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di Napoli, dal fuggire di prigione. Quindi con prestezza incomparabile radunò da ogni banda soldati e vagabondi. Erano costoro senz'armi, senza cavalli, e seminudi; ma i polledri non ancora domi delle mandrie e l'arredo nuziale spontaneamente offerto dalla sorella di Virginio sopperirono al bisogno, Con così fatta gente Bartolomeo si accinse a difendere Bracciano, l'Anguillara e Trevignano dagli sforzi uniti del papa e dei Colonnesi.

Giacciono queste tre terre a triangolo di lati quasi pari sopra il lago che dalla prima di esse ricava il nome: imperò l'Alviano, col trasportare sulle barche or qua or là, giusta il luogo minacciato, macchine e persone, difendeva con una sola guarnigione tutte e tre le fortezze. Ciò veggendo, i papali ordinarono in Roma la costruzione di un grosso burchio, affinchè servisse ed a privare il nemico di quella comodità, ed a battere Trevignano dalla parte del lago. Costrutto il burchio, si diede il carico a Troilo Savelli di accompagnarlo con 400 cavalli da Roma all'Anguillara, e gettarvelo in acqua. Nelle guerre di parti il mantenere il segreto è quasi impossibile. L'Alviano ebbe subito notizia certa di questa risoluzione; e senza indugio, presi seco cento eletti cavalli, si mise in agguato in una cupa boscaglia presso la strada tenuta dai nemici. Camminavano questi sbardellatamente, altri avanti, altri dopo il carro, sopra il quale trascinavano il burchio, chi cantando, chi trincando senza un pensiero del mondo; quand'ecco a fronte, ai fianchi, alla coda primieramente le grida, poi la vista, quindi i colpi inaspettati degli Orsineschi riempirli a un tratto

di confusione e sgomento. Le tenebre compirono l'impresa; l'Alviano in persona, tenendo in una mano una fiaccola e nell'altra la spada, si scagliò fra i Pontificii ad appiccare le fiamme al burchio, e mandollo in cenere. Carra, uomini, animali, ogni cosa diventò premio dei vincitori (4).

Questa ben condotta fazione diede tempo a Vitel lozzo Vitelli di accorrere alla difesa degli Orsini, nella cui disfatta prevedeva egli a ragione la propria e quella di tutti i signori della Romagna. Erasi Niccolò, di lui padre, tra coi civili tra coi militari studii, elevato alla tirannide di Città di Castello sua patria. Cacciatone da un papa, vi era rientrato sotto il papa seguente; poi come vicario e vassallo della Chiesa aveva tenuto modo non solo di signoreggiarla, ma di trasmetterne la signoria ai figliuoli. Paolo, Vitellozzo e Camillo (il quale poco dopo il fatto d'arme coi Tedeschi venne ucciso all'assedio di Circello) generati fra le armi abbracciarono le armi come unica via di salute e di accrescimento, e in esse seppero procacciarsi una fama di gran lunga superiore alla loro potenza. Già parlammo degli archibugieri a cavallo instituiti da Camillo; ora diremo che, per ostare alle tremende ordinanze svizzere e tedesche, avevano eglino messo in piedi forti bande d' uomini loro sudditi e famigliari, i quali per rozzi abiti e modi e lunga barba sarebbero stati, non che orridi, ridicoli quasi, se una ferrea tempra di animo e di corpo ed una fede ad ogni prova non gli avessero nel fatto dati a divedere per famosi

(1) Baldi, Vita di Guidobaldo 1, 1. V. 167. → Sansovino, St. di casa Orsina, 1. IX. p. 123.

guerrieri. I Vitelli li avevano armati di spada, di picca, di cervelliera, e di petto ossia usbergo all'uso tedesco, e li avevano ammaestrati a seguire l'ordinanza, ed a rivolgerla e dirizzarla, ed accomodarsi al suono del tamburo, ed a correre a chiocciola, e serrare le file, e colpire e schermirsi: ed avevano preposto a dar loro cenno ed esempio uomini fidatissimi (1).

