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vano lontani gli assediati, intantochè quelle si ricaricavano. Pigliavasi la mira coll'aiuto di due traguardi collocati alle due estremità della tromba della bombarda, e a quest'effetto se ne alzava ed abbassava la parte anteriore dal suo letto per mezzo di zeppe o di piuoli (1). Volendo dirizzare più pezzi ad uno stesso angolo, sovra un'asta appoggiata parallelamente all'asse della tromba collocavasi un quadrante graduato: il perpendicolo segnava sovra esso l'angolo di elevazione. Per le bombarde di grandezza straordinaria, toglievasi sovente la mira col mezzo di due più piccole poste dappresso.

Dicevasi tromba la parte anteriore della bombarda, coda la posteriore, ove ponevasi la carica: la coda era di un pezzo solo: la tromba era talora di più pezzi riuniti a vite secondo la grandezza della bombarda. Per trasportar le grosse artiglierie da luogo a luogo, svitavasi un pezzo dall'altro. Eranci delle bombarde lunghe le sei e sette braccia; erancene dalle 50 alle 1000 ed alle 1200 libbre di palla; erancene di quelle a tirar le quali occorrevano 50 paia di buoi (2). Ognuna aveva un suo proprio nome, tratto da uomini, bestie, paesi, santi o bizzarrie. Facevansi ricchissime, si nella fusione, si col soccorso del cesello, coprendole di emblemi e teste e animali e vasi e stemmi: talvolta con grave pregiudizio della solidità davasi a tutto il pezzo la forma, qual di leone; qual di serpente.

(1) Leonardo da Vinci propose nei suoi disegni la vite di mira; ma invece di metterla sotto la culatta, ne la allontanò, e la fece tanto alta, che sarebbe stato impossibile appuntare il pezzo.

(2) Crist. da Soldo, p. 882 (R. I. S. t. XXI).

Del resto gettavansi dentro forme apposite coll'anima di legno (1).

Questi pezzi così straordinariamente costrutti, caricavansi poisvitando la coda dalla tromba, disponendola verticalmente e versandovi il debito volume di polvere. Questa s'assicurava dentro la camera col mezzo del coccone, pezzo di legno dolce, a foggia di disco o di cono tronco, che vi si calcava sopra dolcemente. Sopra il coccone mettevansi palle di ferro, o di piombo, o di bronzo e stagno, oppure palle di piombo con dadi di ferro, e infine e più comunemente globi di pietra calcare. Scemavasi il vento prodotto dalla imperfezione del pezzo e dalle scabrosità delle palle, avviluppando queste con pelli, con tele incerate o con stoppa. Davasi fuoco alle grosse artiglierie, non già colla miccia, che era riservata pei minori pezzi, ma con un ferro rovente piegato in forma di uncino. Partito il colpo, se la bombarda non era scoppiata, cosa per la smisuratezza e mala confezione delle artiglierie, e la imperizia di chi le maneggiava, frequentissima, veniva abbassata, svitata di nuovo, e rinfrescata con aceto; quindi si ricaricava e appuntava, con travaglio che sovente durava alquante ore (2). Ostavasi alla rin

(1) Per ciò che riguarda questa materia, abbiamo ricavato un singolare aiuto dalla II e III Dissertazione di Carlo Promis all'architettura di Francesco di Giorgio (Torino 1841), egregio lavoro fatto sopra un'opera egregia, donata al pubblico dalla munificenza del cav. Cesare Saluzzo.

(2) Racconta Marin Sanuto (p. 995), che nel 1427, «avendo <«<i Veneziani rotto i Viscontei a Brescello, ebbero tutti i car<«< riaggi, munizioni e bombarde, che furono in somma 178; frà « le quali ne furono 16 grandissime ed una che traeva una << pictra da libbre 600....: e di poi furono trovati verrettoni

culata sia conficcando zeppe di legno contro la estremità della coda del pezzo, sia modellandone la camera a cono tronco, e trapanandone il focone molto in fondo, fin anche nel sodo della culatta.

