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quasi tutte maneggiate da Genovesi, le antiche gelosie tra essi e i Veneziani, e le nuove ingiurie fatte e ricevute sul Mediterraneo, accrescevano da entrambe le parti insieme coll'astio il valore e la dispe razione. Alla fine i Visconteschi, superiori per copia di gente e agilità di mosse, ruppero con grande sforzo la colleganza delle navi nemiche. Accerchianle allora ad una ad una, e mentrechè l'essere insieme incatenate e la strettezza del luogo ne difficoltano la difesa, e il sapone fattovi gettare dal Piccinino non permette a' Veneziani di tener ferme le piante (1), i ducali sotto un nembo di fuochi artificiati s'accostano con bravura all'abbordo. In tal frangente all'imperizia di chi reggeva la flotta veneta aggiunse materia di disordine il Po, che di quanto era eresciuto il giorno avanti, di altrettanto quasi si abbassò nel corso della mischia, lasciando al secco i galeoni d'alta prora. Perlochè essi, trovandosi ugualmente inabili al resistere ed al fuggire, s'arrendevano; il Trevisano, abbandonata la nave capitana, cercava salvezza in uno schifo; e di tanta flotta otto sole grosse galere a grande stento si riducevano in salvo (2).

Conosciuti a Venezia i particolari di cotesta sciagura, il senato faceva chiudere in carcere tutti i capi (1) Spirito, L'altro Marte, c, XLIV.

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(2) Elis. de la Manna, Vict. Cremon. p. 445, segg. (t. XXV). Cron. misc. di Bol. 639 (t. XVIII). — Joh. Simonett. II. 220. Sanuto, 1016. ·Corio, V. 646. — Ammirato, XX. 1075. A. de Billiis, IX. 151. Decembr. De laud. Mediol. 1085 (t. XX). — A torto il Muratori, seguitato dal Sismondi, contro il testimonio di tutti i cronachisti riferisce questo fatto ai 23 di maggio: alcuni solo di questi lo anticipano di due di

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di nave, dava bando del capo al provveditore, e all'ammiraglio Antonio Rizzo, e condannava in contumacia secondo le antiche leggi il Trevisano per « essere stato rotto... in vituperò del dominio, e « per non aver fatto il suo dovere; immo vilissime ⚫ essersi portato; immo perchè andò pregando gli « altri che fuggissero via (1).

D

Ma sulla fede del Carmagnola covavansi frattanto orrendi sospetti, cui l'alterigia de' cittadini bramosi di rinvenire una causa estrinseca alla propria disfatta, e l'interesse di chi per essa si ritrovava in prigione od in dispregio presso l'universale, fervorosamente fomentavano. Lui non solo, si esclamava, aver mirato senza turbamento cotanto eccidio, ma ancora negato di sovvenire le navi del più leggiero presidio. Forse il Piccinino, forse lo Sforza si sarebbero avventurati a mettere sopra i legni del Pasino le proprie squadre, se per patti precisi non si fossero prima assecurati del conte, del conte che un'altra volta, essendo vincitore, aveva col rilasciare i prigionieri reso inutile il proprio trionfo? ora poi chi non vedeva aver lui accertato la vittoria ai nemici?» (2). Però, siccome appo lui erano tuttavia armi, fama, aderenze e affetto di soldati, nè la necessità di ostare gagliarda

(1) Sanuto, 1017 (t. XXII).

(2) Quanto cieca credenza prestino gli scrittori Veneziani al tradimento del Carmagnola, mostranlo per es. le parole del Sanuto «< i nemici avean il vantaggio di venir giù a seconda ed «<armati, e già sapèano l'animo del Carmagnola, che egli avea «promesso di non si muovere, nè di venire a dare alcun «favore alla detta nostra armata (p. 1016), » → e V. il Navagero (p. 1095 E, t. XXIII)...

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mente ai vincitori ammetteva indugio, il senato, quasi per celare meglio il segreto rancore, riprèse alquanto leggermente il condottiero dell'occorso, e tosto per mostrargli d'aver dimenticato ogni fallo gli spedì in dono parecchi destrieri che erano stati presi al nemico (1).

