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gli storici, che nel tempo del suo felice governo, molte potenti famiglie da diverse parti d'Italia concorsero a Mantova, ove per sempre si stabilirono

Un Principe di simili qualità fornito, e che di Vittorino era stato discepolo, dovea esser dotto e colto, e per conseguenza de' letterati gran Mecenate. E in quanto alla sua dottrina, il Platina in un'orazione inedita, scritta in lode di lui, e citata dal celebre Bettinelli (1), encomia la bravura di Lodovico nel disputare all'occasione con molta sensatezza intorno alle più severe scienze, e intorno alle matematiche segnatamente. Anche della poesia fu amatore (2), e del grande suo concittadino Virgilio, ond' egli ordinò che fosse riveduto da'letterati l'immortale Poema, e ridotto, per quanto fosse possibile, all'antica e legittima sua lezione. Ciò impariam da una lettera di Giorgio Merula allo stesso Lodovico, che inserita ritrovasi con altre operette di Giorgio in un volume d'antica stampa senza data di anno, luogo od impressore, nella quale scrive al Gonzaga inviargli alcune sue osservazioni riguardanti l'ortografia di certe voci di Virgilio, e gli promette in appresso su ciò altra opera di maggiore importanza.

Molti letterati e celebri artisti furono protetti e beneficati da lui, e; per nulla dire del Platina, che ciò

(1) Delle Lettere e delľ Arti Mantovane, pag. 40.

(2) Dell'amor di Lodovico Gonzaga per la Poesia, altra testimonianza abbiamo d'autore contemporaneo e poeta, e questi è Giano Pannonio, da noi nominato poc'anzi, il quale in un suo Poemetto a questo Principe Mantovano indirizzato, e impresso fra l'altre opere sue (tom. I, pag. 238, Edit. Trajecti, 1784.) scritto da lui mentre in Ferrara trovavasi sotto la disciplina del Guarino, molte cose dice a questo proposito.

confessa nell'orazion citata più sopra, del Guarino (1), di Frate Filippo da Bergamo, del Mantegna, che di eccellenti pitture adornò il Castel Mantovano, i quali tutti furon da lui avuti in gran pregio e largamente premiati (2); alcuna cosa direm di Francesco Filelfo, uomo, a vero dire, dottissimo, ma più importuno ancora e scroccone che dotto; il qual non potea esser sofferto con pace che da un Principe che veramente con passione amasse la cultura e le scienze. Infatti fu costui ributtato, e non a torto, da molti generosi e possenti principi, ma nol fu mai dal Marchese Lodovico, onde il Filelfo ha ben ragione di lodarlo in più luoghi per il più liberale e magnanimo Signore che allor vivesse in Italia, dicendo che molti eran sibbene

(1) Anche delle beneficenze dal Marchese Lodovico Gonzaga compartite al Guarino, abbiam l'autorità del suddetto Pannonio, il quale nel citato Poemetto, dopo aver fatti grandi elogj di Gian-Francesco Gonzaga, padre di Lodovico, e diffusosi molto nelle lodi di Lodovico medesimo, commendandolo per saviezza, per coltura nelle lettere, il che s'è veduto, per valor militare in molte imprese che nomina di stintamente, parla d'un regalo e degno di lui da questo Principe poc'anzi inviato al Guarino. Ecco i versi che ragionan di ciò:

Quid tua dona loquar? quo nunc ego carmine laudem
Transmissum nostro nuper regale Guarino,

Et vere dignum Ludovico Principe munus?

Il Guarino poi mostrò la sua riconoscenza a questo Principe liberale col dedicargli il suo Compendiolum de diphthongis, ch'era manoscritto presso Lorenzo Pignoria (Tomasin. Museum Laur. Pign., pag. 26.), la qual opera per attestato del Marchese Maffei (Scritt. Veron., pag. 78) fu impressa nel 1474, senza data, con un Ortografia di Cristoforo Scarpa. (2) Equicola, Storia di Mantova, pag. 187.

prodighi di parole, ma scarsi di fatti (1). E, per verità ciascun anno gli facea Lodovico quasi a tributo un regalo magnifico (2); ma il ghiottone, di ciò non contento, d'ogni colore usava onde famigliarmente ricorrere a lui per danaro, come fece all'occasion, vera o finta che fosse di maritare una figliuola sua, e di mancargli la dote, del qual pretesto si servi ad importunare molti altri Italiani magnati. Scrisse al Marchese Lodovico una lettera in cui gli apriva il suo bisogno, e il pregava di voler consegnare all'appostatore del foglio 50 zecchini, ch' egli avrebbegli restituiti con altrettanti versi in suo onore inseriti pel Poema che avea per le mani, intitolato Sforziade (3), usando in tutta la lettera di quella libertà d'espressioni, che appena conveniente sarebbe con un mer. cadante o banchiere (4). Ad onta di tutto ciò egli gli ottenne subito (5), come ottenne tutte le volte ch'ei chiese, che furono molte (6). Insomma era Lodovico l'amore siccome di tutti, così in particolar modo dei letterati, che si facevano un vanto di tesserne encomj (7). E non può già supporsi ch'ei versasse tante beneficenze sopra gli uomini insigni colla mira di ri ceverne retribuzioni di lodi, e collocar di tal foggia in qualche modo i suoi danari ad usura; ch'egli auzi abborriva le lodi soverchie, e voleva che gli autori, ove avesser parlato di lui, con moderazione il faces

(1) Franc. Philelph. Epist. XI, Lib. X.

