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modi, sebben da natura sua vi fosse alieno, di modo che, sempre che 'l signore lo vegga, pensi che a parlar gli abbia di cosa che gli sia grata: il che interverrà, se in costui sarà il buon giudicio per conoscere ciò che piace al principe, e lo ingegno e la prudenza per sapersegli accommodare, e la deliberata volontà per farsi piacer quello che forse da natura gli dispiacesse; ed avendo queste avvertenze, inanzi al principe non starà mai di mala voglia nè melanconico, nè cosi taciturno, come molti che par che tenghino briga coi patroni, che è cosa veramente odiosa. Non sarà maledico, e specialmente dei suoi signori; il che spesso interviene, chè pare che nelle corti sia una procella che porti seco questa condizione, che sempre quelli che sono più beneficati dai signori, e da bassissimo loco ridotti in alto stato, sempre si dolgono e dicono mal d'essi: il che è disconveniente, non solamente a questi tali, ma ancor a quelli che fossero mal trattati. Non usarà il nostro Cortegiano prosunzion sciocca; non sarà apportator di nuove fastidiose; non sarà inavvertito in dir talor parole che offendano in loco di voler compiacere ; non sarà ostinato e contenzioso, come alcuni, che par che non godano d'altro che d'essere molesti e fastidiosi a guisa di mosche, e fanno profession di contradire dispettosamente ad ognuno senza rispetto; non sarà cianciatore, vano o bugiardo, vantatore nè adulatore inetto, ma modesto e ritenuto, usando sempre, e massimamente in publico, quella reverenza e rispetto che si conviene al servitor verso il signor; e non farà come molti, i quali, incontrandosi con qualsivoglia gran principe, se pur una sol volta gli hanno parlato, se gli fanno inanti con un certo aspetto ridente e da amico, così come se volessero accarezzar un suo equale, o dar favor ad un minor di sè. Rarissime volte o quasi mai non domanderà al signor cosa alcuna per sè stesso, acciò che quel signor avendo rispetto di negarla cosi a lui stesso, talor non la conceda con fastidio, che è molto peggio. Domandando ancor per altri, osserverà discretamente i tempi, e domanderà cose oneste e ragionevoli; ed assettarå talmente la petizion sua, levandone quelle parti che esso conoscerà poter dispiacere e facilitando con destrezza le difficoltà, che 'l signor la concederà sempre,

o se pur la negherà, non crederà aver offeso colui a chi non ha voluto compiacere: perchè spesso i signori, poi che hanno negato una grazia a chi con molta importunità la domanda, pensano che colui che l'ha domandata con tanta instanza la desiderasse molto; onde, non avendo potuto ottenerla, debba voler male a chi glie l'ha negata; e per questa credenza essi cominciano ad odiar quel tale, e mai più nol posson veder con buon occhio.

XIX. Non cercherà d' intromettersi in camera o nei lochi secreti col signor suo non essendo richiesto, sebben sarà di molta autorità; perchè spesso i signori, quando stanno - privatamente, amano una certa libertà di dire e far ciò che lor piace, e però non vogliono essere nè veduti nė uditi da persona da cui possano esser giudicati; ed è ben conveniente. Onde quelli che biasimano i signori che tengono in camera persone di non molto valore in altre cose che in sapergli ben servire alla persona, parmi che facciano errore, perchè non so per qual causa essi non debbano aver quella libertà per relasciare gli animi loro, che noi ancor volemo per relasciar i nostri. Ma se'l Cortegiano, consueto di trattar cose importanti, si ritrova poi secretamente in camera, dee vestirsi un' allra persona, e differir le cose severe ad altro loco e tempo, ed attendere a ragionamenti piacevoli e grati al signor suo, per non impedirgli quel riposo d'animo. Ma in questo ed in ogni altra cosa sopra tutto abbia cura di non venirgli a fastidio, ed aspetti che i favori gli siano offerti più presto, che uccellargli cosi scopertamente come fan molti, che tanto avidi ne sono, che pare che, non conseguendogli, abbiano da perder la vita; e se per sorte hanno qualche disfavore, ovvero veggono altri esser favoriti, restano con tanta angonia, che dissimular per modo alcuno non possono quella invidia: onde fanno ridere di sè ognuno, e spesso sono causa che i signori dian favore a chi si sia, solamente per far loro dispetto. Se poi ancor si ritrovano in favor che passi la mediocrità, tanto s' inebriano in esso, che restano impediti d' allegrezza; nė par che sappian ciò che si far delle mani nè dei piedi, e quasi stanno per chiamar la brigata che venga a vedergli e congratularsi seco, come di cosa che non siano consueti mai

