell' animo; ma quando poi una donna non disdice all'amante i baci, gli abbracciamenti, e l'altre sì fatte domestichezze, quand' anche più oltre non passi, queste nobilissime doti già sono affatto dissipate e perdute, nè altro di esse rimane che l'ombra sola e l'apparenza, la quale può bene ingannare la corta vista degli uomini, ma non isfuggire gli occhi penetranti ed acutissimi del grande Iddio. Omnis qui viderit mulierem ad concupiscendum eam, jam machatus est eam in corde suo, grida il Signore nel Vangelo (Matth. V, 32). Così ancora adunque mulier quae viderit virum ad concupiscendum eum; molto più quæ tetigerit, quae amplexa fuerit, quae se illi contrectandam præbuerit. Costei, oltre ai proprii peccati, venne a farsi complice

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de' peccati ancor dell' amante, i quali in sì lungo tempo saranno stati pressochè innumerabili. È certamente da stupirsi, come un uomo dotto e prudente, qual era il conte Baldessar Castiglione, abbia potuto prendere un granchio sì grosso, in materia di vera e soda virtù. Convien però dire, ch'egli abbia servito in questo luogo all'umore della persona da esso introdotta a ragionare; dimostrando egli per altro in varie parti di quest'Opera sentimenti più giusti e più ragionevoli, e discorrendo del dovere e dell' onesto con sottigliezza molto maggiore. GIOVANNI ANTONIO VOLPI.

Pag. 210, lin. 30. allopiato. Le Aldine ed altre antiche all'opiato; male il Dolce allopitato.

Pag. 211, lin. 2. Tanti pœnitere non emo: risposta data da Demostene a Taide, famosa meretrice in Corinto. GAETANO VOLPI. Pag. 214, lin. 4. - Imitato da quel di Tibullo, Eleg. I, 1, 65:

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Illo non juvenis poterit de funere quisquam

Lumina, non virgo, sicca referre domum.

Pag. 215, lin. 3. — sempre non veda. Le Aldine degli anni 1541 e 1547, sempre non si veda.

Pag. 216, lin. 2.

Allude al libro di Ovidio Artis Amatoriae. Un simile argomento nello scorso secolo fu trattato in Francia da Pietro Giuseppe Bernard, delfinate, conosciuto anche sotto il nome di Gentil Bernard.

Pag. 220, lin. 5.

GAETANO VOLPI.

Pag. 225, lin. 16.

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– Di essa parla Bernardo Tasso nell'Amadigi.

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· circa le difficoltà. Così le Aldine degli anni 1538, 1541, 1547; quelle del 1528, 1533 e 1545, circa la difficoltà.

Pag. 228, lin. 13, 14. deve ancora cominciare a compiacere. L'Aldina del 1558, e dietro essa tutte, tranne l'Aldina del 1545, le edizioni posteriori del secolo XVI e XVII, omettono le parole cominciare a; esse furono restituite dal Volpi, e conservate nelle seguenti edizioni.

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Pag. 230, lin. 22. anni 1541 e 1547; meno

Pag. 232, lin. 15.

Tratto da quel verso di Properzio:

oculi sunt in amore duces.

piglia le qualità. Così le Aldine degli bene le altre piglia la qualità.

· più che agli altri. Così l'Aldina del 1545; le altre Aldine malamente più che gli altri.

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Pag. 233, lin. 17. Di costui vedi il Giornale de' Letterati d'Italia. VOLPI.

Francesco Colonna, religioso domenicano, pubblicò sotto il ti

tolo di Poliphili Hypnerotomachia uno scritto pressochè impossibile ad intendersi, e per lingua e per argomento. Morì nel 1527, vecchio di 94 anni.

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Pag. 243, lin. 6. batteggia. Così per battezza trovasi scritto in tutte le antiche edizioni, compresa la prima del Dolce (1556); la quale forma crederei derivata piuttosto da vezzo o da idiotismo di pronunzia, che non dall'aver forse l'autore, come sospetta il Volpi, voluto alquanto contraffare per riverenza il verbo battezzare. Il Dolce nell'edizione del 1559 mutò ad arbitrio patteggia. La stessa scrittura batteggiare troviamo presso il nostro autore nelle Lettere di Negozii 129 e 288. Similmente, come nota il Volpi, nelle note al Canto II del Paradiso di Dante fatte dagli Accademici della Crusca si legge particulareggiare per particularizzare.

Pag. 246, lin. 21. — In essa si facea un' annual festa a' tempi dell'autore. GAETANO VOLPI.

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Tratto da quel celebre passo di Lucrezio,

De Natura Deorum, lib. III, v. 11-17:

Nam veluti pueris absinthia tetra medentes
Quum dare conantur, prius oras pocula circum
Contingunt mellis dulci flavoque liquore,
Ut puerorum ætas improvida ludificetur,
Labrorum terus; interea perpotet amarum
Absinthi laticem, deceptaque non capiatur,
Sed potius tali facto recreata valescat.

Leggiadramente imitato dal Tasso in quei versi, Gerusalemme

Liberata, Canto I, st. 3:

Così all'egro fanciul porgiamo aspersi

Di soave licor gli orli del vaso;

Succhi amari, ingannato, intanto ei beve,

E dall' inganno suo vita riceve.

Pag. 249, lin. 20. — si vede nei ciechi. Così le Aldine degli anni 1538, 1541 e 1547; quelle del 1528, 1533, 1545, si vede dei ciechi.

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Pag. 252, lin. 33. per salvarsi. Gl'incontinenti adunque. Così corresse il Dolce nell'edizione del 1559; le edizioni anteriori hanno per salvarsi. Incontinente adunque, tranne l'Aldina del 1545, che ha per salvarsi incontinente. Adunque.

