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colle scale levate s'appressavano alle mura per montare all'assalto. Il Triulzio, non potendo aprirsi luogo tra la folla degli assalitori, li esortava ad adoperarsi virilmente ed a procacciarsi colla vittoria onori e ricchezze. Udi le alte parole Roberto Sanseverino generale dell'esercito; e sdegnossi che un giovinetto appena col pelo sul mento venisse ad arringare le sue schiere; però gettògli un motto: valer meglio mostrare coi fatti, che non ostentare colle ciance ». « Nė io sarei qui, ma là sopra le mura, se questa gentaglia non me lo impedisse, rispose il giovanetto affocato nel viso. Tosto il Sanseverino gli fece far largo: e incontanente il Triulzio buttasi nel fosso, appoggia la scala al muro, e solo fra tutti si avventura a salirla. Giuntone a niezzo, un trave precipitollo abbasso; egli rilevossi di presente, e tornò a salire; e già tra lo stupore e l'ansia dei compagni toccava il labbro delle mura, allorchè per la seconda volta veniva rovesciato nel fosso e gravemente ferito, anzi più presso a morte che a vita. Intanto la gente inanimata dal suo esempio si impadroniva della terra. In premio di quest'azione Gian lacopo fu creato capitano di cavalleria (1). Morto poi il duca Galeazzo Maria, fu egli a mano a mano nominato senatore, membro del Consiglio segreto, e finalmente, stante il valore dimostrato nel riacquisto di Genova, fu scelto al governo delle lancie spezzate, ufficio di somma confidenza.

Con questo grado, venne il Triulzio, come di- A. 1478 cemmo, spedito al campo fiorentino; dove la mancanza assoluta di ordine, di consiglio e di accordo

(1) Rosmini, Vita del Triulzio, p. 38.

rese sempre vano o malgradito qualsiasi disegno un po' generoso ch'egli proponesse (1): anzi (nè si sa bene se la perfida trama fosse ordita dai suoi colleghi o dai nemici) la mano di prezzolati sicarii giunse a insidiarne i giorni. In conclusione Gian lacopo stancossi di una vita, nella quale i travagli erano grandissimi, il bene nullo; e, colta l'occasione di una tregua, abbandonò il campo, e affrettossi verso Milano, dove avevano frattanto dato origine a molte novità le pretensioni di Lodovico, Ascanio, Ottaviano e Sforza duca di Bari, fratelli dell' ucciso Galeazzo Maria. Avevano costoro col seguito dei proprii aderenti formato una congiura allo scopo di spogliare

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(1) Da una lettera di questo famoso capitano ai duchi di Milano, potrà il lettore rilevare con qual disordine ed insufficienza si conducessero allora le guerre. « Vidi, egli dice, «questa gente de' signori Fiorentini venire con uno tristis«simo ordine per modo, ch'io ne ebbi disgusto; senza or« dine alcuno l'uno homo d'arme lontano dall'altro.... spesso «< una squadra meschiatą coll'altra per modo ch'io non li comprendeva regola. .. Una squadra era lontana dall' altra « mezo miglio.

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<< I soldati sono alozati ad lor modi l'uno lontano dall'al<«<tro senza provisione, nè ordine alcuno, nè di guastatori, «nè de altre cosse expedienti, cum pochissima fanteria vi« delicet 700, de li quali non gli è centocinquanta cum le «< corazine et arme expediente, et quantumche io li abia requeasto et instato più volte, etc.

...

. . Questi signori Fiorentini. . . fano vendere le <«< victualia più caro sii possibile senza limitatione di pretii «ad le robe, la moneta è grossa per modo li hanno mal « stare: poy questi signori Fiorentini sel vene robe in campo «ne della Lombardia nè d'altro, li fano pagare tanti dazii, <«chel è una meraviglia et che è pezo le reteneno nè le lassano " passare Fiorenza etc.

Rosmini cit. t. II. I. II. doc. 2 e 4.

della reggenza la vedova duchessa Bona, e tirare in sè tutta l'autorità dello Stato. Di questa congiura o fazione essi erano i capi: ma il principale fondamento dei loro disegni consisteva in Roberto Sanseverino capitano generale delle armi,

Era questi con due altri suoi fratelli, figliuoli naturali d'un potente barone napoletano, stato sospinto dalle discordie della propria patria a cercarsi un rifugio in Lombardia. Quivi il suo valore, e la sua nobiltà e destrezza, ed un parentado stretto da lui con Francesco Sforza, l'innalzarono sotto il costui regno a tanta potenza, da recarne anzi che invidia pericolo ai successori (1). Infatti, non appena per la morte del duca Galeazzo Maria lo Stato pervenne nelle mani della duchessa Bona e di chi ne signoreggiava la mente, che Roberto si univa coi fratelli dell'estinto duca, e prima macchinava in segreto, poscia, levata la maschera, afferrava le armi, radunava seguaci, e dentro Milano stessa fortificava le sue case, e dava principio alle violenze. Già il sangue pareva in procinto di scorrere per le vie, quando la duchessa mediante una tregua riuscì ad addormentare e dividere i congiurati; sicchè l'uno dell'altro dubitando, chi qua chilà, come volle paura, cercossi uno