più d'avere. Di questa sorte non voglio che sia il nostro Cortegiano. Voglio ben che ami i favori, ma non però gli estimi tanto, che non paja poter ancor star senz' essi; e quando gli consegue non mostri d'esservi dentro nuovo nè forestiero, né maravigliarsi che gli siano offerti; nè gli rifiuti di quel modo che fanno alcuni, che per vera ignoranza restano d'accettargli, e cosi fanno vedere ai circonstanti che se ne conoscono indegni. Dee ben l'uomo star sempre un poco più rimesso che non comporta il grado suo; non accettar cosi facilmente i favori ed onori che gli sono offerti, e rifiutarli modestamente, mostrando estimargli assai, con tal modo però, che dia occasione a chi gli offerisce d'offerirgli con molto maggior instanza; perchè quanto più resistenza con tal modo s'usa nello accettargli, tanto più pare a quel principe che gli concede d'esser estimato, e che la grazia che fa tanto sia maggiore, quanto più colui che la riceve mostra apprezzarla e più di essa tenersi onorato. E questi son i veri e sodi favori, e che fanno l'uomo esser estimato da chi di fuor li vede; perchè, non essendo mendicati, ognun presume che nascano da vera virtù; e tanto più, quanto sono accompagnati dalla modestia.

XX. Disse allor messer CESARE GONZAGA: Parmi che abbiate rubato questo passo allo Evangelio, dove dice: Quando sei invitato a nozze, va, ed assellati nell' infimo loco, acciò che venendo colui che t'ha invitato, dica: Amico, ascendi più su;— e così ti sarà onore alla presenza dei convitati. Rise messer FEDERICO, e disse: Troppo gran sacrilegio sarebbe rubare allo Evangelio; ma voi siete più dotto nella Sacra Scrittura ch'io non mi pensava; — poi soggiunse: Vedete come a gran pericolo si mettano talor quelli che temerariamente inanzi ad un signore entrano in ragionamento, senza che altri li ricerchi; e spesso quel signore, per far loro scorno, non risponde e volge il capo ad un'altra mano, e se pur risponde loro, ognun vede che lo fa con fastidio. Per aver adunque favor dai signori, non è miglior via che meritargli; nè bisogna che l'uomo si confidi, vedendo un altro che sia grato ad un principe per qualsivoglia cosa, di dover, per imitarlo, esso ancor medesimamente venire a quel grado: perchè ad ognun non

si convien ogni cosa; e trovarassi talor un uomo, il qual da natura sarà tanto pronto alle facezie, che ciò che dirà porterà seco il riso, e parerà che sia nato solamente per quello: e s'un altro che abbia maniera di gravità, avvenga che sia di buonissimo ingegno, vorrà mettersi a far il medesimo, sarà freddissimo e disgraziato, di sorte che farà stomaco a chi l'udirà; e riuscirà appunto quell' asino, che ad imitazion del cane volea scherzar col patrone. Però bisogna che ognun conosca sé stesso e le forze sue, ed a quello s' accommodi, e consideri quali cose ha da imitare e quali no.