Ma altri accidenti affrettavano la sventura sul capo del condottiero piemontese. Una fiera epidemia tolse in pochi giorni all'esercito 8000 cavalli. Ciò impedi straordinariamente le operazioni da guerra. S'aggiunse a questo la sempre crescente timidità della repubblica, e non so quale scissura nata tra lo stesso Carmagnola e i condottieri soggetti a lui: perilchè, mentre le schiere da lui comandate dimorano inoperose dentro Brescia, i ducali invadono il Monferrato, spogliano quel marchese dell'avito dominio, e sospingonlo profugo a Venezia ad irritarvi col vivo aspetto dei proprii mali lo sdegno contro chi ne viene riputato la 48 Sbre cagione. Sopravvenne un altro caso a moltiplicare le ire ed i clamori contro il Carmagnola. Un condottiero dell'esercito veneto sorprese di notte tempo una porta di Cremona. Venuta l'alba, non potendo resistere a tutto il popolo accorso in arme, cedette, si richiuse nella torre che stava sopra alla porta, e mandò al Carmagnola invitandolo a venir tosto ad occupare la città. Questi, sia che dubitasse di qualche tradimento, sia che temesse di non giungervi a tempo, sia forse che mandar tutto l'esercito non potesse, e mandarne una parte non credesse bastante, per quanti messaggi ricevè, non si mosse. In conseguenza la torre ritornò in po

1431

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(1) Navagero, cit. p. 1096. B. Sanuto. 1018. D.

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tere del nemico, e lo scampanio già incominciato a Venezia per l'acquisto di Cremona, venne interrotto con tanto maggiore esacerbazione degli animi, quanto che dà più pena il perdere che il non possedere (1). Tra questi eventi l'anno 1431, torbido pei Veneziani, malaugurato pel Carmagnola, perveniva al suo termine.

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V.

Al principiare della seguente primavera, essendo A. 1432 andata a male la trama in quel mezzo ordita dai Veneziani, affine di avvelenare il Visconti (2), vedevano questi soprastare allo Stato una guerra dubbia, anzi rovínosa, ed a tal guerra esser quasi necessario di preporre il Carmagnola, che aveva liberato (sclamavasi) i prigionieri fatti a Maclodio, ommesso d'impadronirsi di Milano, messo in bocca ai nemici l'armata del Trevisano, privató con manifesta colpa la repubblica dell'acquisto di Cremona, e sempre risposto alle riprensioni de' provveditori con minaccie e scherni (3). Avevanlo sul finire dell'anno mandato con 4500 cavalli nel Friuli contro gli Ungheri; ma terminata quella spedizione, era pure stato mestieri di ravviarlo all'esercito di Lombardia, e abbandonargliene il supremo governo. Ora, chi assecurava la repubblica, ch'ei non fosse per aggiungere delitto a delitto, e per suggellare col tradimento una riconciliazione col duca di Milano, suo consanguineo, rifacendolo signore di

(1) Sanulo, 1026. — Navagero, 1096.

(2) Cibrario, Morte del Carmagnola, doe. p. 71. (3) Cavalcanti, St. Fior. I. VII. c. XLIX.

Brescia e di Bergamo, forse anche di Verona, di Padova, di tutta terraferma, immolandogli tutte le schiere, e passando finalmente coi più fidi in Milano a raccogliervi il premio dell' infame contratto? E chi assecura Venezia, che in tutto ciò egli non lavori al proprio ingrandimento, egli, che per cagione della moglie si trova più vicino d'ogni altro al trono di Lombardia? Dovrà adunque il senáto di Venezia rimettersi in mani, le quali, quand'anche per gran prova di bontà non si volessero chiamare traditrici, certo sarebbero per lo meno straordinariamente ignave e disavventurate? Casserallo adunque? Ma ciò sarebbe lo stesso che riunire il Carmagnola col duca Filippo Maria, ed abbassare di tanto Venezia di quanto monterebbe Milano. E poi quel Carmagnola, che ha spento non meno nei capi che nei soldati l'amore e la riverenza alla repubblica per circondarne se stesso, come non se ne varrå egli per seminare nell'esercito dissidii, ritrosie, fughe, tumulti, e, che dich'io, rubellioni e tradimenti? Però, se il tenerlo per capitano generale è di estremo pericolo, se il licenziarlo è di estremo danno, ora che la guerra è imminente, i soldati presti agli affronti, il nemico grande e vittorioso, forse le trame di total sovversione già órdite e pronte, che dovrà farsi mai del Carmagnola?>

Il consiglio de' dieci non osando sciogliere di per 28 marzo se questo terribile dubbio, deliberò di aggiungersi 20 nobili del collegio de' Rogati, sotto pena di avere e di persona a chi ne facesse parola. Il di appresso fu dato ordine al segretario Giovanni de Imperiis, che senza dimora si conducesse a Brescia con lettere

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