(1) Pochi mesi avanti la morte del duca Francesco Sforza, si era Roberto obbligato col re di Cipro di recarsi con 700 cavalli e 1000 fanti a racquistargli quel dominio. Il re gli aveva promesso 60,000 ducati di stipendio, oltre le spese del viaggio e il grado di capitano generale, ed oltre il carico di provvederlo di tutto il materiale delle armi da fuoco e da tiro, e di due bombarde da 300 libbre di palla ciascuna, colle persone capaci a maneggiarle (Guichenon, Hist. généal. Preuves, p. 395),

scampo. Nella fretta del fuggire Ottaviano Sforza affogò nell'Adda ; Ascanio, il duca di Bari, e Ludovico detto il Moro, il quale era serbato a più grandi vicende, elessero un volontario esiglio; Roberto Sanseverino, inseguito sempre alle spalle dalle genti della duchessa, riparò in Asti, e quindi in Francia: finalmente entrò in Genova, cui ribellò, poi perdette (1). Uscitone, si congiunse coi fratelli Sforza, agosto e ravvivò la guerra civile nella riviera di Levante; finché, essendo venuti a maturanza certi loro maneggi pel disusato giogo delle Cento Croci, passano in Lombardia, e prima occupano Tortona colle terre attorno, che a Milano ne arrivi il sospetto.

1479

Quest'improvviso colpo spaventò in guisa la vedova duchessa Bona, che si precipitò a far pace coi conginrati, ed a rimettere in loro podestà, per così dire, tutto lo Stato. Ma da questo momento appunto cominciarono le sue vendette: posciachè non tardò la buona fortuna a generare tra i vincitori i soliti effetti delle gare, delle discordie e delle nimistà. Insomma Roberto Sanseverino entrò un di furiosamente nel consiglio della Reggenza, e chiese che senza indugio gli fossero accresciute le paghe e si cessasse una volta di anteporgli nel comando uomini di sangue vili, d'opere codardi. Non avendo conseguito ciò che domandava, sbuffando e minacciando corse a Castelnuovo di Scrivia, luogo di sua dominazione. Quivi settemb, pose mano a radunar soldati, innalzar fortificazioni, 1481 guadagnarsi gli animi dei fuorusciti genovesi, sedurre i signori del Verme ed i Rossi da S. Secondo,

(1) Rosmini, Vita del Triulzio, 1. I. doc. 41.

e trascinarli ad aperta ribellione. Allora rigetta le proposte di accordo mandategli dalla Reggenza, si dichiara affatto contro di essa, ne arresta i corrieri, ne apre i dispacci, manda la contrada a ferro e a ruba, e si ride delle intimazioni fattegli di bando e di confisca. In tali contingenze la Reggenza formò un esercito, elesse a governarlo Costanzo Sforza e Gian Iacopo Triulzio, e lo inviò contro il Sanseverino. Nè quelli indugiarono a cingere Castelnuovo di stretto assedio; ma quando la terra fu in necessità di arrendersi, Roberto colla spada alla mano apertasi la via si mise in salvo (1).

Sciolti da quel pensiero, i capitani milanesi si voltarono sul Piacentino e Parmigiano, e vi si insignorirono delle terre possedute da Pier Maria de' Rossi. S'era egli messo sotto la protezione dei Veneziani. Questi presero da ciò motivo per opprimere il duca di Ferrara, sotto scusa che li impedisse dal sovvenire quel loro raccomandato. Ruppergli perciò guerra, e in cotesta guerra tutta l'Italia partecipò. Il papa Sisto IV per la brama d'ingrandirsi alle spese del duca di Ferrara; i Genovesi, i Sienesi e il signore di Rimini per rispetto del Papa si aderirono a Venezia: Napoli, Milano, Firenze, Mantova e Bologna stettero dalla contraria parte. Costoro elessero a condurre la guerra Federico d'Urbino: i Veneziani chiamarono da Siena al loro servigio col grado di luogotenente generale Roberto Sanseverino (2), e gli diedero per ma

(1) Donati Bossii, Chr. (Milano 1492, senza num. di pag.). - Corio, VI. 852.-Rosmini, cit. l. III. 96. (2) Colla paga di 80,000 ducati, e con gli stessi vantaggi già conceduti al Colleoni. Rosmini, cit. I. III. doc. 31.

maggio

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