XXI. Prima che più avanti passate, disse quivi VINCENZIO CALMETA, s' io ho ben inteso, parmi che dianzi abbiate detto che la miglior via per conseguir favori sia il meritargli; e che più presto dee il Cortegiano aspettar che gli siano offerti, che prosuntuosamente ricercargli. Io dubito assai che questa regola sia poco al proposito, e parmi che la esperienza ci faccia molto ben chiari del contrario: perchè oggidi pochissimi sono favoriti da' signori, eccetto i prosuntuosi; e so che voi potete esser buon testimonio d'alcuni, che, ritrovandosi in poca grazia dei lor principi, solamente con la prosunzione si son loro fatti grati; ma quelli che per modestia siano ascesi, io per me non conosco, ed a voi ancor do spazio di pensarvi, e credo che pochi ne trovarete. E se considerate la corte di Francia, la qual oggidi è una delle più nobili di cristianità, trovarete che tutti quelli che in essa hanno grazia universale, tengon del prosuntuoso; e non solamente l'uno con l'altro, ma col re medesimo. Questo non dite già, rispose messer FEDERICO; anzi in Francia sono modestissimi.e cortesi gentiluomini: vero è che usano una certa libertà e domestichezza senza cerimonia, la qual ad essi è propria e naturale; e però non si dee chiamar prosunzione, perchè in quella sua cosi fatta maniera, benchè ridano, e piglino piacere dei prosuntuosi, pur apprezzano molto quelli che loro pajono aver in sè valore e modestia. Rispose il CALMETA: Guardate i Spagnoli, i quali par che siano maestri della Cortegianía, e considerate quanti ne trovate, che con donne e con signori non siano prosuntuosissimi; e tanto più de'Franzesi, quanto che nel primo aspetto mostrano grandissima

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modestia: e veramente in ciò sono discreti, perchè, come ho detto, i signori de' nostri tempi tutti favoriscono que' soli che hanno tai costumi.

XXII. Rispose allor messer FEDERICO: Non voglio già comportar, messer Vincenzio, che voi questa nota diate ai signori de' nostri tempi; perchè pur ancor molti sono che amano la modestia, la quale io non dico però che sola basti per far l'uom grato: dico ben, che quando è congiunta con un gran valore, onora assai chi la possede; e se ella di sè stessa tace, l'opere laudevoli parlano largamente, e son molto più maravigliose che se fossero compagnate dalla prosunzione e temerità. Non voglio già negar che non si trovino molti Spagnoli prosuntuosi; dico ben, che quelli che sono assai estimati, per il più sono modestissimi. Ritrovansi poi ancor alcun' altri tanto freddi, che fuggono il consorzio degli uomini troppo fuor di modo, e passano un certo grado di mediocrità, tal che si fanno estimare o troppo timidi o troppo superbi; e questi per niente non laudo, nè voglio che la modestia sia tanto asciutta ed arida, che diventi rusticità. Ma sia il Cortegiano, quando gli vien in proposito, facondo, e nei discorsi de' stati prudente e savio, ed abbia tanto giudicio, che sappia accommodarsi ai costumi delle nazioni ove si ritrova; poi nelle cose più basse sia piacevole, e ragioni ben d'ogni cosa; ma sopra tutto tenda sempre al bene: non invidioso, non maldicente; nè mai s'induca a cercar grazia o favor per via viziosa, nè per mezzo di mala sorte. Disse allora il CALMETA: Io v'assicuro che tutte l'altre vie son molto più dubiose e più lunghe che non è questa che voi biasimate; perchè oggidi, per replicarlo un' altra volta, i signori non amano se non que' che son volti a tal cammino. - Non dite cosi, rispose allor messer FEDERICO, perchè questo sarebbe troppo chiaro argomento, che i signori de' nostri tempi fossero tutti viziosi e mali; il che non è, perchè pur se ne ritrovano alcuni buoni. Ma se'l nostro Cortegiano per sorte sua si troverà esser a servizio d'un che sia vizioso e maligno, subito che lo conosca se ne levi, per non provar quello estremo affanno che sentono tutti i buoni che serveno ai mali. Bisogna pregar Dio, rispose il CALMETA, che ce gli dia buoni, perchè quando

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