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che vanno a ritrovar quelle parti che non si veggono, con tal maniera, che benissimo comprender si può che 'l pittor ancor quelle conosce ed intende. Ed a questo bisogna un altro artificio maggiore in far quelle membra che scortano e diminuiscono a proporzion della vista con ragion di prospettiva; la qual per forza di linee misurate, di colori, di lumi e d'ombre, vi mostra anco in una superficie di muro dritto il piano e 'l lontano, più e meno come gli piace. Parvi poi che di poco momento sia la imitazione dei colori naturali in contraffar le carni, i panni, e tutte l'altre cose colorate ? Questo far non può già il marmorario, nè meno esprimer la graziosa vista degli occhi neri o azzurri, col splendor di que' raggi amorosi. Non può mostrare il color de' capegli. flavi, no 'l splendor dell' arme, non una oscura notte, non una tempesta di mare, non que' lampi e saette, non lo incendio d' una città, no 'l nascere dell' aurora di color di rose, con que' raggi d'oro e di porpora; non può in somma mostrare cielo, mare, terra, monti, selve, prati, giardini, fiumi, città nè case: il che tutto fa il pittore.

LII. Per questo parmi la pittura più nobile e più capace d'artificio che la marmoraria, e penso che presso agli antichi fosse di suprema eccellenza come l'altre cose: il che si conosce ancor per alcune piccole reliquie che restano, massimamente nelle grotte di Roma; ma molto più chiaramente si può comprendere per i scritti antichi, nei quali sono tante onorate e frequenti menzioni e delle opre e dei maestri; e per quelli intendesi quanto fossero appresso i gran signori e le republiche sempre onorati. Però si legge che Alessandro amò sommamente Apelle Efesio, e tanto, che avendogli fatto ritrar nuda una sua carissima donna, ed intendendo, il buon pittore per la maravigliosa bellezza di quella restarne ardentissimamente inamorato, senza rispetto alcuno gliela dono: liberalità veramente degna d' Alessandro, non solamente donar tesori e stati, ma i suoi proprii affetti e desiderii; e segno di grandissimo amor verso Apelle, non avendo avuto rispetto, per compiacer a lui, di dispiacere a quella donna che sommamente amava; la qual creder si può che molto si dolesse di cambiar un tanto re con un pittore. Narcansi an

cor molti altri segni di benivolenza d'Alessandro verso d'Apelle; ma assai chiaramente dimostrò quanto lo estimasse, avendo per publico comandamento ordinato che niun altro pittore osasse far la imagine sua. Qui potrei dirvi le contenzioni di molti nobili pittori con tanta laude e maraviglia quasi del mondo; potrei dirvi con quanta solennità gli imperadori antichi ornavano di pitture i lor trionfi, e ne' lochi publici le dedicavano, e come care le comperavano; e che siansi già trovati alcuni pittori che donavano l'opere sue, parendo loro che non bastasse oro nè argento per pagarle; e come tanto pregiata fosse una tavola di Protogene, che essendo Demetrio a campo a Rodi, e possendo intrar dentro appiccandole il foco dalla banda dove sapeva che era quella tavola, per non abrusciarla restò di darle la battaglia, e cosi non prese la terra; e Metrodoro, filosofo e pittore eccellentissimo, esser stato da Ateniesi mandato a Lucio Paolo per ammaestrargli i figlioli, ed ornargli il trionfo che a far avea. E molti nobili scrittori hanno ancora di quest' arte scritto; il che è assai gran segno per dimostrare in quanta estimazione ella fosse: ma non voglio che in questo ragionamento più ei estendiamo. Però basti solamente dire, che al nostro Cortegiano conviensi ancor della pittura aver notizia, essendo onesta ed utile, ed apprezzata in que' tempi che gli uomini erano di molto maggior valore che ora non sono: e quando mai altra utilità o piacer non se ne traesse, oltra che giovi a saper giudicar la eccellenza delle statue antiche e moderne, di vasi, d'edificii, di medaglie, di camei, d'intagli e tai cose, fa conoscere ancor la bellezza dei corpi vivi, non solamente nella delicatura de' volti, ma nella proporzion di tutto il resto, cosi degli uomini come di ogni altro animale. Vedete adunque come lo aver cognizione della pittura sia causa di grandissimo piacere. E questo pensino quei che tanto godono contemplando le bellezze d' una donna che par lor essere in paradiso, e pur non sanno dipingere: il che se sapessero, arian molto maggior contento, perchè più perfettamente conosceriano quella bellezza, che nel cor genera lor tanta satisfazione.

