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incontrare il Valentino. Così il numero appunto delle vittime designate fu compito.

Entrò il Valentino in Sinigaglia in mezzo ai condottieri, ora con l'uno, ora con l'altro amicamente favellando. Giunto al palagio, dov'erano le stanze apprestate per lui, scavalcò, ed eglino, fatto il somigliante, gli tennero dietro: ma non appena gli ebbe egli, sotto pretesto di una naturale necessità, lasciati soli in certa camera segreta, che da ogni parte sboccava sopra di essi il satellizio armato, e li trascinava in prigione. Fu pronta la sentenza, come perfida l'esecuzione. Quella notte medesima Oliverotto e il Vitelli vennero strangolati, invano l'uno supplicando il duca di ottenergli prima dal papa la indulgenza plenaria di ogni fallo, invano l'altro disfacendosi in lagrime, e affannandosi per riversare la sua colpa sopra il compagno. Il supplizio degli altri due venne differito solo tanto tempo, quanto bastò al pontefice per far pigliare il cardinale Orsini e gli altri signori suoi congiunti. Le squadre di Oliverotto, sorprese all'improvviso, mentre quà e là sollazzavansi per le vie, furono svaligiate e disperse; quelle degli Orsini e del Vitelli, avendo presentito il caso, pugnando non meno valorosamente contro il furore dei paesani che contro le armi ostili, si ridussero in salvo (1).

Con così fatta scena cominciò l'anno 1503. Di essa gennaio 4503 poi il papa motteggiando soleva dire, che a buon diritto era accaduta; posciachè i condottieri, dopo

(1) Machiav. Modo tenuto etc. p. 165. e Legazione al Valentino. - Guicciard, 1. V. p. 381. - Ammirato, XXVIII. 270. Buonaccorsi, Diario, p. 69 (Firenze 1568).

avere accordato di non mettersi nelle sue mani che ad uno per volta, vi si erano alla fine messi tutti insieme, epperò come fedifraghi avevano meritato quel castigo (1).

Il Valentino, 'proseguendo i frutti del sanguinoso tradimento, si affrettò ad espellere da Perugia il Baglioni, ed a minacciare Siena: quindi, essendosi voltato sopra gli Orsini, si insignori per assedio di Ceri, ́e spogliò e cacciò in esiglio Gian Giordano principale condottiero di essa casata, non ostante che fosse soldato, e protetto, e cavaliere dell'ordine del re di Francia. Anzi l'avvicinarsi di un esercito francese incoraggiva digià il Valentino ad estendere i suoi 18 agost. pensieri oltre il dominio della Chiesa, fino sopra la Toscana e la Puglia; quand'ecco un veleno preparato per altri gli uccideva di un colpo il padre, e lui lasciava incerto tra vita e morte.

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Morto il papa, infermo il duca, svaniva quasi per incanto la tela da costui ordita con tanta astuzia e ferocia: ed a furia i Vitelli ritornavano in Città di Castello, ed il Baglioni in Perugia, e Dionigi di Naldo in Val di Lamone, e i Piombinesi prorompevano alle armi, ei Veneziani occupavano Faenza,.ed i signori di Pesaro, di Urbino, di Sinigaglia e di Camerino, sia col braccio dei fuorusciti, sia col favore dei popoli, rientravano senza ostacoli nelle proprie terre. Frattanto in Roma gli Orsini ed i Colonnesi (ai quali per suo ultimo scampo si era accostato il Borgia) sulle piazze, per le vie, dentro i palagi, sotto i grandi monumenti dell'antica repubblica s'insan

(1) Guicciard. V. p. 6 (t. III).

guinavano tra loro; sicchè mentre da oriente si teme che gli Spagnuoli non entrino in città ad istanza dei Colonnesi, e dall' occaso paventasi dei Francesi, i quali già sono pervenuti presso Viterbo, con tale rabbia vi si combatte, che v' ha chi si lava la bocca e le mani nel sangue dell'avversario semianime ai proprii piedi (1).

Fra questi tumulti giungeva a Roma Bartolomeo d'Alviano, partito con un solo soldato dagli stipendii dei Veneziani (2): e tosto collocava se stesso e tutta la casa Orsini (tranne Gian Giordano) ai servigi del re di Spagna, e la rappacificava coi Colonnesi. Ciò diede l'ultimo crollo al Valentino, che disperato fuggì verso Bracciano. Per via scontrossi nelle genti di Giampaolo Baglioni: combattè, fu rotto, e a grave stento tornò addietro a richiudersi in Castel S. Angelo. Tosto il nuovo pontefice Giulio II diede ordine di tenervelo in prigione, e gli fece significare, che non ne sarebbe lasciato uscire, finchè non avesse consegnato i contrassegni delle fortezze di Cesena, di Forli, di Forlimpopoli e di Bertinoro, tuttavia tenute in suo nome.