Pag. 254, lin. 22.

delle cupidità. Non male le Aldine degli

anni 1541 e 1547, della cupidità.

Pag. 255, lin. 11.

renitente. Con manifesto errore le Aldine

del 1541 e del 1547, retinente.

Pag. 255, lin. 19.

modificati. Non è da sprezzare la lezione delle Aldine degli anni 1538, 1541 e 1547, mondificati.

Pag. 256, lin. 25. - Lo stesso giudizio porta Cicerone in varii luoghi, e particolarmente nel cap. xxxv del lib. I De Republica. Al regio tuttavia antepone il governo composto e temperato dei tre, regio, degli ottimati e popolare: Quartum quoddam genus reipublicae maxime probandum esse sentio, quod est ex his, quae prima dixi, moderatum et permixtum tribus. De Rep. I, xxix. Simile opinione, solo forse fra gli scrittori del secolo XVI, espone il nostro autore sotto la persona di Ottaviano Fregoso nel cap. 31 del presente libro.

Pag. 259, lin. 2.-dal supremo principe. Meno bene le due prime Aldine e quella del 1545, da supremo principe.

Pag. 259, lin. 18, 19. · ed è protettor non di que' principi che vogliono imitarlo col mostrare gran potenza. Preferiamo questa lezione delle Aldine degli anni 1541 e 1547, a quella delle altre Aldine, che meno corrisponde al contesto, ed è protettor di queʼprincipi che vogliono imitarlo non col mostrare gran potenza,

Pag. 261, lin. 5. spargono. Meno bene, a parer nostro, spargano le Aldine del 1538, 1541 e 1547.

Pag. 261, lin. 22. in tutto a questa. Male le Aldine degli anni 1528, 1533 e 1545, in tutto questa.

Pag. 264, lin. 4, 5.

anni 1541 e 1547, per

Pag. 265, lin. ult.

le altre deveno.

Pag. 267, lin. 2. anni 1538, 1541 e 1547;

– per conseguirne il fine. Le Aldine degli conseguire il fine.

devemo. Così fra le Aldine la sola del 1545:

come di membri. Così le Aldine degli meno bene le altre come de membri.

Pag. 267, lin. 25. - A questo passo così nota il Volpi: « Quivi >> più che in altro luogo spiega l'autore il suo concetto intorno alla » Fortuna. Questo passo (che lasciò il Ciccarelli intatto) se si fosse » da lui, prima di spurgare il libro, ben avvertito, ne avrebbe la>> sciati molti altri pure intatti. Vedi la nostra Protesta avanti il Cor

>>tegiano. » Questa Protesta od avviso, bastantemente prolisso, e che credemmo inutile di qui rapportare, espone le opinioni di alcuni antichi autori e riferisce il noto passo di Dante sulla Fortuna; e contiene la dichiarazione, che vediamo apposta a molti libri stampati circa quel tempo in Italia, che l'autore fu buon catolico, e che se talora parlò della Fortuna secondo l'uso popolare, e alla foggia de' poeti e degli altri scrittori gentili, sapeva per altro, non darsi altra fortuna che la Divina Provvidenza, ec. Difficilmente si troverà cosa più strana ed insipida delle mutazioni introdotte dal Ciccarelli ovunque il Castiglione nominò la fortuna: spesso fu pago di sostituire a questa voće alcun sinonimo, e con un giro di parole fuggire il nome e non la cosa.

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Pag. 268, lin. 28. Conviene avvertire, che questa ed alcune altre regole di buon governo dettate dal Castiglione convengono forse a piccoli stati, quali tuttora a quel tempo erano molti nell'Italia superiore: ne' grandi stati, soli oramai possibili, la ricchezza dei cittadini è ricchezza e potenza dello stato intero.

Pag. 269, lin. 3, 4. - sperano..... temano. Così tutte le edizioni; si emendi o sperano..... temono, ovvero sperino..... temano.

Pag. 269, lin. 12. non diventino potenti. Così corresse il Dolce; le Aldine e le altre antiche hanno non diventano potenti.

Pag. 271, lin. 8. Vedi la lettera 6 fra quelle di diversi al Castiglione, dove Rafaello d'Urbino parla di questa grande opera, della quale da papa Giulio II gli era stata commessa la cura.

Pag. 271, lin. 17. - Bucefalia, città dell' India, edificata da Alessandro in memoria di Bucefalo suo dilettissimo cavallo. GAETANO VOLPI.

l'ag. 271, lin. 18. — Atos, monte posto fra la Macedonia e la Tracia, detto ora Monte Santo. Dinocrate (come afferma Vitruvio nella prefazione del libro II) ovvero Stasicrate (al dir di Plutarco nella Vita d'Alessandro, e nel libro che scrisse Della virtù e fortuna dello stesso) diede per consiglio ad Alessandro di ridurre il detto monte in figura d'un uomo, e di edificargli nella sinistra un'amplissima città capace di dieci mila abitatori, e nella destra una gran coppa, nella quale si raccogliessero tutti i fiumi che da quello derivano, d'onde poi sboccassero in mare. Si compiacque Alessandro di sì bella e magnifica idea; ma quando intese che una tal città sarebbe senza territorio, e che dovrebbe alimentarsi colle sole provisioni d'oltre mare, ne abbandonò affatto il pensiero, comparando una tal città a un fanciullo che non può crescere per iscarsezza di latte nella sua balia. GAETANO VOLPI.

Pag. 272, lin. 35.

TANO VOLPI.

Fu poi Francesco I re di Francia. GAE

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