LIII. Rise quivi messer CESARE Gonzaga, e disse: Io già

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non son pittore; pur certo so aver molto maggior piacere di vedere alcuna donna, che non aría, se or tornasse vivo, quello eccellentissimo Apelle che voi poco fa avete nominato. Rispose il CONTE: Questo piacer vostro non deriva interamente da quella bellezza, ma dalla affezion che voi forse a quella donna portate; e, se volete dir il vero, la prima volta che voi a quella donna miraste, non sentiste la millesima parte del piacere che poi fatto avete, benchè le bellezze fossero quelle medesime: però potete comprender quanto più parte nel piacer vostro abbia l'affezion che la bellezza.— Non nego questo, disse messer CESARE; ma secondo che 'l piacer nasce dalla affezione, così l' affezion nasce dalla bellezza: però dir si può che la bellezza sia pur causa del piacere. Rispose il CONTE: Molte altre cause ancor spesso infiammano gli animi nostri, oltre alla bellezza; come i costumi, il sapere, il parlare, i gesti, e mill' altre cose, le quali però a qualche modo forse esse ancor si poriano chiamar bellezze; ma sopra tutto il sentirsi essere amato: di modo che si può ancor senza quella bellezza di che voi ragionate amare ardentissimamente; ma quegli amori che solamente nascono dalla bellezza che superficialmente vedemo nei corpi, senza dubio daranno molto maggior piacere a chi più la conoscerà, che a chi meno. Però, tornando al nostro proposito, penso che molto più godesse Apelle contemplando la bellezza di Campaspe, che non faceva Alessandro: perchè facilmente si può creder che l'amor dell' uno e dell' altro derivasse solamente da quella bellezza; e che deliberasse forse ancor Alessandro per questo rispetto donarla a chi gli parve che più perfettamente conoscer la potesse. Non avete voi letto, che quelle cinque Fanciulle da Crotone, le quali tra l'altre di quel popolo elesse Zeusi pittore, per far di tutte cinque una sola figura eccellentissima di bellezza, furono celebrate da molti poeti, come quelle che per belle erano state approvate da colui, che perfettissimo giudicio di bellezza aver dovea?

LIV. Quivi, mostrando messer Cesare non restar satisfatto, nè voler consentir per modo alcuno che altri che esso medesimo potesse gustare quel piacer ch' egli sentiva di contemplar la bellezza d'una donna, ricominciò a dire: ma in