Erano i contrassegni, come già altrove accennammo, talvolta una cifra, talvolta un nome, più sovente una medaglia spezzata, della quale una parte rimaneva nelle mani del principe, l'altra in quella del castellano o capo delle armi. Usavansi nei tempi scorsi per antivenire le frodi del nemico, od accertare la esecuzione degli ordini più delicati. Or bene, il duca Valentino,

(1) Ulloa, Vita di Carlo v, l. 1. f. 27. — Buonaccorsi, Diario, p. 83.

(2) Luigi da Porto, Lettere istoriche, p. 18 (Venezia 1832). -Guicciard. VI. 73...

com'ebbe consegnato ai ministri del papa i contrassegni di quelle quattro fortezze, fuggì da Roma, e passò a Napoli presso Consalvo di Cordova, che vi comandava con suprema potestà le armi del re cattolico. Il Consalvo, dopo averlo raggirato con vane ciance alquanto tempo, un bel dì, mentre che usciva dalla propria 26 mag. sua camera, lo fece legare e condurre in Ispagna 1504 prigioniero. Compagno del Borgia in cotesto tragitto

fu Prospero Colonna, già da lui spogliato e perseguitato a morte: ma per quanto durò il viaggio nessuna parola fu mutata tra loro (1).

Or quali sieno stati gli ultimi casi del Valentino, con brevi parole racconteremo. A prima giunta venne chiuso in Ispagna nella rocca di Medina del Campo ; di là trovò modo di uscire mediante certe funi, e si ridusse nella Navarra presso quel re che gli era cognato. Visse quivi alcun tempo in basso stato: da ultimo un vil colpo di giannetta il tolse di vita sotto le mura del castello di Viana.

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Tale fu la fine di Cesare Borgia duca Valentino, famoso per vasti intenti, terribili mezzi e repentino cadere. Il suo nome suona abbominato, e giustamente. Pure che altro egli fece, se non applicare ad una ampia tela i mezzi impiegati dai suoi contemporanei in brevi disegni? Chè se lo raffrontiamo ai principi da esso lui spogliati, e lo consideriamo non negli andamenti ma nelle conseguenze del suo operare, allorchè più non era costretto a opporre delitti a delitti, e soprusi a soprusi, ma proseguiva liberamente i suoi veri fini, noi lo vediamo altresì principe di

(1) Ulloa, I. 33. - Guicciard. VI. 122.

rara costanza e perspicacia, di spedita giustizia verso i popoli, che alla lunga avrebbero sotto lui rinvenuto quella quiete e quella dignità, che invano dipoi desiderarono e tentarono di conseguire. Sotto questo aspetto, esaminandolo cioè non nei mezzi, che tutti sapevano scellerati, ma nei risultati, lodollo Niccolò Machiavelli; le cui teorie tanto erano proprie dei tempi, e tanto strettamente provenivano dal concorso della pubblica e della privata morale di allora, che tu le trovi molto tempo innanzi poste in pratica e dai re Alfonso e Ferdinando a Napoli, e da Luigi XI in Francia, e messe in luce negli scritti del costui ministro Filippo di Comines, e ricevute e divolgate da quasi tutti gli storici ed i politici dell' età; i quali prostrati dinanzi al fatto, lo adorano, comunque esso sia, e dondechè derivi. L'opinione pubblica, attesa l'ignoranza e servilità dei popoli, era troppo al basso, perchè ne potesse sorgere quel sentimento universale e pratico del giusto, il quale, col crescere dell'umana civiltà, va di giorno in giorno imponendo alla politica le sue leggi conservatrici.

In sostanza Cesare Borgia scelleratissimo fu, per disegno, per indole, per necessità; ma niuno dei suoi contemporanei seppe meglio di lui unire a intollerabili mezzi più vasti concetti; a perversità di privato più utili doti di principe. Quanto ai condottieri diremo, che coll'ammazzare gli Orsini, collo abbattere i Savelli ed i Colonnesi, collo sperperare i signori di Urbino, i Baglioni, i Malatesta, i Varani ed i Manfredi, cominciò egli l'opera seguitata poscia dai sommi pontefici Giulio e Paolo m, per la quale con grande augumento della papale autorità fu estirpato il vero

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