(2) Epist. I, Lib. XIV.

(3) L'eroe principale di questo Poema, come dal titolo stesso apparisce, era Francesco Sforza, Duca di Milano, alla cui corte vivea con istipendio il Filelfo.

(4) Epist. XXXI, Lib. XI.

(3) Epist. XXXIII, Lib. XI.

(6) Lib. XI. Epist. XXXIII. Lib. XIV. Epist. I.
(7) Epist. XXXIII, Lib. XI. Epist. I. Lib. XIV.

sero,

e non oltrepassassero i limiti prescritti dalla verità. Ciò esigea ancor da'poeti, i quali se dentro a questi confini si dovessero sempre religiosamente restringere sarebbe loro il più delle volte inutile strumento la cetra, e inutil dono l'estro febeo. Tu sei solito, o Principe, (scrivea a lui il nominato Filelfo) (1), di altamente lodare que'poeti che celebrando le cose, per altri operate, il fanno in modo che dalla verità punto non si dipartono. Il qual tuo grave e saggio sentimento quanto a me sia piaciuto, il potrai ad

evidenza conoscere dalle cose che nell'ottavo libro del mio poema, intitolato Sforziade, ho con verità, ma brevemente narrate. Imperò se dalle tue insigni e grandi geste ho con tenue e secco stile trattato, dei te stessa incolparne, che tanto se ritroso e difficile qualor altri ti loda (2). Sin qui il Filelfo, il qual, non contento d'importunar sì di frequente per sè stesso il Marchese, l'importunava ancora per altri, come facea singolarmente in favore de'Greci, suoi parenti ed amici, che in Italia si ricoveravano dopo l'invasione de' Turchi nel Greco Impero, e che abbisognavano di soccorsi, e di protezione (3). Lodovico, cui stava a cuore la felicità de' suoi sudditi anche dopo la sua morte, gran cura presesi onde far istruir nelle scienze e ne'costumi il futuro suo successor Federico unitamente agli altri figliuoli. Abbiam già veduto che, morto Vittorino da Feltre, a lui succedette qual istitutore dei figliuoli del Gonzaga Jacopo da S. Cassano, canonico Regolare, il quale dopo d'aver esercitato un tal carico con molta fede e soddisfazione del Principe per tre

,

(1) Lib. XV. Epist. XLV. (2) II chiar. signor abate Saverio Bettinelli parla altresi di due elegic, l'una greca, l'altra latina, scritte dal Filelfo in onore di Lodovico. Delle Lettere e dell'Arti Mantovane, discorsi, pag. 33.

(3) Lib. XII. Epist. LXVIII e LXIX.

anni, prese nel 1449 cougedo per quelle ragioni di che diremo a suo luogo. A Jacopo venue sostituito il celebre Ognibene da Lonigo, il che confessa egli stesso nel suo Trattato De octo partibus orationis, citato dal Tiraboschi (1), e dedicato al suo discepolo Federico Gonzaga, oltre all' affermarlo che fa il Prendilacqua (2). Egli è ben vero però che l'anno 1452 Ognibene non era più in Mantova, perciocchè quando novellamente si ruppe la guerra fra la Repubblica Veneta e il Duca di Milano, del quale il Marchese di Mantova era alleato, i Vicentini richiamarono Ognibene alla loro città (3). Non si sa chi occupasse in Mantova allora il suo posto, ma ben da una lettera del Fifelfo, in data del 1486, impariamo (4), quanta sollecitudine si prendesse il Marchese Lodovico per trovar un degno precettore a'suoi figli, e che avendone uno in vista l'avea fatto chiamar coll' offerta d'onorario ricchissimo: ingenti mercede, senza però averlo potuto ottenere.

Niente diremo dell'altre virtù di lui, e singolar mente della sua rara prudenza e politica, per cui era universalmente chiamato l'arbitro delle cose di Lom. bardia (5), perciocchè tutti gli storici ne parlano gara. Mori questo Principe con universale rammarico il giugno dell'anno 1478 (6), dell'età sua sessagesimo quarto, e trentesimo quarto del suo felice governo (7), e Mario Filelfo, figliuol di Francesco, ebbe l'imcumbenza di recitare la funebre Orazione in suo onore (8).

(1) Stor della Letterat. Ital. Tom. IV, pag. 1087. (2) Pag. 55. (3) Prend., I. c. (4) Lib. XIV, Epist. I. (5) Supplem. delle Cron., Lib. XV.

(6) Rer Italic. Script., tom. XXII, in Diar. Parm. (7) Stefano Gionta. Fioretti delle Croniche di Mantova. (8) Bettinelli. Delle Lettere ed Arti Mantovane, discorsi, pag. 40.

Resmini

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