Però la bombarda non era il solo strumento da scoppio che venisse adoperato contro le mura. Usavasi, per non far menzione d'altre specie più strane, il mortaio a trarre palle in arcata, o palle artificiate: usavasi la comune, sorta d'artiglieria da 50 libbre di palla, la cortana, che caricavasi con palle di pietra, il passavolante lungo fino sessanta volte il suo diametro, la cerbottana e la spingarda artiglierie leggiere, il moschetto da posta e da forcella, e finalmente il basilisco, enorme colubrina, principalmente servita in mare, da libbre 100 in libbre 200 di palla. Queste erano le artiglierie comunemente conosciute e adoperate verso al fine del xv secolo. Ma intanto ogni nuovo assedio od oppugnazione diviene il campo de' più diversi tentativi ed esperimenti. V' ha chi impiega le bombarde per lanciare fasci di verrettoni, e fuochi artificiati, e freccie, e bigonci, e lanterne, e canestri, e borse, e.sacchetti pieni di sassi o di dadi di ferro; v'ha chi immagina letti e casse a bilico, e chi numerose canne radianti da un centro solo, e macchine od organi che voltino più faccie con nuove bocche, e mantelletti triangolari e piani affine di coprire l'assediante, cogli ingegni opportuni a rialzarli, e gabbioni e cassoni che adempiano l'uguale ufficio. V'ha chi scava la camera

«< casse 380, polvere di bombarde libbre 30,000, pietre di «bombarde num. 875, lancie 1240....» Da ciò si potrebbe arguire che fossero assegnate cinque palle circa e 168 libbre di polvere ad ogni bombarda. Tanto rado n'era l'impiego!

delle artiglierie a cilindro, a cono, a ellissi, a campana, a sfera: v'ha chi dietro a false ipotesi incastra due trombe ad angolo retto, o nel bronzo di una sola bombarda ricava parecchie anime per moltiplicare in un sol colpo la strage: nè vi manca chi invita la coda del mortaio ad angolo retto coll'asse della tromba, e chi conficca il mortaio stesso sopra un ceppo stabile, e chi lo pianta quasi verticalmente nel terreno, acciocchè questo gli serva di coda, e chi gli apre l'anima a cilindro, e chi a cono, e chi a tromba. Tra si fatti confusi e strani esperimenti travedevasi già il vantaggio del tiro di rimbalzo; di già le palle artificiate preludevano alle bombe; e di già Giovanni Mariano, Paolo Santini, Francesco di Giorgio e Leonardo da Vinci aveano proposto e disegnato le mine; ma il propagarne efficacemente i pensieri era riserbato al seguente secolo (1).

Contro cotesti inordinati sforzi dell'assalitore non meno inordinati e incerti sforzi opponeva frattanto l'assediato. Ogni giorno gli faceva scoprire qualche inconveniente, ogni giorno gli faceva trovare alcun rimedio, ma, come și addice ad arte bambina, parziale ed imperfetto. L'architettura moderna militare ripullulava sopra l'antica, come sopra fracido tronco, non germogliava ancora per propria virtù. Tuttavia, innanzi che il xv secolo tramontasse, già molto si era fatto e tentato e mutato. Cadute oramai in desuetudine le bastie, i battifolli e le bertesche, insieme colle torri e colle alte macchine oppugnatorie, prima a ripararsi, come prima a venire percossa fu la cor

(1) Promis cit., Diss. V. t. II. p. 149.

tina, alta, merlata, sguernita di terrapieno, ad atterrar la quale bastavano pochi colpi di bombarda. Cominciossi dal munirne il piede di una scarpa allo infuori, e di contrafforti circolari al di dentro, pieni di terra e di ghiaia. Ma la scarpa parve che agevolasse la scalata; perciò ecco che se ne diminuisce l'altezza, e quindi la si corona di un grosso cordone. Nel medesimo tempo s'ingrossavano i merli é il parapetto: si proponeva di fabbricare i primi a forma di cubo e l'altro a prova del cannone: si pensava a costrurre dietro al parapetto una banchina, sulla quale montassero le soldatesche per prolungare con sicuri colpi la difesa. Alfine si levano del tutto i merli, si allargano le balestriere, si recinge il fosso di uno spalto e di una strada coperta; e vi è chi, per raddoppiarne il vantaggio, lo bipartisce per lo lungo, col mezzo di un rialzo. Altri munisce il medesimo fosso di carbonaie piene di polvere, altri lo rafforza con casematte, o con torri tronche, alle quali si comunica per mezzo di una strada che parte dal centro della cortina, ed è fatta a volta e coperta a triangolo con muri a scarpa (1). Taluno stacca o fa sporgere cotesti edifizii dal muro della piazza; taluno ne guernisce la piattaforma delle torri.

Pur tutto ciò non basta ancora ad impedire la facile rovina del fronte di fortificazione, perpendicolarmente al quale si stabiliscono le batterie. Rinfiancasi allora il piede del muro di un barbacane, che prosegue da un torrione all'altro; una banchina sta dietro ad esso, una cappa triangolare, che copre i difensori

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