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abbracciarlo. Ma perchè nè aveva denari, nè senza denari poteva muovere il campo, mandò di nuovo a scongiurare lo suocero a volerlo sovvenire. Questa volta i progressi dei Veneziani, che ardendo e saccheggiando i più cari siti della Lombardia si erano innoltrati fino sotto Milano, ammollirono il cuore del Visconti; talchè tra le costui rimesse, tra il prezzo ricavato dalla vendita della città di lesi, Francesco Sforza si trovò in caso di ragunare un buon nervo di seguaci. Ciò non di meno prima di porsi in cammino, avviò verso Cremona Galeazzo ed Ippolito suoi figliuoli, colla speranza che durante il loro viaggio il duca, ch'era pure il padre della madre loro, ne facesse ricerca, ed essi perciò fossero strumento a fargliene riacquistare affatto la grazia. Ma l'arrabbiato vecchio, facendo mostra di saperne nulla, lasciò che i garzoncelli traversassero a piccole giornate i suoi dominii, senzachè un cenno od un motto di lui oppure dei suoi ministri li riconoscesse per suoi nipoti. Tal era Filippo Maria Visconti.

Non per questo si mutò di proposito Francesco Sforza; anzi avendo fatta la massa di tutte le genti sulle rive del Pesauro, proseguì arditamente il cammino verso la Lombardia. Ma ben ne cambiò i pensieri l'improvvisa novella, che gli sopravvenne a Coti13 agosto gnola, della morte di Filippo Maria. Una fiera tragedia 1447 siamo ora per raccontare; alla fine della quale ve

drassi un condottiero imporre a forza il giogo ad una città, che lo aveva chiamato ed assoldato per propria difesa. Esempio non nuovo, nè ultimo ai popoli, presso i quali milizia e nazione fossero due cose distinte!

Dalla morte del duca Filippo Maria Visconti alla coronazione di Fr. Sforza.

A. 1447-1451.

FR. SFORZA.· BART. COLLEONI.

I. Condizioni di Milano alla morte del duca. Lo Sforza è chiamato dai Milanesi per loro capitano generale: ma 'egli li tradisce subito. Espugna Piacenza.

II. Prime vicende di Bartolomeo Colleoni. Sua fuga dai forni di Monza. Sua vittoria al Bosco. Abbandona i Milanesi.

III. Discordie dentro Milano. Dichiarasi la guerra. Vittorie di Sforza a Casalmaggiore e a Caravaggio,

IV. Sforza s'unisce coi Veneziani contro i Milanesi. Suo discorso alle schiere. Sua risposta agli ambasciatori. I Milanesi deliberano di vivere liberi o morire. Avvampano nella città le fazioni. Doppio tradimento di Francesco e di Iacopo Piccinino.

V. Venezia s'intromette per riconciliare Sforza coi Milanesi. Perfida simulazione di lui. Ricominciasi la guerra.

La città per fame gli si arrende. Sua entrata e coronazione.

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Dalla morte del duca Filippo Maria Visconti alla coronazione di Fr. Sforza.

A. 1447-1451.

FR. SFORZA.BART. COLLEONI.

1.

1447

Aveva la città di Milano inteso prima il trapasso 13 agost dell'antico suo signore, che avuto notizia della sua malattia, ancorchè lunga e noiosa; e tosto lo Stato, come fosse roba usurpata, smembravasi in molti pezzi e fazioni. Molti affermavano, averlo il morto principe lasciato per testamento ad Alfonso re d'Aragona e di Napoli; allegavano alcuni in contrario la donazione mandata l'anno avanti dal duca a Francesco Sforza; sclamavano altri, « essere assurda sì l'una che l'altra sentenza; avere il Comune di Milano, dugento sessantaquattro anni addietro, nella pace di Costanza, ottenuto l'autorità di reggersi a proprio arbitrio: aver poi la Città trasmesso questo diritto nei Visconti, acciocchè venissero meglio amministrate le cose della guerra e della pace: gli imperatori Venceslao e Sigismondo averli bensì dichiarati vicarii e duchi; ma non aver già potuto attribuire loro un'autorità maggiore di quella che il Comune aveva tolto a se medesimo per concederla ad essi. Ciò posto, essere illusorii codesti diritti di donne, e di donne illegittime. Avere forse i Milanesi, allorchè eleggevano a comandarli Maffeo ed

Azzo Visconti, inteso che il governo dell'armi e la suprema amministrazione della giustizia pervenisse in mani femminili e bastarde? oppure che a guisa di mercanzia si donasse ad un re straniero? Spenta la stirpe mascolina dei Visconti dovere adunque ricadere di sua natura il sommo imperio in chi già il possedeva. Al postutto nella donazione accennata non essere compresa Milano: e quella città che aveva acquistato all'Italia nei campi di Legnano indipendenza e gloria, dover ora rintegrarsi nella primiera sua libertà, nel primiero suo splendore ».

Appoggiavano e guidavano quest'ultima fazione, per la quale sembrava che militasse, se non la opportunità, la giustizia, Antonio Triulzio, Teodoro Bossi, Giorgio Lampugnano ed Innocenzo Cotta, giovani ottimi, soltanto mossi da vivo desiderio di bene, e sdegno di straniera signoria. Favorivano il re di Napoli i due fratelli Piccinini, e tutti gli altri condottieri braccieschi; i quali piuttosto che vedere lo Stato in mano di Sforza s'erano affrettati a consegnare le fortezze agli Aragonesi. Quanto poi al medesimo Sforza, pochi erano coloro che pensavano a lui; e appena alcuni sotto un Andrea Birago s'attentavano con grande sospetto a pronunziarne a sommessa voce il nome. Del resto narravasi che Filippo Maria anche negli estremi del viver suo aveva rifiutato assolutamente di designarsi il successore, concludendo a chi gliene faceva rimprovero, di avere caro che, morto lui, ogni cosa rovinasse a confusione. Risposta, se non vera, certamente degna di lui (1).

(1) Joh. Simon. IX. 397.

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