quello s'udi un gran calpestare di piedi, con strepito di parlar alto: e così rivolgendosi ognuno, si vide alla porta della stanza comparire un splendor di torchi, e subito drieto giunse con molta e nobil compagnia il signor Prefetto, il qual ritornava, avendo accompagnato il papa una parte del cammino; e già allo entrar del palazzo dimandando ciò che facesse la signora Duchessa, aveva inteso di che sorte era il gioco di quella sera, e 'l carico imposto al conte Ludovico di parlar della Cortegianía; però quanto più gli era possibile studiava il passo, per giungere a tempo d' udir qualche cosa. Cosi, subito fatto riverenza alla signora Duchessa, e fatto seder gli altri, che tutti in piedi per la venuta sua s'erano levati, si pose ancor esso a seder nel cerchio con alcuni de' suoi gentiluomini; tra i quali erano il marchese Febus e Ghirardino fratelli da Ceva, messer Ettor Romano, Vincenzo Calmeta, Orazio Florido, e molti altri; e stando ognun senza parlare, il signor PREFETTO disse: Signori, troppo nociva sarebbe stata la venuta mia qui, s' io avessi impedito cosi bei ragionamenti, come estimo che sian quelli che ora tra voi passavano; però non mi fate questa ingiuria, di privar voi stessi e me di tal piacere. Rispose allora il conte LUDOVICO: Anzi, signor mio, penso che 'l tacer a tutti debba esser molto più grato che'l parlare; perchè essendo tal fatica a me più che agli altri questa sera toccata, oramai m' ha stanco di dire, e credo tutti gli altri d'ascoltare, per non esser stato il ragionamento mio degno di questa compagnia, nè bastante alla grandezza della materia di che io aveva carico; nella quale avendo io poco satisfatto a me stesso, penso molto meno aver satisfatto ad altrui. Però a voi, Signore, è stato ventura il giungere al fine; e buon sarà mo dar la impresa di quello che resta ad un altro che succeda nel mio loco; perciò che, qualunque egli si sia, so che si porterà molto meglio ch'io non farei se pur seguitar volessi, essendo oramai stanco come

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LV. Non sopportarò io, rispose il Magnifico JULIANO, per modo alcuno esser defraudato della promessa che fatta m'avete; e certo so che al signor Prefetto ancor non dispiacerà lo intender questa parte. — E qual promessa? — disse il

CONTE. Rispose il MAGNIFICO: Di dechiarirci in qual modo abbia il Cortegiano da usare quelle buone condizioni, che voi avete detto che convenienti gli sono.-Era il signor Prefetto, benchè di età puerile, saputo e discreto, più che non parea che s'appartenesse agli anni teneri, ed in ogni suo movimento mostrava con la grandezza dell' animo una certa vivacità dello ingegno, vero pronostico dello eccellente grado di virtù dove pervenir doveva. Onde subito disse: Se tutto questo a dir resta, parmi esser assai a tempo venuto; perchè intendendo in che modo dee il Cortegiano usar quelle buone condizioni, intenderò ancora quali esse siano, e così verrò a saper tutto quello che infin qui è stato detto. Però non rifiutate, Conte, di pagar questo debito, d'una parte del quale già sete uscito. Non arei da pagar tanto debito, rispose il CONTE, se le fatiche fossero più egualmente divise; ma lo errore è stato dar autorità di comandar ad una signora troppo parziale: e cosi, ridendo, si volse alla signora EMILIA; la qual subito disse: Della mia parzialità non dovreste voi dolervi; pur, poi che senza ragion lo fate, daremo una parte di questo onor, che voi chiamate fatica, ad un altro; - e, rivoltasi a messer Federigo Fregoso, Voi, disse, proponeste il gioco del Cortegiano; però è ancor ragionevole che a voi tocchi il dirne una parte: e questo sarà il satisfare alla domanda del signor Magnifico, dechiarando in qual modo e maniera e tempo il Cortegiano debba usar le sue buone condizioni, ed operar quelle cose che 'l Conte ha detto che se gli convien sapere. — Allora messer FEDERICO, Signora, disse, volendo voi separare il modo e 'l tempo e la maniera delle buone condizioni e ben operare del Cortegiano, volete separar quello che separar non si può, perchè queste cose son quelle che fanno le condizioni buone e l'operar buono. Però, avendo il Conte detto tanto e così bene, ed ancor parlato qualche cosa di queste circostanze, e preparatosi nell'animo il resto che egli avea a dire, era pur ragionevole che seguitasse insin al fine. Rispose la signora EMILIA: Fate voi conto d'essere il Conte, e dite quello che pensate che esso direbbe; e così sarà satisfatto al tutto.

LVI. Disse allor il CALMETA: Signori, poichè l'ora è tar

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