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Con queste genti accresciute di tutti i partigiani di 26 genn casa Orsini, Vitellozzo non dubitò di presentare battaglia ai pontificii, i quali, dimesso l'assedio di Bracciano, gli erano venuti incontro sin presso Soriano tra la via Flaminia e la Cassia. Al primo scontro i papali furono rotti dalla cavalleria nemica ; ma questa alla sua volta venne respinta dagli uomini d'arme colonnesi. Però, mentre costoro per l'impedimento degli sterpi si ristanno dall'inseguire chi si ritira, anzi indietreggiano per far luogo ai proprii fanti ed alle artiglierie, sopraggiunsero a ristorare la zuffa le bande vitellesche. Queste, favorite sia dalla imperizia dei bombardieri nemici, che pigliavano la mira troppo alto, sia dalla maggiore lunghezza delle proprie picche, con tal fortuna e virtù affrontarono i Tedeschi, nei quali consisteva il nerbo dell'esercito pontificio, che li ruppero, e dopo di essi ruppero ancora il resto del campo. Così la battaglia di Soriano provò, che agli Italiani non mancavano nè le armi, nè le forze di resistere agli stranieri, ma sibbene la pratica, il buon volere, la disciplina e l'unione, cose

(1) Domenichi, Vita del Vitello Vitelli, ms. nella Bibliot. Saluzziana. — Giovio, Įst. IV. 205.— Jovii, Elogia, 1. IV. 290.

tutte che solamente il senno e la perseveranza possono dare.

Frutto di questa vittoria fu un nuovo accordo; in virtù del quale il papa restitui ai nemici tutte le terre rapite loro, e cavò di prigione Paolo e Giangiordano Orsini ma Virginio non già; chè qualche giorno prima la febbre od il veleno lo aveva tolto di vita. Illustre in pace per magnificenza di modi e copia di averi, famoso in guerra per infinita tardità, che allora teneva quasi luogo di scienza, trapassò egli lagrimato non solo da quelli della sua schiatta, che come capo il veneravano, ma dai Vitelli, dai Conti, dai Baglioni e dagli Anguillari, che tutti, uscendo dalla scuola di lui, erano saliti in nome di valenti capitani (1),

V.

Fatto quest'accordo col papa, Bartolomeo d'Alviano, ingegno ardentissimo e pieno sempre di nuovi partiti, si voltò colle sue genti verso la Toscana. Era egli instigato a sommuovere Firenze dai denari e dalle esortazioni di Piero de'Medici, il quale confidando non meno nel malumore che vi aveva destato la carestia, che nella memoria dei suoi antenati, e in certe sue intelligenze con parecchi capi del governo, si persuadeva che il mostrarsi e l'esservi introdotto dovesse essere una medesima cosa. I Vene

(1) Navagero, p. 1211 (t. XXIII). — Giovio, Ist. IV. 207.— Guicciard. I. III. p. 109.

ziani ed il papa, per particolari fini di utilità, prestavano nascoso favore alla nascosa intrapresa.

Giunti adunque in Siena per disusati cammini, Piero e Bartolomeo vi raccozzarono in fretta 600 cavalli e 400 fanti: quindi con grande segretezza e velocità si avviarono verso Firenze. Era il loro pensiero di arrivare sotto le mura inopinatamente verso il fare del giorno, simularvi un assalto, ed o pel disordine dei difensori, o pel favore dei partigiani entrarvi. Nè forse il pensiero sarebbe riuscito del tutto a vuoto, se una straordinaria pioggia non avesse fatto perdere ad essi troppe ore di marcia. Giunsero adunque sotto Firenze, ma quando il sole già era molto alto ed ogni cosa pronta a buona difesa. In conseguenza non videro altro partito migliore che quello di tornare stanchi e affamati a Siena. Ma tosto l'Alviano ne usciva per occupare Montecchio, ardere Viapiana, e coll'aiuto della fazione de'Guelfi sorprendere e saccheggiare la città di Todi. Alla fine, quando ogni altra speranza di buona ventura gli mancò, passò agli stipendii dei Veneziani. Con codeste arti sapeva egli mantenere la sua compagnia (1).

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Rimaneva tuttavia, quasi stecco confitto nel cuore A. 4498 dei Fiorentini, la guerra infelice di Pisa. Quivi un tragico fine era serbato al vivere sino allora glorioso di Paolo Vitelli. Come capitano generale di Firenze (2) aveva egli molto nobilmente esordito, sia respingendo fin dentro Bibbiena le genti mandate

(1) Guicciard. III. 127. — Machiavelli, Frammenti, p. 146 (Si cita sempre l'ediz. di Firenze, 1831).

(2) Colla condotta di 300 lancie e 1200 fauti.

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